Come nella maggior parte degli incipit che introducono le mie ricette con contorno di storie, anche questa volta tutto inizia sull’onda dei ricordi e ho già scritto altre volte di quella villetta immersa nel verde e di cui serbo meravigliosi ricordi di gioventù e non solo. Infatti, i ricordi legati al piatto di oggi sono due e per introdurre sia il primo che il secondo, occorre che io faccia una premessa descrivendo l’immagine di una delle tante giornate calde di questa assolata terra.
Com’è noto le temperature estive, qui in Sicilia, equivalgono a quelle Sahariane. Sono stata nel deserto del Sahara? No! Del resto chi me lo fa fare ad andare così lontano, quando sono i 50° che da lì raggiungono me, senza la fatica di affrontare un viaggio? Mi perdo i miraggi? Vi posso assicurare che con quella temperatura li vedo anch’io e almeno qui ho il frigo a portata di mano, senza vagare per chilometri in cerca di un’oasi per dissetarmi. Solitamente si tocca l’apice dei sopradetti 50° quando l’implacabile vento di Scirocco, non contento di starsene a soffiare sul suo bel deserto, tormenta noi. In quei giorni, di tanto in tanto e a non so quanti nodi, veniamo investiti da sferzate di calore ancora più cocente paragonabile, né più né meno, a quello che ci arriva sul viso quando apriamo lo sportello del forno.
Scudisciate roventi e improvvise che noi chiamiamo pappate di calore. Il che non vuol dire che ci rimpinziamo di aria calda, sebbene qualcosa ce la “pappiamo” comunque: la sabbia. Così, proprio per assaporare la frescura di quelle prime ore del giorno, quando ci trasferivamo in campagna, mi alzavo all’alba e oltre ad assaporare il fresco, mi gustavo i fichi maturi che raccoglievo direttamente dagli alberi. Il terreno che circondava la costruzione non era grandissimo, ma avevamo di tutto: dagli alberi da frutto agli ortaggi e alle verdure di stagione, il tutto curato da mio padre.
Il “settore” ortaggi e verdure si trovava nella parte di quel terreno in cui il sole arrivava intorno alle 13:00, ma in quel punto grazie anche a un frondoso e splendido ulivo, ciò che cresceva aveva la giusta dose sia di ombra che di luce solare. Amavo stare lì e mentre gustavo i fichi freschi di rugiada, stavo a osservare quel fazzoletto di terra in cui crescevano, rossi pomodori, melanzane e laddove lo spazio era più ampio, spiccava il verde brillante delle carnose e vellutate foglie dei tenerumi. E così, dopo un larghissimo giro, sono arrivata finalmente dove dovevo, ossia alla gustosa e impareggiabile minestra estiva: la pasta con i tenerumi e ai due ricordi a essa collegati.
Il primo riguarda una mia cugina che, insieme ai miei zii materni, veniva a trascorrere l’estate qui da noi. Era piccolina e vivendo in Piemonte non conosceva i tenerumi (tanti anni fa non tutto arrivava dappertutto) così, quando vide per la prima volta quel piatto di minestra, sgranò i suoi bellissimi occhi grigio-verdi, esclamando con veemenza che quella pasta con l’insalata e cotta per giunta non l’avrebbe mai mangiata. Cambiò parere nel corso degli anni, quando tornando nella terra natia per le vacanze, iniziò a pretendere quella “pasta con l’insalata cotta”.
L’altro ricordo riguarda la maggiore delle mie figlie che all’età di circa quattro anni sentenziò che “la passa con i tututuni” era proprio buona. La pasta con i tenerumi (a pasta chi tinniruma) è un piatto immancabile sulle tavole “estive” dei siciliani che, impavidi, la gustano con avidità nonostante i 50° gradi.
Digeribili, ricchi di sali minerali e dalle proprietà diuretiche e purificanti, i tenerumi sono le foglie tenere della zucchina lunga (in dialetto cucuzza) o zucca serpente di Sicilia, poiché crescendo libera sul terreno assume la forma sinuosa del serpente. Se, invece, i tenerumi vengono coltivati in prossimità di appositi pergolati, la pianta si “arrampicherà” e la zucchina crescerà dritta verso il basso, fino a raggiungere la lunghezza di oltre un metro. Per questo viene chiamata anche Lagenaria Longissima (da lagèna o lagoena. Recipiente dal collo stretto e largo alla base) o zucca a pergola.
Anche la pasta con i tenerumi, come la maggior parte delle specialità siciliane, ha origini povere. I contadini, infatti, nei periodi di magra utilizzavano sia le zucchine che le larghe e tenere foglie dell’intera pianta. La ricetta classica più diffusa è quella che prevede la pasta con i tenerumi a minestra, ma c’è anche chi la preferisce asciutta.
È un piatto tradizionale che si tramanda da generazione in generazione. Nella mia famiglia colei che preparava una pasta con i tenerumi da primo premio, era mia nonna materna. Quando in estate mio padre raccoglieva i tenerumi, lei si occupava della preparazione e la ricordo in cucina mentre sfilava, dai lunghi gambi, le foglie tenere e vellutate. Le tuffava poi nell’acqua bollente e durante la bollitura già si spandeva l’odore particolarissimo di questa verdura. Non è facile descriverlo, poiché è un misto (secondo il mio naso) tra l’erba appena tagliata e il tipico odore che si sprigiona dalla terra dopo un acquazzone. Nel frattempo preparava il picchi pacchiu (difficile da tradurre in italiano) ovvero una salsa (anch’essa tipica siciliana) a base di pomodoro pelato e aglio soffritto. Non appena il pomodoro assumeva un aspetto granuloso, lo aggiungeva ai tenerumi e completava la cottura. Dal momento che nella mia famiglia il compito di preparare la pasta con i tenerumi è sempre stato “della nonna”, quando è nata la prima delle mie figlie mia nonna ha passato le consegne a mia madre, che ha continuato a prepararla anche per la seconda nipote. Nel frattempo, mentre attendo pazientemente il mio turno, io mangio soltanto.
Pasta con i tenerumi per 4 persone
Ingredienti:
400 g di spaghetti spezzettati
2/3 mazzetti di tenerumi
400 ca. di pomodori pelati
2 spicchi d’aglio
Olio EVO
Sale q.b.
Preparazione:
Sfilare le foglie, spezzettarle e cuocerle in abbondante acqua, precedentemente salata. Nel frattempo, a parte, soffriggere gli spicchi d’aglio e aggiungere il pomodoro pelato, un pizzico di sale ed eventualmente un po’ di zucchero. Lasciare cuocere per 5 min ca. Quando tenerumi saranno cotti, unire la salsa ottenuta e riprendere la cottura per altri 5 min. Non appena si alzerà il bollore versare gli spaghetti spezzettati, aggiungere un altro po’ di sale e completare la cottura della pasta che dovrà rimanere leggermente al dente. Servire con un filo d’olio EVO.
Buon Appetito!
di Monica Militello Mirto – EmmeReports