Siamo nel pieno della guerra in Ucraina, dopo l’attacco sferrato dai russi su ordine del Presidente Putin. Ormai i media non parlano d’altro con buona pace delle ormai defunte stelle della virologia che magari provano anche un po’ di nostalgia della loro notorietà.
Una cosa che ho avuto modo di constatare dai notiziari è che sono stati consultati tutti, ma dico tutti, meno che gli storici; ovvero coloro che avrebbero potuto portare un po’ più di chiarezza in questa situazione, perché sì, ciò che accade oggi è il culminare di una serie di eventi che si trascinano dagli anni ’90 ad oggi.
Premesso che le mie posizioni personali sono quelle di un auspicio della fine delle ostilità sul fronte ucraino il prima possibile, è corretto raccontare alcuni fatti storici, perché non si è arrivati alla guerra dall’oggi al domani, ma in realtà le ostilità sono presenti da ben otto anni.
Per comprendere meglio occorre andare a ritroso nel tempo: Il 6 marzo del 1991, nella città tedesca di Bonn, si tenne un accordo in cui la NATO si impegnava, con la superpotenza russa, a non espandere la propria influenza oltre il fiume Oder in Polonia. L’accordo, avvenuto in seguito alla caduta del muro di Berlino, prevedeva di non andare oltre il fiume Oder in quanto era lo spazio necessario per intercettare un eventuale attacco missilistico da parte della NATO.
La testata tedesca “DER SPIEGEL” ha svelato negli scorsi giorni che il documento include anche un dettaglio che contraddice le recenti dichiarazioni del segretario generale dell’Alleanza Atlantica: “Come mostra il documento, inglesi, statunitensi, tedeschi e francesi hanno convenuto che l’adesione alla NATO dei paesi dell’Europa orientale era ‘inaccettabile’”.
Nel documento declassificato si fa anche riferimento ad una precedente riunione, tenutasi nel 1990, tra la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Democratica Tedesca, insieme a Francia, Unione Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti per discutere l’accordo finale sul futuro della Germania stessa dove i partecipanti avevano convenuto che “l’espansione della coalizione atlantica sarebbe stata limitata”.
Tale documento cita anche le parole del rappresentante degli Stati Uniti Raymond Seitz: “Abbiamo chiarito all’Unione Sovietica, nei colloqui Due più Quattro e in altri negoziati, che non intendiamo approfittare del ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa orientale. […] La NATO non si estenderà formalmente o informalmente all’Est”. Anche questa dichiarazione non lascia dubbi sulle intenzioni dei Paesi aderenti alla Nato sulla futura espansione dell’alleanza.
Il 17 maggio 1990 a Bruxelles l’allora Segretario Generale della NATO, Manfred Hermann Wörner, pronunciava le seguenti parole: “Il fatto stesso che non siamo disposti a localizzare le truppe NATO al di fuori della Repubblica Federale Tedesca dà all’Unione Sovietica solide garanzie di sicurezza”.
Alla luce dei fatti odierni, si può affermare che tali garanzie non sono state garantite, così come gli accordi non sono stati mantenuti a punto tale che Vladimir Putin ha chiaramente lamentato presso la NATO a giugno dello scorso anno: “Ai tempi dell’Unione Sovietica, all’allora capo dell’URSS, Mikhail Gorbaciov è stato promesso, verbalmente, che non ci sarebbe stata alcuna espansione verso est della NATO. E dove sono queste promesse?”.
Nel nostro excursus storico, veniamo a fatti più recenti:
- 21/22 novembre 2013 – l’Euromaidan, che letteralmente significa piazza europea, una violenta protesta in seguito all’interruzione da parte dell’allora presidente dell’Ucraina Viktor Janukovyč dell’accordo di associazione (accordo che permette lo scambio commerciale con i paesi dell’UE).
- Segue la rivoluzione ucraina del 2014 in favore dell’ingresso dell’Ucraina dell’UE quando lo stesso Janukovyč firma un trattato con la Russia scatenando maggiori disordini a Kiev. Ricordiamoci che l’UE dell’epoca, era l’Unione Europea de “scordatevi il posto fisso”, “bisogna stringere la cinghia”, “ce lo chiede l’Europa”, del fallimento della Grecia.
