Ore 4,05 e appena sveglio si presenta la solita domanda che mi ronza in testa, in momenti come questi: “Chi me lo fa fare?”.
Non ho tempo per trovare la risposta e procedo quindi con la solita passione e voglia di fare che mi porterà stamattina alle ore 5,30 a “documentare” una missione notturna del reparto volo della Guardia di Finanza di Palermo.
Alle ore 5 sono già dietro il cancello dell’aeroporto di Boccadifalco dove all’interno è presente la sezione aerea delle Fiamme Gialle.
In pochi minuti sono davanti al Capitano Lorenzo Manganini con il quale ho avuto già modo (e piacere) di volare il 16 maggio scorso e che mi pone davanti all’interrogativo: “giubbotto salvagente o imbracatura?”, che tradotto significa se preferisco portare a casa la vita o le fotografie.
Considerando che è un rischio abbastanza calcolato e che sono un fotogiornalista, opto, ovviamente, per le fotografie!
Imbracato, e dopo un breve briefing, salgo a bordo del A109 NEXUS e mi siedo accanto allo specialista intento ad armeggiare con il FLIR, il visore elettro-ottico e infrarosso, che tornerà utile nell’operazione di ricognizione di quest’oggi.
Chiusi i portelloni, il velivolo prende quota e dopo alcuni istanti siamo già sopra una Palermo che, uscita dal coprifuoco, è pronta ad affrontare una nuova giornata.
Ci dirigiamo verso il trapanese perché è nel tratto di mare a largo della costa di Marsala che è stato individuato il “nostro” target.
E’ proprio il Capitano Manganini che spiega cosa sta succedendo: “Siamo alla ricerca di un gommone che è stato segnalato dalla nostra sala operativa che ha anche allertato la vedetta che si trova già in quel tratto di mare. La sinergia tra la componente navale e quella aerea è fondamentale per la buona riuscita di una missione anti-immigrazione”.
“In Sicilia, l’anti-immigrazione è caratterizzata da una più proficua collaborazione tra le varie amministrazioni. A volte è come se ci trovassimo davanti ad un’unica forza di polizia e di soccorso”.
Ci stiamo quindi dirigendo a largo di una costa che, essendo molto estesa, viene “sfruttata” dai migranti provenienti dalla Tunisia che, con gommoni di modeste dimensioni, partono la notte – percorrendo 100 miglia – e in una giornata riescono ad arrivare in Sicilia.
In pochi istanti realizzo che quel puntino sul FLIR è il tanto ricercato “target” e l’adrenalina sale quando, una volta aperto il portellone, mi sporgo per fotografare le operazioni di avvicinamento del pattugliatore della Guardia di Finanza al gommone.
Attimi concitati e irripetibili che devo, fotograficamente parlando, sfruttare al massimo sfidando l’emozione che fa tremare le mani e il tremore dell’elicottero.
La missione ha avuto esito positivo (e non solo dal punto di vista fotografico) e lo “sbarco fantasma” è stato sventato grazie alla sinergia tra la sezione aerea e navale della Guardia di Finanza e la Capitaneria di Porto.
Per spiegare l’importanza della missione mi rifaccio alle parole del Capitano Lorenzo Manganini: “Abbiamo assistito ad un tentativo del cosiddetto sbarco fantasma dove gli immigrati, soprattutto provenienti dalla Tunisia, cercano di approdare sulle coste siciliane per poi darsi alla macchia”.
“E’ importante contrastare questo fenomeno perché quando riescono ad arrivare senza essere visti sulle nostre coste, eludendo controlli e identificazioni, i soggetti possono raggiungere il nord Italia o rimanere sull’Isola dove spesso vengono assoldati dalla criminalità organizzata”.
“Abbiamo avuto una settimana di bonaccia e sono in partenza, sia dalla Tunisia che da Paesi in guerra, molte persone che vorranno arrivare in Sicilia. Per questi motivi il nostro intervento verrà ancora richiesto”.
“E’ importante sapere che chi scappa dai territori dove sono presenti conflitti (Libia, Egitto, Bangladesh ad esempio) è intenzionato a farsi trovare, salvare e pertanto cerca di comunicare la propria presenza anche con i telefoni satellitari. In quel caso l’obiettivo è arrivare in Italia per chiedere asilo politico”.
“Gli immigrati economici, come quelli provenienti dalla Tunisia, invece tentano di arrivare senza essere visti per cercare lavoro in Italia. Non vogliono essere trovati per non finire nei centri di accoglienza, dove spesso creano disordini e l’obiettivo diventa quello di scappare”.
di Antonio Melita – EmmeReports