Oggi ricorre il 17° anniversario di quella terribile strage che vide come vittime 19 italiani tra Carabinieri, soldati e civili.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato in un Tweet:
“A 17 anni dal vile attentato terroristico di Nassiriya non dimentichiamo le vite spezzate dei 19 italiani che operavano per difendere la libertà e garantire la pace. Ricorderemo sempre il loro sacrificio e quello di tutti i connazionali caduti in missione”.
Prima di ricordare i nomi dei martiri di Nassiriya però, credo sia opportuno spiegare brevemente il motivo della presenza italiana in Iraq ed i suoi obiettivi.
Nel marzo del 2003 comincia l’operazione Iraqi Freedom (OIF), più nota come Guerra d’Iraq o Seconda Guerra del Golfo. L’obiettivo della missione era quello di spodestare Saddam Hussein in modo da renderlo innocuo e che non potesse utilizzare le armi di distruzione di massa di cui era accusato d’essere in possesso. Come oggi sappiamo, in realtà quell’accusa era infondata. Quest’operazione in realtà, non è stata che una delle tante mosse che destabilizzò il Medio Oriente.
La guerra ufficialmente si concluse il primo maggio del 2003, con la caduta di Saddam, che portò però alla creazione di bande armate di resistenza e all’aumento dell’influenza politica di Muqtada al-Sadr.
Quel Muqtada al-Sadr che creerà ufficialmente l’Esercito del Mahdi e ad oggi, sembra essere l’uomo forte d’Iraq.
Tornando alla Seconda Guerra del Golfo, principalmente partecipata da USA e Gran Bretagna, abbiamo anche l’intervento italiano (forse l’unica vera oasi d’Iraq in quei periodi) con l’Operazione Antica Babilonia, avviata il 15 luglio del 2003.
La missione era prevalentemente di salvaguardia della pace (peace keeping) e di carattere prevalentemente umanitario. Le principali basi italiane erano a 7 chilometri da Nassiriya, la base “White Horse”, non lontana da quella Usa di Tallil.
Il Reggimento Msu/Iraq, composto da Carabinieri e polizia militare romena, occupava due postazioni: base “Maestrale” e base “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato proprio per mantenere un contatto ravvicinato con la comunità locale.
Erano divise da poche centinaia di metri.
Gli obiettivi principali della missione italiana erano: la ricostruzione del “comparto sicurezza” iracheno attraverso l’assistenza per l’addestramento e l’equipaggiamento delle forze, a livello centrale e locale, sia nel contesto della NATO sia sul piano bilaterale; la creazione e il mantenimento della necessaria cornice di sicurezza; il concorso al ripristino di infrastrutture pubbliche ed alla riattivazione dei servizi essenziali; le rilevazioni radiologiche, biologiche e chimiche; il concorso all’ordine pubblico; il concorso alla gestione aeroportuale; il concorso alle attività di bonifica, con l’impiego anche della componente cinofila; il sostegno alle attività dell’ORHA (Office for Reconstruction and Humanitarian Assistance) e il controllo del territorio e contrasto alla criminalità.
Inutile dire che gli obiettivi italiani furono ben concretizzati, ottenendo anche la simpatia della popolazione locale.
Tuttavia, il 12 novembre del 2003, Alle ore 10:40 ora locale, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti alla base militare italiana, presidiata dai Carabinieri della Multinational Specialized Unit, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra militari e civili.
Andrea Filippa, il Carabiniere di guardia all’ingresso, riuscì a sparare e uccidere due kamikaze impedendo che il camion esplodesse all’interno e che le proporzioni della tragedia fossero ancora più grandi, ma la deflagrazione, con un terribile effetto domino, fece saltare in aria anche il deposito munizioni.
Inutile dire che quella che apparve ai soccorritori arrivati sul posto, fu una scena apocalittica. Fu ucciso anche il regista Stefano Rolla che con la sua troupe stavano seguendo i Carabinieri per girare un documentario sulla missione.
All’attentato seguirà un incessante aumento della presenza italiana nella provincia di Dhi Qar, una mossa poco gradita alle forze ostili in loco, soprattutto all’esercito del Mahdi ritenuto il principale responsabile della strage.
Alle ore 4:00 del 06 aprile 2004 il contingente di terra italiano, ovvero tre compagnie dell’11° Rgt bersaglieri, uno squadrone del Savoia Cavalleria e varie componenti logistiche della Brigata Ariete, uscirono dal complesso “White Horse” per andare a presidiare i ponti di accesso a Nassyriya: “Alpha”, “Bravo”, “Charlie”.
Le unità che furono coinvolte in questo scontro furono ingaggiate per 18 ore, il più lungo conflitto a fuoco che abbia coinvolto italiani dalla Seconda guerra mondiale, motivo per cui l’11º Reggimento bersaglieri ricevette la croce di guerra al valor militare, per le manovre svolte sui tre ponti.
Non a caso, verrà chiamata la Battaglia dei tre ponti.
Fin dai tempi dei romani, la presenza militare italiana ha comportato oltre che l’ingegno tattico ed il valore sul campo di battaglia, l’ingegno urbanistico, umanitario, territoriale, portando innovazioni di cui potessero godere anche le popolazioni locali, una volta che per una ragione o un’altra, gli italiani non dovessero esservi più.
Ora, è giunto il momento di ricordare i nomi delle vittime della strage di Nassiriya:
Per l’arma dei Carabinieri:
Maresciallo capo Massimiliano Bruno, promosso a maresciallo aiutante s. UPS, croce d’onore alla memoria; medaglia d’oro di benemerito della cultura e dell’arte.
Vicebrigadiere Giuseppe Coletta, promosso a brigadiere, croce d’onore alla memoria.
Maresciallo aiutante s. UPS Giovanni Cavallaro, promosso a sottotenente, croce d’onore alla memoria.
Appuntato Andrea Filippa, promosso appuntato scelto, croce d’onore alla memoria.
Maresciallo aiutante s. UPS Enzo Fregosi, promosso a sottotenente, croce d’onore alla memoria.
Maresciallo ordinario Daniele Ghione, promosso a maresciallo capo, croce d’onore alla memoria.
Vicebrigadiere Ivan Ghitti, promosso a brigadiere, croce d’onore.
Appuntato scelto Domenico Intravaia, promosso a vicebrigadiere, croce d’onore alla memoria.
Carabiniere Horatio Majorana, promosso a appuntato, croce d’onore alla memoria.
Maresciallo aiutante s. UPS Filippo Merlino, promosso a sottotenente, croce d’onore alla memoria.
Maresciallo capo Alfio Ragazzi, promosso a maresciallo aiutante s. UPS, croce d’onore alla memoria; Medaglia d’oro di benemerito della cultura e dell’arte.
Maresciallo aiutante s. UPS Alfonso Trincone, promosso a sottotenente, croce d’onore alla memoria.
Per l’Esercito Italiano:
Caporal maggiore Alessandro Carrisi, promosso a 1º caporal maggiore, croce d’onore alla memoria.
1º caporal maggiore Emanuele Ferraro, promosso a caporal maggiore scelto, croce d’onore alla memoria.
Tenente Massimo Ficuciello, promosso a capitano, croce d’onore alla memoria.
Maresciallo ordinario Silvio Olla, promosso a maresciallo capo, croce d’onore alla memoria.
Caporale Pietro Petrucci, promosso a caporal maggiore, croce d’onore alla memoria.
Tra i civili italiani:
Marco Beci, cooperatore internazionale e Stefano Rolla, regista.
di Vittorio Emanuele Miranda – EmmeReports