- 16 marzo 2014 – referendum sull’indipendenza della Penisola di Crimea: 95,32% dei consensi a favore. In seguito, il 21 marzo 2014 la Duma discute un disegno di legge per l’adesione della Crimea alla Federazione russa.
- La deposizione del precedente presidente ucraino Viktor Janukovyč, porta ad una serie di disordini nelle zone russofone della regione del Donbass. Il 2 maggio ad Odessa vi saranno pesanti scontri tra le fazioni contrapposte fino a culminare nella nota Strage di Odessa: i manifestanti antigovernativi si rifugiarono nella Casa dei Sindacati. Questi manifestanti vennero seguiti ed aggrediti ferocemente all’interno dell’edificio dai sostenitori di Euromaidan e dai militanti di estrema destra, che successivamente circondarono l’edificio e appiccarono il fuoco. Nell’incendio che ne scaturì trovarono la morte 42 persone (34 uomini, 7 donne e un ragazzo di diciassette anni), i filoucraini impedirono ai vigili del fuoco di accedere all’area per poter intervenire e così i pochi che riuscirono in maniera fortunosa a fuggire dall’incendio furono linciati dai militanti neonazisti che circondavano il palazzo. Alla fine del rogo i testimoni trovarono i corpi carbonizzati dei manifestanti aggrediti e cadaveri di donne seviziate e violentate, tra cui una donna incinta strangolata con dei cavi telefonici. Si scoprì che tra le vittime del massacro vi erano anche persone colpite da armi da fuoco e mutilate con armi da taglio. Nessuna causa internazionale fu intentata.
- L’11 maggio 2014, nel referendum per l’indipendenza dall’Ucraina, svolto in tre regioni ucraine: Oblast’ di Donec’k (79%), Oblast’ di Luhans’k (86%) e Oblast’ di Charkiv (60%) viene sollevata la seguente domanda, in lingua ucraina e russa: «Sostieni l’atto di indipendenza statale della Repubblica popolare? Le opzioni di risposta erano “Sì” o “No”. Una volta proclamata l’indipendenza, le repubbliche di Doneck e Lugansk non riuscirono a prendere il controllo della totalità dei rispettivi Oblast, che furono prontamente presidiati dalle Forze Armate ucraine.
- 24 maggio 2014 Doneck e Lugansk indicono un referendum per unirsi, formando così un’unica entità statale, che sarebbe stato lo Stato federale della Nuova Russia, ratificato con il favore dell’89% della popolazione. Tuttavia, a causa del persistere del conflitto contro l’Ucraina, la Nuova Russia viene accantonata un anno più tardi, con la sospensione del progetto annunciata il 20 maggio 2015 e il ritorno delle due repubbliche come entità separate. In seguito agli svariati scontri tra filogovernativi e separatisti che riescono prendere il controllo di molte piccole città, il governo scatenò la controffensiva schierando l’esercito regolare russo.
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, già ai tempi dell’Euromaidan, ha accusato NATO e UE di finanziare gli scontri, vista la virata pro-Russia che si ha assistito con l’elezione dell’ex presidente Viktor Janukovyč nel 2010.
La posizione antiguerra è sempre confermata, ma domando: “come mai nessuno in queste delle posizioni pro-pace chiede alla NATO di arretrare?”.
Considerando che i media parlano di un Putin demonio, occorre ricordare che la Terza Guerra Mondiale era stata scongiurata dallo stesso nel 2015, quando l’intero blocco NATO aveva deciso di andare in Siria al fianco di Al Qaeda, appoggiando quindi dei terroristi durante una guerra civile, e additando il suo presidente Bashar al-Assad esattamente come oggi i media additando il presidente russo.
E’ utile ricordare, per rendere giustizia almeno alla Storia, che quella guerra fortemente voluta dal democratico Barack Obama fu evitata perché la Russia schierò la propria flotta sul porto di Damasco.
di Vittorio Emanuele Miranda – EmmeReports