Oggi presentiamo Maria Felice Vadalà artista siciliana, di Palermo, molto attenta all’uso metaforico del colore e alla costruzione di un coerente linguaggio narrativo.
BIAS a Palermo, cosa rappresenta la Biennale per lei?
BIAS, una meravigliosa creazione dell’illuminata mecenate Chiara Donà dalle Rose, che riesce a far coesistere artisti di differenti nazionalità e di ogni credo religioso facendo esporre le loro opere in pacifica armonia. Ritengo che questo sia il suo risultato più grande e per me, che sin da piccola ho disegnato e dipinto laureandomi poi in pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo, aggiunge il grande piacere di esporre nella mia città.
Adesso parliamo della sua opera, può spiegarci il dipinto?
My Life racconta la mia vita, quando ero piccola, quando mio padre mi insegnò a nuotare, quando mia madre mi portò a casa in braccio dopo la gara di nuoto appena vinta, quando da bambina ho iniziato a dipingere e poi gli studi in Accademia, la mia famiglia e le feste. Racconto di me bambina e mi ritraggo poi adulta con i capelli lunghi. Ma se il tempo può modificare le sembianze e qui è il gioco del tempo, la voglia di giocare è sempre viva nell’anima di un artista, il tempo del gioco appunto.
Nel mio dipinto c’è la volontà ed il piacere di narrare, c’è la nostalgia per l’infanzia e l’adolescenza, per un tempo che non ritornerà mai più, i bei ricordi e gli affetti. Le figure sono come immerse nell’azzurro del mare e del cielo, perché così è stata in effetti la mia vita, a contatto con la natura. Per me il mare è meraviglioso e nuotarvi è come un gioco: lo è ancora adesso, così come quando ero piccola. Per questo ho voluto rappresentarmi anche mentre nuoto.
Mare come gioco e tempo della vita, come lega al dipinto i temi della Biennale?
Mare e pittura sono gli elementi fondamentali della mia vita: ho avuto un contatto profondo, libero e felice con entrambi. La pittura è stata come un gioco quando ero piccola, poi come un diario da scrivere, come un rifugio e, infine, come una culla nella quale trovare la serenità. Adesso la pittura è il luogo della mia identità, la costruzione dell’Io e del Sé. Ho voluto raccontare come il gioco appartenga all’infanzia ed il tempo alla maturità e come il tempo giochi con la nostra vita. La mia pittura è intimista.
Mi ha colpito la simultanea presenza di diversi momenti narrativi in un’unica composizione, perché questa scelta?
Mi sono ritratta come una Lady, una fanciulla dell’ Ottocento e al tempo stesso una ragazza contemporanea, secondo il mio stile e la visione dark romantica che ho di me stessa. Sono affascinata dal cinema, Io amo immensamente e la tecnica del racconto nel mio dipinto è quella che si usa per la cinematografia: lo Storyboard.
Una serie di disegni che illustrano, inquadratura per inquadratura, le varie scene e la storia del film. Lo Storyboard rende chiara l’atmosfera che si vuole evocare e fa visualizzare le scene prima ancora che vengano girate. Nel mio dipinto ho voluto raccontare la mia vita come lo Storyboard di un film dolce e romantico.
Questo modo di narrare, molto inusuale nella pittura moderna e contemporanea, ha però degli importanti precedenti a cominciare dagli affreschi di Giotto nella Cappella patavina degli Scrovegni, in cui il Maestro ci narra la vita della Madonna, di Gesù, dell’Uomo, della sua fede religiosa e della natura.
Questo Storyboard così moderno e cinematografico ha una profonda matrice religiosa: il valore del sacro è nel concetto stesso della vita che ho voluto esprimere. La vita è un elemento fondamentale del mio dipinto, così come nella religione cristiana è simbolo del Sacro.
Attraverso una riflessione sulla trascendenza Lei ha espresso sia il tema di BIAS 2020 che l’essenza stessa della Biennale?
Sì, ma non ho volutamente inserito degli oggetti sacri, tranne il piccolo crocifisso che indosso sempre, bensì delle figure che rimandano comunque alla religione cattolica. La famiglia, il padre e la madre sono elementi simbolici e fondanti della nostra religione.
Le figure in piedi in abito da sera e in smoking sono un ricordo delle feste di Natale, in cui mio padre voleva che ci vestissimo eleganti per onorare il Salvatore. Inoltre la figura al centro rimanda all’iconografia bizantina, arte profondamente religiosa e può essere inserita in un triangolo, che è elemento simbolico della Trinità.
Il volto attorno cui ruota la composizione ha perciò un forte valore simbolico?
La figura al centro del dipinto è il mio autoritratto: mi vedo in maniera mistica, religiosa, trascendente, una santa. Inoltre in alto a destra vi sono tre figure che mi rappresentano: sono sempre io, che studio, che dipingo e che mi laureo, con il capo cinto dalla corona di alloro. Queste immagini che mi rappresentano sono disposte come le tre Grazie, perché io vivo uno stato di grazia: lo raggiungo quando dipingo, perché è come nell’atto della Creazione.
Dio dal nulla originò gli esseri e l’universo, così l’artista nell’atto del dipingere si avvicina a Dio creatore. Inoltre c’è un rapporto mistico tra la figura centrale, che è il mio autoritratto, e la natura. Questo indica per me un profondo senso religioso, proprio della creazione divina, che sottende ad un profondo legame tra uomo e natura.
Come definirebbe la parola Arte?
Per me l’Arte è bellezza. L’Arte ha un preciso scopo: educare alla bellezza, l’artista ha il dono di esaltarla. Quando un artista crea, la bellezza trascendente si avvicina alla Bellezza Divina.
Maria Felice Vadalà, la capacità di rappresentare un intero universo spirituale e culturale.
Maria Felice Vadalà a BIAS 2020 Palermo Loggiato di San Bartolomeo fino al 12 settembre 2020
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports