Aprile. Un aprile strano, troppo tranquillo e restrittivo per i viaggiatori, per gli spiriti liberi… E non solo per loro.
Per dispetto a Berlino c’è il sole, ogni giorno, fin da quando è cominciato questo stato di caos ed incertezza.
Cerco di ricordare come tutto ebbe inizio ed è doloroso perché la crisi del COVID-19 mi sta perseguendo da 3 mesi.
Fin da gennaio ho avuto la possibilità di attraversare 4 Paesi, “sorprendendo” ognuno di loro pochissimo tempo prima della chiusura, prima dell’inizio del coprifuoco: la Cina, le Filippine, l’Italia (la Sicilia) e la Grecia. Un solo pensiero: chissà quando potrò tornarci.
A fine gennaio, quando in Europa il Coronavirus era solo un fantasma patologico associato ad un strano caso accaduto in una città cinese ai tempi quasi sconosciuta, Wuhan, io arrivavo a Pechino.
La città era chiusa, quasi asettica e la gente si sentiva già costretta a non lasciare la propria casa senza una vera necessità.
Per strada si vedevano solo dei vecchietti che giocavano al Mahjong e qualche poliziotto; di negozi aperti ce n’erano pochissimi.
Insieme ai miei compagni di viaggio siamo riusciti a camminare 3-4 km in cerca della Piazza Tiananmen, ormai vuota, che evocava il triste passato del paese ancora più del solito: il ritratto gigantesco di Mao non era particolarmente rassicurante.
Le strade deserte ed il freddo invernale ci hanno anche costretto a trovare un bistrò: uno dei pochi rimasti ancora aperti.
I proprietari cinesi ci hanno accolto con allegria e sorpresa allo stesso tempo; sicuramente siamo stati gli ultimi clienti stranieri che loro avrebbero avuto per i prossimi 3 mesi. Sicuramente gli unici europei che avrebbero consapevolmente scelto di pranzare in un città considerata ormai “appestata”.
Ricordo di aver fatto delle fotografie al centro: l’immagine delle mascherine ha colpito i miei conoscenti europei. In Europa nessuno si sarebbe potuto immaginare una vista del genere.
L’intera Cina era già sconvolta del virus che aveva cominciato a decimare la provincia di Hubei, a 2000 km distanza.
Gli altri paesi asiatici hanno iniziato ad accorgersi della gravità della crisi solo nei primi giorni di febbraio, e Singapore è stato un esempio per Stati come la Thailandia e l’Indonesia, che hanno subito iniziato a chiudere le frontiere ai viaggiatori provenienti dalla Cina.
Le Filippine hanno capito il pericolo e l’importanza dei controlli un po’ più tardi: a fine gennaio ci si poteva spostare da un’isola all’altra senza difficoltà. Manila si è isolata dal resto del Paese solo a fine marzo.
Col tempo, anche la gente “più scettica” ha cominciato a cambiare idea sul virus, a Berlino come nell’Asia del Sud-Est: le stesse persone che pensavano che il COVID-19 fosse una semplice influenza.
I miei amici della Corea del Sud, Filippine e Malaysia ora guardano lo sviluppo della crisi in Europa e, come noi, si stanno chiedendo quando finirà tutto: tutti a casa, sì ma fino a quando?
Bisogna ricordare che ci sono persone che non possono a stare a casa, perché rimaste “bloccate” in altri Paesi; come alcuni turisti tedeschi o russi che si trovano adesso in Antalya, negli alberghi “all inclusive”, nel loro caso, delle ferie forzate.
Intanto la primavera è iniziata. La Cina comincia a riaprirsi, la Germania aspetta il 20 aprile per decidere se la vita può andare avanti…
Di Dorina Achelaritei – EmmeReports
Foto Dorina Achelaritei