Le epoche si avvicendano, le mode cambiano e le correnti di pensiero si susseguono, ma c’è qualcosa che resiste a ogni tipo di cambiamento: “i classici”. Come una macchina del tempo che ci consente di viaggiare attraverso i secoli, essi ci permettono di conoscere e apprezzare civiltà e culture del passato che hanno creato le basi per il nostro presente. Testimonianze di tempi remoti che riviviamo, intatte nella loro magnificenza, grazie alla letteratura classica, agli splendidi affreschi e ai mirabili dipinti. Alle sculture che trasmettono calore e sembra siano pervase da linfa vitale, per alcuni particolari che le rendono “vive” nella loro secolare immobilità. La lista dei Grandi che hanno fatto la Storia è davvero infinita e fra essi vanno altresì ricordati i grandi compositori. Anche la musica classica, infatti, è un altro mezzo che ci consente di varcare i confini del tempo, quando ascoltiamo straordinarie armonie che ci regalano emozioni indescrivibili. Tra i “classici” vengono, ovviamente, annoverate anche le opere liriche che completano la gamma delle emozioni, quando ci ritroviamo in Egitto o a Parigi, assistendo a una rappresentazione dell’Aida o della Traviata. Oppure nel lontano Giappone quando, insieme a Madama Butterfly, attendiamo di vedere “quel fil di fumo”, ma la lista è ancora molto lunga e i luoghi dove ogni singola opera è ambientata sono davvero tanti.
Quella a cui oggi farò riferimento per introdurre l’argomento gastronomico, è “La Norma” di Vincenzo Bellini di cui tutti conosciamo la trama e che ha dato il nome a uno dei primi piatti siciliani più conosciuto e diffuso anche su territorio nazionale. La Pasta alla Norma è inequivocabilmente legata al compositore e al titolo della sua opera, ma le versioni sull’origine del nome di questa prelibatezza dal sapore e profumo squisitamente mediterranei sono due. Secondo la prima ipotesi la Pasta alla Norma venne servita al tavolo di Vincenzo Bellini dopo la prima dell’opera alla Scala di Milano, il 26 dicembre del 1831. In quell’occasione, sempre secondo tale ipotesi, un cuoco siciliano di cui però non si conosce il nome, inventò questo piatto per rendere omaggio al compositore catanese, utilizzando per quella ricetta ingredienti tipici della sua terra natia. Probabilmente Bellini, gustando quella bontà, riuscì per qualche momento ad alleggerire la mente dai grigi pensieri dovuti all’insuccesso di quella prima rappresentazione. A essa, ovviamente, ne seguirono altre conferendo all’opera il giusto tributo ampiamente meritato.
La seconda versione sull’origine del nome, quella che viene considerata la più attendibile, fa invece riferimento a un’importante cena che si tenne a Catania a casa dell’attore Juri Pandolfini e di sua moglie Saridda, un giorno del 1920. Fra i commensali erano presenti anche Angelo Musco, zio di Pandolfini, e Nino Martoglio famoso regista, scrittore e commediografo dell’epoca, grande amico di Luigi Pirandello con cui scrisse alcune opere in dialetto siciliano. In un contesto raffinato e colto, tra chiacchiere, tintinnare di stoviglie e susseguirsi di gustose portate gioia degli occhi e del palato, fece il suo ingresso la signora Saridda con un grande piatto di pasta fumante tra le mani.
Sublime la fragranza che si diffuse nell’intera sala, frutto della combinazione perfetta di ingredienti semplici: salsa di pomodoro, melanzane (rigorosamente nere e lunghe, chiamate turche) basilico e infine una generosa spolverata di ricotta salata. Quando tutti i piatti vennero riempiti i commensali, ancora inebriati da quell’essenza tipicamente sicula, affondarono le forchette nella morbidezza dei maccheroni e delle melanzane fritte, immersi nella salsa di pomodoro. Non appena Nino Martoglio assaggiò il primo boccone gustandolo lentamente, totalmente rapito da quella bontà, esclamò: “Signora Saridda, chista è ‘na vera Norma!”, poiché non vi era apprezzamento assoluto che non facesse riferimento alla splendida opera di Vincenzo Bellini. E così (in base alla seconda teoria) la gustosa pietanza, semplice e dall’inconfondibile fragranza, deve il nome al commediografo siciliano molto noto all’epoca in cui si svolsero i fatti.
Che si faccia riferimento alla prima o alla seconda ipotesi, Catania rivendica comunque e a pieno titolo la paternità della Pasta alla Norma e nonostante ne esistano diverse varianti, la ricetta tradizionale è la più apprezzata.
Il condimento utilizzato per la Pasta alla Norma si presta anche per essere utilizzato in altre preparazioni, come la pizza, gli involtini, le lasagne e le arancine o arancini, che dir si voglia, sebbene sia sempre e solo la pasta a regnare sovrana.
La Pasta alla Norma è una “Diva” della gastronomia siciliana che non può essere definita “Casta”, poiché racchiude in sé la voluttà di un gusto tipicamente siciliano che induce al peccato… di gola.
RICETTA DELLA PASTA ALLA NORMA:
Ingredienti per 4 persone ca.
5 Melanzane (preferibilmente quelle lunghe)
1 kg di pomodoro per salsa
500 g di maccheroni
150 g Ricotta salata di pecora
Basilico fresco
1 cipolla bianca
1 picchio d’aglio
Olio EVO e sale q.b.
Olio di semi per la frittura
Preparazione:
In una pentola fare imbiondire la cipolla, finemente tritata, e lo spicchio d’aglio intero. Aggiungere i pomodori precedentemente puliti, salare e poco prima di completare la cottura, aggiungere le foglie di basilico. Passare il tutto e se la salsa dovesse risultare troppo liquida, continuare ancora per qualche minuto la cottura, finché non si sarà leggermente ristretta. Se dovesse essere particolarmente aspra aggiungere (se lo si preferisce) un pizzico di zucchero. Lavare le melanzane, affettarle non troppo spesse (dopo la frittura dovranno rimanere morbide e croccanti, al tempo stesso) e cospargerle di sale lasciandole riposare per 20 minuti circa, affinché risultino meno amare dopo la cottura. Sciacquare, asciugare e friggerle nell’olio bollente fino a ottenere una perfetta e omogenea doratura.
Lessare la pasta in abbondante acqua salata e lasciandola piuttosto al dente, condire con la salsa di pomodoro e servire con una generosa spruzzata di ricotta salata.
Buon Appetito!
di Monica Militello Mirto – EmmeReports