Una maxi operazione della Guardia di Finanza ha svelato un centro di potere in Sicilia composto da faccendieri, imprenditori e pubblici ufficiali infedeli, che avrebbero asservito la funzione pubblica agli interessi privati, in modo da consentire di lucrare indebiti e cospicui vantaggi economici nel settore della sanità pubblica.
L’operazione delle Fiamme Gialle denominata “Sorella Sanità” ha portato all’arresto di dieci persone accusate, a vario titolo, di corruzione, tra cui l’attuale Coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 Antonino Candela.
Gli investigatori avrebbero accertato la presenza di sistema corruttivo che ruotava intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’ASP 6 di Palermo, di cui Candela era Commissario Straordinario e Direttore generale.
Le condotte di “turbativa” sono state accertate nelle seguenti 4 gare d’appalto, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro:
– gestione e manutenzione apparecchiature elettromedicali – bandita dall’ ASP 6 del valore di 17.635.000 euro;
– servizi integrati manutenzione apparecchiature elettromedicali – bandita dalla CUC del valore di 202.400.000 euro;
– fornitura vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici – bandita dal ASP 6 del valore di 126.490.000 euro;
– servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale – bandita dalla CUC del valore di 227.686.423 euro.
In quei casi il valore della tangente era fissato intorno al 5 % del valore della commessa aggiudicata che finiva per arricchire i pubblici ufficiali infedeli e i loro intermediari.
Lo schema illecito, ricostruito dagli specialisti anticorruzione del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria, era molto consolidato, dove l’imprenditore interessato all’appalto avvicinava il faccendiere che faceva da interfaccia con i manager corrotti: una volta raggiunto l’accordo, la società presentava la sua “offerta guidata”.
La gare d’appalto venivano “truccate” con l’attribuzione di punteggi discrezionali immeritati, la sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche, il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione necessaria e la diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio.
I pagamenti delle tangenti, in alcuni casi, avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti.
di Redazione – EmmeReports