10 maggio 1987, Stadio San Paolo. Napoli-Fiorentina, 1-1 (29′ Carnevale, 39′ Baggio): il Napoli è Campione d’Italia!
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“Come ogni domenica, quando le partite si giocavano tutte alle 15, avevo seguito le radiocronache con mio padre.
In città c’era un silenzio assurdo. Poco dopo i fischi finali, la gente cominciò a riversarsi per strada, a piedi, su motori e automobili (dipinte d’azzurro per l’occasione).
Pure io scesi in strada, in via Caracciolo, con tutta la mia famiglia e con tutti gli amici del palazzo. Dopo qualche minuto di festeggiamento, i miei genitori risalirono a casa, ma noi partecipammo al corteo, tra clacson, bandiere sudiste, tricolori, fino a Piazza del Plebiscito.
Il ricordo più forte è la predominanza del colore azzurro Napoli ovunque”. (Tecla Minaldi)
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“Ricordo le domeniche a pranzo con la radio in sottofondo.
Ad ogni goal c’era un boato di tutto il quartiere!
Ero poco più che una bambina ma ricordo perfettamente la tensione che saliva ad ogni partita vinta, tensione che scoppiò in quella meravigliosa e onirica domenica di maggio!
Era un delirio collettivo. Un meraviglioso, indimenticabile delirio!” (Anna Ciriello)
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“Quando il Napoli vinse il primo scudetto era il 10 maggio 1987, ben 33 anni fa. Io avevo 20 anni e abitavo con i miei genitori in uno dei quartieri più pittoreschi e calienti di Napoli: i “Quartieri Spagnoli”.
Per l’esattezza Vico Monteroduni, una traversa senza uscita di Via Nicotera, la strada che lambisce la parte nord dei Quartieri Spagnoli e scendendo si congiunge con la collina di Pizzofalcone, la parte più antica di Napoli.
Il primo scudetto del Napoli fu qualcosa di Biblico, come Davide che sconfigge Golia, come la fine del diluvio universale. Una maledizione sembrava aver stabilito che noi non l’avremmo mai vinto. Ma un giorno la sorte ci mandò DIEGO MOSE’ MARADONA, il profeta del calcio, a guidarci verso la terra promessa.
Quel giorno fu come una esplosione del Vesuvio, come un’onda di maremoto umana, perché nessuno ci credeva, nessuno ci poteva credere, sarebbe successo sicuro qualcosa ad impedircelo, a portarcelo via all’ultimo minuto… Una squalifica, un qualche comunicato della federazione, un disastro naturale, non poteva essere che noi potevamo “veramente” vincere lo scudetto, solo sognarlo….
Fino a che l’arbitro prese il pallone e Pizzul disse “IL NAPOLI E’ CAMPIONE D’ITALIA!”.
Non potrò mai dimenticare quel giorno, il delirio collettivo, la festa che durò fino all’alba, le facce stupefatte degli stranieri che si trovarono lì quella profumata e tiepida sera di maggio, i titoli dei giornali del giorno dopo DELIRIO COLLETTIVO A NAPOLI.
Quello che ricordo più distintamente fu però la commozione dei più anziani, quelli che avevano ingoiato amaro per decenni e ora riuscivano a vedere il Napoli campione per la prima volta prima di morire… Sì prima di morire, era questo il desiderio di molti napoletani all’epoca “vedere uno scudetto prima di morire”.
E fu per questo che qualcuno scrisse sul muro del cimitero di Via del Pianto: CHE VI SIETE PERSI!!! Come a volere condividere anche con gli sfortunati defunti senza tricolore la vittoria.
Io avevo 20 anni e l’energia per festeggiare. Scesi verso piazza del plebiscito attraversando i Quartieri Spagnoli (via Nardones) che era diventata una unica tavolata all’aperto imbandita a festa dove tutti, bottegai, parenti, sconosciuti bevevano, si abbracciavano cantando OI VITA MIA.
Le auto era ormai tutte azzurre, qualcuna decappottata con il flexi per la festa (una cabriolet da scudetto partenopeo). La fontana di Piazza San Ferdinando, conosciuta a Napoli come “il Carciofo”, era tutta piena di gente e bandiere. Le statue dei Re del palazzo reale erano tutte vestite di azzurro con la parrucca di Maradona in testa… Già Maradona il RE di Napoli, quello che ha dato a Napoli più di tante chiacchiere e promesse, quello che a Napoli ha lasciato il “capello magico” venerato in un bar del centro storico, un figlio di nome Diego Armando Junior (si, ce lo siamo clonato) e milioni di rimpianti.
Diego per sempre uno di noi. Quello scudetto è soprattutto il suo”. (Giovanni Rossi Filangieri)
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“Il mio ricordo di questa fantastica giornata comincia dalla mattina, fui svegliato a viva voce da alcuni amici del quartiere (Sanità) perché dovevamo vestire, con la maglia di Maradona, il tritone dell’omonima fontana a piazza Cavour.
Mi vestii in fretta e corsi a dare il mio contributo. Mi ritrovai a tagliare, cucire e incollare pezzi di stoffa azzurra e bianca sulla bronzea statua.
A lavoro finito, tutti a casa per il pranzo domenicale.
Dopo mangiato ascolto del primo tempo in casa alla radiolina. Il gol di Carnevale al 29′ ce lo siamo esultato a casa. A fine primo tempo via, a casa di amici per guardare il secondo tempo in TV, il pareggio di Baggio manco riuscimmo a vederlo.
Al fischio finale via per strada per sfogare tutta la gioia repressa. Destinazione piazza del plebiscito tra caroselli di macchine e persone a piedi che festeggiavano.
Passare per i vicoli era una gioia, un esplosione di colori azzurri, bianchi e tricolori ovviamente.
C’era chi ti offriva da bere,chi il brodo di polipo, chi taralli e birra.
Ricordo che facemmo tutti il bagno nella fontana del carciofo in piazza Trieste e Trento. Dopo circa quattro ore di festeggiamenti, tutto bagnato e senza voce, mi recai a casa per guardare la trasmissione che tripudiava gli eroi di quel campionato e poi al San Paolo per ascoltare Pino Daniele cantare ‘O sole mio.
Ricordi stampati nella memoria di un cuore azzurro”. (Michele Serao)
di Antonio Melita – EmmeReports
foto copertina ©Diletta De Vivo
Ancor prima di leggere l’articolo, tra l’altro splendidamente raccontato, stavo per l’appunto raccontando ad amici l’emozione provata in quell’occasione unica, anch’io all’epoca avevo poco più che 15 anni ed il ricordo più vivido che ho esattamente quello che hai riportato…via nardones…tavolata con tutti amici e parenti residenti travolti da un entusiasmo senza precedenti che si fosse appassionati o meno di calcio.
Grazie per questo bellissimo ricordo.