Oggi presentiamo Angela Di Blasi, nata a Palermo, che si definisce Cuciartista perché per rappresentare usa stoffe ago e filo invece del pennello, della grafite o dei più recenti pixel.
E’ una scelta sicuramente non abituale ma che la stacca dalla maniera accademica, che sembra antica ma è solo un frammento della nostra storia figurativa, per tornare in un solco fondamentale anche se troppo spesso dimenticato. Basti pensare al ricamo di Bayeux o al mantello di Re Ruggero II, tanto per non allontanarsi da una delle culture che hanno reso Palermo scrigno d’arte: quella normanna.
Ricamare o cucire non è tessere ma la volontà di lasciare una traccia, di segnare, di raccontare: ago filo e stoffe sono semplicemente gli strumenti di questa arte ritenuta per ignoranza minore. Quanta maestria invece occorre per disegnare così, per linee secche e campiture senza sfumature o chiaroscuri.
Il filo, non solo per unire ma per rappresentare. È questo il gioco?
Song of the sea, song of the nature, mettono in primo piano la natura, il mare e la donna: un gioco che coinvolge forze generatrici di vita e di bellezza. Io sono una Cuciartista, perché ho adottato un nuovo modo di creare o disegnare attraverso il cucito. La mia arte è legata al tema del mare, della donna che si incontrano in questa arte antica. Cucire è per me una forma di meditazione che mi aiuta a fare venire fuori la parte più profonda, quella che si emoziona, che cerca la bellezza attorno a sé. Cucire significa creare, è un gesto sacro come sacro è il modo di descrivere la terra nei miei cucidipinti.
Tutto viene cucito e attraverso trame si generano legami forti, attraverso radici dove sono ben ancorata. Io sono un canale dentro cui si muovono ataviche energie generatrici.
Palermo mantiene una forte identità culturale, fatta anche di pluralismo e di contaminazioni. Cosa ha potuto aggiungere questa Biennale alla città?
La possibilità di entrare in contatto diretto con le opere, nel loro significato più profondo, collocandole in un luogo dove vibra con forza la coscienza di essere crocevia di culture. Credo che Palermo rappresenti una delle migliori scelte per un confronto sul tema della sacralità, interpretato nelle forme espressive che arrivano da varie parti del mondo.
Per me esporre al Loggiato significa onorare la mia terra, una terra che amo e cerco di valorizzare. Non sarei rimasta qui se non fossi profondamente ancorata alle mie radici e innamorata degli odori e dei colori che questa meravigliosa isola ci dona.
Il cucito è una tecnica che richiede meticolosità e pazienza, mani abili e tempi lunghi. In una realtà basata ormai sulla comunicazione istantanea cosa possiamo ancora definire arte?
L’arte risponde a una necessità intima, concretando opere che prendono vita attraverso l’attività umana, il pensiero e la manualità. In essa troviamo un linguaggio così profondo che fa riemergere, inconsapevolmente, il nostro mondo interiore.
Molti pensatori considerano l’arte un mezzo per arrivare alla Verità, perché l’arte parla con un linguaggio che rispecchia la nostra anima; io ritengo che l’arte debba esprimere soprattutto emozioni, nel bene e nel male. In questo periodo storico abbiamo bisogno di tanta bellezza, non solo immaginata, concepita dal pensiero, ma realizzata anche grazie ad un lungo lavoro e ad uno studio che ne sono alla base. Oggi tutti facciamo arte e ci sentiamo artisti, ma possiamo veramente definirci così?
Angela Di Blasi, l’arte tramandata e raccolta in un universo di mani sapienti.
Angela Di Blasi a BIAS 2020 Palermo Loggiato di San Bartolomeo fino al 12 settembre 2020 (chiuso da lunedì 10 agosto a domenica 16 agosto 2020)
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports