Anche il settore del teatro è stato investito dai provvedimenti per arginare l’epidemia da Covid-19. Sono stati sospesi gli spettacoli già programmati sin dai primi decreti. Stringenti sono stati i limiti di presenza del pubblico e solo alcune regioni sono intervenute aumentando le presenze. Gli spettacoli che si sono svolti durante l’estate hanno rispettato le misure non generando alcun problema ai lavoratori ed al pubblico. Il rientro ad una piena normalità non sarà possibile in tempi brevi, stante anche la ripresa dei contagi. Bisogna tener conto anche che la pandemia determinerà un lungo periodo in cui le persone temeranno i luoghi affollati.
Le Federazioni Nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil denunciano l’assenza di prospettiva e di progetto per una vera ripartenza.
“È una protesta legittima che deve farci vedere in tutto il mondo. Io credo che la produzione culturale in questo Paese è stata abbandonata a se stessa con pochissime risorse. L’Italia possiede il 60% del patrimonio artistico culturale e architettonico del mondo e la Sicilia il 40%, nonostante ciò, i finanziamenti continuano a essere dimezzati di anno in anno” ha dichiarato Maurizio Rosso, segretario generale provinciale regionale SLC CGIL, “I teatri, le fondazioni, gli attori, i musicisti, le maestranze, non ne possono più di questa precarietà. Chiediamo dunque le coperture istituzionali, gli ammortizzatori sociali dedicati. In questo momento di pandemia, la cultura non si può fermare, anzi deve essere il punto esatto da cui ripartire, perché i popoli non si possono addormentare” ha continuato Rosso.
Dobbiamo ripartire come uno nuovo Rinascimento, con un forte investimento sulla produzione culturale. Abbiamo talenti meravigliosi. L’Italia ha avuto i più grandi danzatori del mondo, eppure la danza è relegata all’ultimo posto della produzione culturale. Non è possibile non ripensare il modello della produzione culturale e adeguarlo al tempo in cui viviamo. Ci vogliono investimenti in tecnologia, sulle accademie e sulla produzione culturale in generale” ha concluso il segretario SLC CGIL.
Oggi piazza Verdi e la scalinata del Teatro Massimo, simbolo della cultura siciliana, si sono trasformati in un palcoscenico dove tantissimi lavoratori dello spettacolo, attori, registi, coreografi, danzatrici, musicisti e maestranze hanno manifestato con un presidio silenzioso e ordinato.
“Non bisogna assolutamente pensare che il teatro sia uno svago, un hobby, No! È un lavoro. Il teatro è una scelta, ma è anche un lavoro” ha affermato l’attore e direttore artistico del Festino di Santa Rosalia, Lollo Franco.
“Oggi in piazza sono presenti dei professionisti, come i danzatori del Massimo, gli Orchestrali, tantissimi attori e registi, tutti lavoratori con partita IVA che lavorano a prestazioni. Il teatro esiste da 3000 anni, dove c’è sempre stato un pubblico da una parte e gli attori dall’altro. Il teatro è vivo, deve essere vivo, anche se c’è una sola persona e lo Stato deve garantirlo. Spero che non vogliano far finire pure questo”. Ha concluso il maestro Franco.
“Abbiamo sempre cercato di riprendere a lavorare nel massimo della sicurezza, facendo tanti sacrifici, con la gente che ha lavorato in teatro fino alle 9, perché abbiamo dovuto farlo in piccoli gruppi per evitare assembramenti. Alla fine ci hanno detto di chiudere. Per noi questo è inaccettabile, perché il sacrificio non è servito a niente.” ha detto Yuriko Nishihara, una ballerina di danza classica e contemporanea, di origine Giapponese, che vive in Italia da sei anni e lavora al Teatro Massimo da quattro. “Vogliamo essere rispettati per quello che facciamo, anche se non veniamo considerati essenziali. Ma io credo comunque che l’arte serve al popolo. L’Italia è un paese d’arte” ha concluso Yuriko, innamorata del “meraviglioso” Teatro palermitano.
“Siamo qua per cercare finalmente di dare ciò che non è stato dato mai alla nostra categoria, la dignità del lavoro” ha affermato l’attore Cocò Gulotta. “Siamo qui per ricordare che esistiamo, per cominciare a parlare di noi, con chi gestisce la nostra vita. Dobbiamo testimoniare con la presenza e poi con delle azioni, che per la nostra categoria sono sempre azioni creative, costruttive e produttiva, mai distruttive. Oggi siamo qui per riconoscerci, per incontrarci, per cominciare a parlare da adesso, perché forse questo è il momento giusto per cominciare a parlare, a confrontarci e a cambiare un po’ le regole, anche perché di regole ce ne sono veramente poche” ha concluso l’attore palermitano.
“Non si può pensare di tenere tutti gli spazi dove si fa spettacolo chiusi. Magari pensano che gli attori non abbiano una famiglia da mantenere! Vanno sostenuti gli attori, i danzatori e tutti coloro che lavorano in un teatro. Non devono essere lasciati sole neanche le famiglie dei tecnici e di tutti coloro che stanno dietro il mondo dello spettacolo. Quindi vanno sostenuti almeno fino a quando non si riapre” ha affermato l’attore Antonio Pandolfo.
“Bisogna lavorare con delle regole veramente bene attuate, altrimenti così è veramente un altro tipo di morte. Non poter lavorare porterebbe più furti, più violenze, cioè un altro tipo di agonia. Non ci meritiamo questa assenza totale da parte dello Stato. Così come sono aperte le chiese con i fedeli, potrebbero essere aperti i teatri con gli spettatori” ha dichiarato l’attore Sergio Vespertino. “Con i soldi del ristoro puoi pagare solo un affitto e poi come si sopravvive? Intanto stiamo pagando le tasse dello scorso anno che sono abbastanza congrue! Risvegliamoci! Ci siamo anche noi con grande dignità, silenti in attesa, neri perché siamo veramente a lutto”.
“Dobbiamo essere assistiti come tutti gli altri. Ci siamo anche noi. Siamo in una situazione veramente grave. Si trovino delle risorse economiche. Mi domando perché l’Europa non debba azzerare il debito dell’Italia. Siamo tutti in Europa e tutti nella stessa barca. Azzerando il debito, potremmo essere tutti ad uno stesso livello e magari non correrebbe il rischio di ammazzarci tra di noi, perché il rischio è che finisca così” ha affermato l’attore Ernesto Maria Ponte.
Presenti alla manifestazione in piazza Verdi, anche rappresentanti dei giostrai, una categoria di lavoratori dimenticata e semi sconosciuta dalle Istituzioni. “Il mondo dei giostrai è spesso dimenticato da tutti. Siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi a non aprire mai, perché i comuni ce lo hanno impedito. Se si ferma la giostra, si ferma il nucleo familiare che vive e sopravvive con quella giostra” ha spiegato Salvatore Speciale, presidente nazionale Unione Nazionale Esercenti Spettacoli Viaggianti. “Adesso che ci aiuterà? Non abbiamo contributi, non abbiamo niente da nessuno, quindi vogliamo riaprire e avere un contributo per la ripartenza, no elemosina. Non diamo fastidio a nessuno. Basta che la giostra si fermi una settimana per avere grossi problemi di sopravvivenza. E ci chiedono di pagare ugualmente il suolo pubblico, perché dove siamo fermi con le giostre, abbiamo anche le nostre case ambulanti”.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports