Abbiamo incontrato Barbara Evola, un passato di lotte studentesche al liceo Meli ed un presente di battaglie in Consiglio Comunale.
Le abbiamo mostrato alcune foto pescate dall’archivio e con noi ha discusso di impegno politico, della difficoltà delle donne in politica e di Amici di Maria De Filippi.
Hai un curriculum “scolastico” da prima della classe, ma la maggior parte ti ricorda come la “ragazza con il megafono”. Studio o impegno politico?
Credo che le due cose siano strettamente connesse. Lo studio e, quindi, la conoscenza ti fornisce quegli strumenti utili per comprendere i fenomeni complessi della realtà e l’impegno politico diventa consequenziale. Se poi metti anche che sono cresciuta in un famiglia “politicamente attiva” (mio padre ex democristiano e mia madre iscritta al Partito Comunista) è semplice immaginare cosa pensassi a quei tempi.
Cosa pensavi?
Ho sempre pensato che davanti a certe cose non ci si può sottrarre, e l’impegno di ognuno di noi diventa fondamentale per i cambiamenti. L’impegno politico diventa necessario, e se questo viene meno non ti puoi lamentare.
E adesso cosa pensi, ad esempio, del ruolo della donna in politica?
Ti porto la mia esperienza di consigliera comunale e posso confermarti che non ci troviamo davanti ad un mondo aperto alle donne. Il primo ostacolo è certamente quello dell’organizzazione dei tempi che penalizza la donna. Sono le donne a vivere in maniera drammatica la dicotomia tra impegno per la comunità, che ti assorbe totalmente, e tempo sottratto alla famiglia.
Ma una volta trovata l’organizzazione non dovrebbero esserci altri ostacoli.
Purtroppo non è così. E’ un mondo maschile, dove gli uomini esercitano una forte aggressività nel fare politica. Basti guardare le registrazioni del consiglio comunale per accorgersi che ogni qual volta interviene una donna, di maggioranza o di minoranza non fa distinzione, c’è scarsa attenzione e immediatamente dopo è presente un intervento violento che tende ad inibire chi sta parlando.
Sarà un caratteristica del Consiglio Comunale di Palermo.
In realtà è presente una difficoltà che è tutta culturale e affonda in tempi lontani. Tanto è stato fatto, ma siamo su una strada che va ancora percorsa ed è sbagliato pensare che a fronte di tante conquiste si possa ora abbassare la guardia.
Dalla piazza ai banchi del Consiglio Comunale, quali sono state le prime sensazioni di Barbara Evola?
Ti devo dire che l’inizio dell’esperienza da “istituzionale” (con Rifondazione Comunista) mi ha visto per molto tempo lacerata, mi sentivo un po’ traditrice della lotta perché adesso ero all’interno della stanza dei bottoni. Sono stati mesi difficili e d’imbarazzo. La voglia di lottare e di impegnarmi sono rimaste dentro, diciamo che ho imparato ad utilizzare percorsi e strumenti diversi ma che non sono necessariamente in contrapposizione al “megafono” di qualche anno prima.
Dalle occupazioni alla cattedra di insegnante, invece?
Credo che sia giusto che i ragazzi rivendichino e che lo facciano con i mezzi che ritengono più idonei. Bisogna anche dire che alcuni strumenti, nel tempo, si sono un po’ svuotati di significato, ma questo non deve impedire l’impegno politico. Viviamo in una società della delega, che ti autorizza a puntare il dito contro chi sbaglia. Ed invece bisogna ritornare all’impegno, partendo dalla propria quotidianità, e non avere mai paura di dire quello che si pensa.
Che differenza politica c’è tra questi ragazzi e quelli, ad esempio, del 1993?
Sembra quasi che questi ragazzi non seguano le cose che avvengono attorno a loro, come se fossero dei fruitori passivi. Subiscono passivamente la realtà che gli scorre attorno, che li lambisce e della quale non sono protagonisti e protagoniste. Mi piacerebbe che vi fosse maggiore protagonismo: mi fa molta paura una società dove l’impegno è affidato solo a pochissimi e gli altri invece guardano e lasciano fare.
Dopo le sardine, Maria De Filippi ti invita ad Amici…
Non sono trasmissioni che seguo e che amo, non perché voglia fare la “sinistrorsa con la puzza sotto il naso” ma perché non portano avanti quei valori in cui credo. Ad esempio sono trasmissioni dove il livello di competitività è fortissimo e penso che questo sia un altro dei mali della nostra società. Anche se non mi piace, credo che sia comunque un contenitore interessante che raggiunge un numero di persone molto elevato e una platea di ragazzi e ragazze che normalmente non si riesce a raggiungere.
E quindi?
Mi costa un po’ di fatica, ma credo che chi ricopre un ruolo non può permettersi di avere la puzza sotto il naso, la politica non deve essere di nicchia. In assoluto chi fa politica deve accettare il confronto, stare dentro i conflitti e saperli gestire. Alla fine andrei o forse no.
di Antonio Melita e Francesco Militello Mirto – EmmeReports