Francesca Tulli ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma diplomandosi in scultura e presta, con estrema naturalezza, particolare attenzione allo spazio. Prendiamo spunto dalla sua mostra “Mutanti” alla KOU Gallery di Roma, curata da Massimo Scaringella, per presentare ai lettori di EmmeReports questa interessante ricerca artistica.
Francesca Tulli modella il corpo umano alla ricerca di un nuovo canone delle proporzioni, capace di accogliere un’idea completamente differente dell’uomo che non sia più misura dell’universo e del bello, ma parte integrante del mondo. Saper padroneggiare la forma classica e forzarla in un dialogo contemporaneo ha in sé il pregio dell’arte intesa non solo come significato ma anche e soprattutto come capacità tecnica. Osservare le sculture di Francesca Tulli è un piacere perché si parla con l’artista un linguaggio comune, fatto di millenaria scultura occidentale, di figure arcaiche, archeologiche, di riprese moderne, d’arte orafa e di tradizione accademica; in questo linguaggio colto si aprono improvvisamente spazi per una riflessione assolutamente d’avanguardia. L’opera che fa da copertina all’articolo è Piccole teste illuminate, piccole creazioni in terracotta e luci led, appoggiate su una base di legno: il riferimento alla plastica greca, alle testine votive è evidente ma le chiome di quelle testine sono impronte febbrili, pezzi di creta che non copiano forme ma evocano movimenti fluttuanti e leggeri, gli sguardi sono a loro volta tracce di orbite, fisicamente solo accenni eppure espressivi, la luce carezza le forme e le rende naturali, i fori che si aprono nelle anatomie ci fanno sentire invece una volontà contrastante, taumaturgica, magica. L’artista sembra dissociarsi da quanto ha appena creato, il corpo diventa superficie per un segno di luce, come un tatuaggio immateriale, il rigore lineare e geometrico che interviene non appartiene più all’essere rappresentato è la traccia di un discorso nuovo di cui l’uomo è parte ma non attore.
Umana natura è una serie di piccoli bronzi, talvolta legata a colori ma sempre conclusa nelle proporzioni di ogni singola fusione. Corpo umano e struttura botanica si bilanciano, giocano a creare nuovi equilibri dove ognuno è necessario e complementare: non ci si interroga sul perché di questi esseri mutanti, apparentemente estranei alla logica ma intimamente connessi in una primordiale armonia. È la figura di un cosmo fatta di parti, di esseri dalla differente natura integrati in una comune danza della vita. Non è più l’uomo vitruviano a dare la giusta forma alla bellezza ma il riconoscimento reciproco, la compresenza di più elementi capaci di creare qualcosa di mai descritto nell’arte: l’evidenza di uno spazio comune, interdipendente, necessario; uomo e natura parti paritarie di un unico corpo. L’essere umano porta la capacità di adeguarsi al supporto, in un gesto di danza, la pianta o il germoglio la stabilità protesa al cielo e assetata di luce.
I piccoli bronzi di Francesca Tulli aprono la scultura a proporzioni nuove: rimangono umane e riconoscibili ma non limitano al corpo o al gesto del corpo lo spazio della scultura, cercano una fusione con la verticalità e il prorompere della vita vegetale integrando questi mondi apparentemente lontani in un nuovo sistema di volumi, con la stessa bellezza di un parco dove entrambi gli elementi convivono e si esaltano, quasi che queste opere fossero ognuna rappresentazione plastica dell’Eden, fatto di armonia e non certo di sudditanza. L’uomo non si deforma, non obbliga lo spazio a rifletterne i propri bisogni, non cede a linguaggi inconoscibili o a moduli geometrici: parla semplicemente di una rinnovata e ontologica armonia, con la consapevolezza classica di sapere quanta bellezza si possa esprimere attraverso il proprio corpo.
Francesca Tulli – Mutanti – KOU Gallery – Via della Barchetta, 13 – Roma (fino al 9 gennaio 2021)
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports