Non si poteva scegliere una figura più autorevole per discutere il tema “Prospettiva di genere nei teatri operativi”, iniziativa promossa dal Comando Operativo di vertice Interforze (COI) che ha sede a Roma, con una tavola rotonda di studio e il seminario sul tema: il Procuratore Generale di Herat Maria Bashir.
Una tavola rotonda e il seminario quale giornata conclusiva del Progetto di formazione sulla “Prospettiva di genere nei teatri operativi” che è stato svolto mediante un ciclo di conferenze, tenute sin dal mese di Febbraio in tutta Italia, nelle accademie militari e presso l’Università LUISS di Roma e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in favore dei giovani ufficiali e degli studenti universitari.
Un Progetto, su proposta del Generale di Corpo d’Armata Luciano Portolano, Comandante del COI, condotto dal Gender Advisor del COI, Avvocato, Ten. Col. (RS) Federica Mondani e voluto dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale di Squadra Aerea Enzo Vecciarelli.
Una figura emblematica quella di Maria Bashir, unico Procuratore Generale donna nella storia dell’Afghanistan post-talebani. Incaricato del settore criminale nell’Ufficio del Procuratore Generale, prima a Kabul e poi ad Herat, con l’ingresso dei Talebani ad Herat, è costretta ad abbandonare la sua occupazione ed inizia a dedicarsi in segreto, dato il bando imposto dal regime talebano, all’istruzione di giovani studentesse.
Con la cacciata dei Talebani, nel 2001, riprende il suo incarico nell’Ufficio del Procuratore Generale di Herat, raggiungendo l’apicale posizione di Procuratore Generale nel 2006, dopo essersi messa in luce per le sue investigazioni sull’assassinio della poetessa Nadia Anjuman.
Per la sua attività, è oggetto di continue minacce ed attentati, sia contro la sua persona sia contro i suoi familiari. Una figura autorevole, una donna simbolo in un Paese dove le donne, ancora purtroppo, sono considerate “proprietà” di una società maschilista.
Per il suo lavoro, il suo coraggio, è stata insignita dell’International Women of Courage Award da parte del Dipartimento di Stato USA e nel 2011 figurava tra le cento persone più influenti del mondo nella classifica stilata alla rivista Time.
Ho avuto la fortuna di incontrarla nell’agosto del 2014. La intervistai parlando di donne, di futuro e soprattutto dei problemi di allora dell’Afghanistan che, purtroppo, sono ancora i problemi dell’oggi. Non solo i diritti ma anche la criminalità organizzata che vive soprattutto del traffico internazionale di stupefacenti. La coltivazione e la trasformazione dell’oppio, che proprio in questi giorni di fine giugno, si concretizza con la fine della stagione della raccolta. Una lavorazione di base dell’oppio che poi viene clandestinamente trasportato oltre i confini dove gli specialisti, in Iran innanzitutto, ma anche in Pakistan e in Turkmenistan, estrarranno eroina a tonnellate che invaderà il mondo occidentale. Gli afghani sono per loro stessi prigionieri della coltivazione dell’oppio, concentrata soprattutto nella provincia di Helmand.
Ricordo che Maria Bashir sul traffico di droga fiorente nel Paese affermò: “Noi non siamo in grado, con le nostre forze in campo, di controllare o fermare la produzione di oppio che poi varca facilmente il confine dove le nostre forze di sicurezza, senza attrezzature adeguate, non possono far nulla. A questo si aggiunge che la crisi dell’economia delle famiglie e il tasso di disoccupazione spingono gli afghani in questo girone infernale. Senza prospettive per le popolazioni rurali, è difficile contrastare l’unica economia che garantisce a migliaia di persone di poter vivere. In questo contesto, il nostro lavoro resta una sfida complicatissima”.
Amara consapevolezza di un Paese che cerca e non trova la strada per il futuro. Tuttavia Bashir rimane un simbolo, una guida morale per l’Afghanistan. 51 anni, nata nel 1970, laureata in legge nel 1994 all’Università di Kabul, con vent’anni circa di esperienza nel settore legale, sia nel pubblico che nel privato, è la speranza di un cambiamento per le donne, ma più in generale per l’Afghanistan.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports