Un Decreto di confisca del patrimonio di Giuseppe Ferdico, è stato emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica – DDA. Il sopradetto è divenuto irrevocabile con sentenza della Corte di Cassazione e il valore dei beni confiscati dalla Guardia di Finanza di Palermo, ammontano a 100 milioni di euro.
Il procedimento di prevenzione nasce dalle indagini svolte, tra il 2006 e i 2008, dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo (G.I.C.O). Dagli elementi raccolti era emersa la contiguità del noto imprenditore a “Cosa Nostra” e, in particolare, alle famiglie mafiose di Acquasanta e San Lorenzo. In seguito si sono aggiunte anche le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, nonché le risultanze della corrispondenza sequestrata in occasione degli arresti dei boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.
Indagato, Giuseppe Ferdico, era stato assolto nel primo grado di giudizio per poi essere condannato, in appello, a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. A seguito del ricorso in Cassazione, la Suprema Corte ha rinviato gli atti alla Corte d’Appello, che non si è ancora pronunciata.
Sulla base delle evidenti risultanze acquisite, era stata ricostruita la “storia” economico- finanziaria del conosciuto e importante gruppo imprenditoriale Ferdico, leader nella in provincia di Palermo nel settore della grande distribuzione e dei prodotti per la casa e l’igiene.
Secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, l’indagato avrebbe utilizzato, nella gestione della sua attività di commercializzazione di detersivi, anche risorse finanziarie di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss Salvatore e di altri esponenti del mandamento di San Lorenzo. Si sarebbe interposto nella titolarità di immobili ad uso commerciale, in realtà riferibili alla famiglia mafiosa di Carini e avrebbe immesso nelle proprie società 400 milioni di lire riconducibili alla famiglia dell’Acquasanta.
Inoltre sarebbe stato, fin dagli albori della sua iniziativa imprenditoriale, “a disposizione di “Cosa Nostra”, garantendo ritorni economici e assunzioni a familiari di uomini d’onore. Grazie, altresì, ai suoi rapporti con le articolazioni territoriali della mafia, avrebbe potuto espandersi economicamente nei territori da esse controllate.
Inoltre, all’atto dell’arresto di Provenzano e dei Lo Piccolo furono trovati dei “pizzini” il cui contenuto ha avvalorato la contiguità dell’imprenditore con la mafia, a cui garantiva posti di lavoro e corrispondeva periodicamente ingenti somme di denaro a titolo di ripartizione degli utili.
Dagli approfondimenti economico – patrimoniali è anche emersa che a partire dalla seconda metà degli anni novanta, sia da parte dell’indagato che dei suoi familiari, venivano immessi nelle aziende capitali per valori sproporzionati, rispetto alle loro capacità reddituali dichiarate e uno sviluppo imprenditoriale significativo proprio nelle aree territoriali di riferimento delle famiglie mafiose ritenute “vicine”.
Nel 2012 il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, in base agli elementi raccolti dalle Fiamme Gialle, ritenne di considerare l’imprenditore soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso in ragione delle molteplici e radicate relazioni con esponenti di vertice dell’organizzazione e, per questo, dispose il sequestro dell’intero patrimonio riconducibile sempre a Giuseppe Ferdico.
L’iter processuale, ha poi condotto alla definitiva confisca del patrimonio che comprende quote societarie di 6 imprese, operanti nel settore della grande distribuzione di detersivi, proprietarie di 4 complessi immobiliari a destinazione commerciale e industriale, con sedi a Palermo e Carini. Del patrimonio fanno parte anche 4 conti correnti, 13 terreni, 16 appartamenti siti a Palermo e 2 ville di lusso a Tommaso Natale e Sferracavallo, luoghi poco distanti dalla città. Il valore complessivo è stato stimato in oltre 100 milioni di euro.
Di Redazione – EmmeReports