Il Re Umberto II, allora principe e luogotenente del Regno d’Italia, su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale che così, recitava: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale».
Avete già avuto modo di leggere come nei miei articoli riguardanti la Seconda Guerra Mondiale, analizzavo fatti e dati utilizzando il metodo storico e, alla vigilia del 25 aprile, mi limiterò ad osservarne agilmente i fattori finali, evitando così di ripetere in maniera stantia, pagine di Storia conosciute e da più parti sviscerate.
E’ cosa risaputa che il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) con sede a Milano, presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani di cui presenti anche, tra gli altri, il presidente designato Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza, proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane, attive nel Nord Italia e facenti parte del Corpo Volontari della Libertà, di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendone la resa.
Tutto questo giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate e in quel periodo il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano».
Il 25 aprile 1945, a Milano, Sandro Pertini dichiarando lo sciopero generale, così diceva: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.
Seguirono poi le liberazioni delle città di Bologna, Genova e Venezia, rispettivamente il 21, 23 e 28 aprile. Il 25 aprile resta comunque una data simbolica, in quanto la reale resa delle forze nazifasciste alle forze alleate, fu firmata il 29 aprile del 1945 con la Resa di Caserta che stabiliva formalmente la resa ufficiale il 3 maggio. Così ebbe fine la guerra.
Il filosofo Diego Fusaro in uno dei suoi post, ha osservato che in assenza di fascismo, gli antifascisti per sopravvivere continuano a cercare di identificarlo “da Fanfani a Salvini”, rimanendo poi in silenzio davanti ad altri e attuali governi liberticidi.
Per di più, per quanto criticabili quei personaggi, sono distanti anni luce dal Fascismo. Sulla scia di quanto sostenuto da Diego Fusaro invito ad una riflessione: l’esperienza storica dei fascisti, cioè quella delle camicie nere, si concluse 76 anni fa, quando furono sconfitti militarmente. La loro guida è stata uccisa, appesa a testa in giù ed il corpo esanime è stato linciato.
Da quel giorno in poi, di quell’esperienza sconfitta e della sua guida, ne è nata la psicosi. Il terrore di uno “spettro” che finisce poi per essere utilizzato contro qualsiasi cosa non piaccia (persino Marco Rizzo è stato accusato di essere fascista!).
Una idea che ha scatenato la psicosi e che, a distanza di 76 anni, finisce per rendere gli “Antifa” i soli e veri nostalgici del fascismo.
di Vittorio Emanuele Miranda – EmmeReports