“Mine vaganti” dell’artista siciliano Gaetano Barbarotto alla Reggia Borbonica di Ficuzza nella mostra simbolo contro il degrado ambientale: “Inquinamenti” curata da Francesco Scorsone. Cosa si nasconde dietro l’azzurro del mare? Cosa non vediamo davanti ad un paesaggio da cartolina, immersi nella quiete e nel silenzio, nella trasparenza del cielo, nel vento profumato? L’arte contemporanea ha avuto, in questo caso, il coraggio della verità.
Al centro delle due diagonali il cielo per dare un respiro e una via di fuga a chi, osservando l’opera, si accorge della realtà sottaciuta, nascosta e terribile che d’improvviso viene svelata. Il sipario dei maggiori teatri d’opera è di un rosso caldo come la cortina del dipinto; ma questo nasce per aprirsi ed è una festa per lo spettatore, mentre la cerniera lampo vuole essere impenetrabile, serra e nasconde. Cosa sappiamo dell’inquinamento radioattivo del mare?
Paurosi e terrorizzati per il rischio di contaminazione terrestre, guardiamo alle profondità marine con folle superficialità. Nei mari del pianeta navigano alcune centinaia di mezzi a propulsione nucleare, sommergibili, portaerei, cargo, rompighiaccio. Pochi di questi sono ad uso civile, moltissimi quelli destinati a ruoli militari; alcuni Stati li indicano con maggiore trasparenza, altri li tengono coperti da segreto: non possiamo sapere quanti sono, ma esistono e navigano tranquillamente, senza restrizioni. I mezzi ad uso militare, ovviamente, sono armati e la dotazione è fatta di ordigni con testata nucleare: doppiamente pericolosi, per la propulsione e per il contenuto; purtroppo non sono esenti da danni: si rompono, scompaiono, affondano. Gli Stati Uniti hanno già perduto diversi sommergibili, inghiottiti dagli abissi con quasi un centinaio di marinai ognuno; anche la Repubblica Popolare Cinese ha subito un affondamento nel terzo millennio. Quando il reattore scende in fondo al mare restano con lui, oltre i corpi dei poveri soldati, anche le testate nucleari di cui il mezzo era armato. Vi sono anche gli aerei militari scomparsi fra le onde con materiale radioattivo, i missili abbandonati per necessità: un potenziale di inquinamento che, per difficoltà e oneri di recupero, si preferisce dimenticare.
Non affondano solo nel lontano Pacifico, ma anche molto più vicino: ad esempio le capsule trasportate dal B47 statunitense che si inabissò non distante dalle Baleari, la bomba atomica del B52 precipitato verso la costa iberica: erosione, danneggiamenti, cedimenti strutturali apriranno prima o poi la strada alla fuoriuscita delle radiazioni. Altri potenziali pericoli, se effettivamente nascondevano scorie, sono rappresentati dai tanti relitti delle “navi a perdere” affondate al largo delle coste italiane con finti naufragi, organizzati per smaltire rifiuti e incassare il risarcimento dell’assicurazione. Geolocalizzazioni false per le coordinate del disastro, comunicate ai Lloyd’s e mai smentite da successive indagini, hanno lasciato sui nostri fondali relitti mai bonificati, colmi di rifiuti sconosciuti sommariamente camuffati con polvere di marmo.
La “Aso” colò a picco nel 1979 a largo di Locri e altre tre navi giacciono in acque internazionali ma davanti alle coste calabresi, la “Mikigan” dal 1986, la “Rigel” dal 1987 e la “Four Star I” nel 1988. Poi vi è “Koraline” naufragata nel 1995 a cinquanta miglia a nord di Ustica; la “Marco Polo” nel Canale di Sicilia dal 1993 e la “Alessandro I” dal 1991 a largo di Molfetta: sono tutte sospette “navi dei veleni”. Potrebbero sembrare storie di una follia ormai remota, di un’epoca post bellica ancora inconsapevole della pericolosità di questi disastri ambientali. Invece la storia continua a ripetersi: il Giappone intende sversare nell’Oceano l’acqua contaminata della manutenzione giornaliera alla centrale di Fukushima ricca di trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. A 10 anni dalla catastrofe del marzo 2011 Tokyo comunica che “rilascerà l’acqua radioattiva dopo averla diluita a livelli non dannosi per l’uomo. Ma la diluizione non cambierà il totale di radioattività dispersa”. Una micidiale mina vagante scaricata sulle generazioni future.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito
Fotografia ©Monica Cerrito