A Lisbona nel quartier di Alfama, cioè nella vecchia cittadella araba arroccata ai piedi del castello di San Giorgio, c’è un’esposizione che lega artisticamente Palermo al Portogallo: sono le opere del professore Giacomo Rizzo, allestite tra le rovine del teatro romano e in altri siti della città con la mostra ‘Na palma de uma Rocha’.
A ribadire i legami culturali fra le due città la scelta di questo spazio perduto per quasi due millenni, ma fitto di radici comuni e riscoperto improvvisamente a seguito del devastante terremoto del 1775. Il teatro romano, dedicato a Omero, venne costruito ai tempi dell’imperatore Augusto e abbandonato cinque secoli dopo al tempo dei grandi movimenti barbarici. Sulle sue rovine, così come in Sicilia, la cultura islamica ha sedimentato la propria urbanistica fatta di vicoli tortuosi e di affacci sul mare.
In questa terra culturalmente a noi così vicina si possono ammirare alcuni lavori di Giacomo Rizzo, docente di scultura all’Accademia di Palermo che vi abbiamo già presentato per One Voice – Change is in Unity, il festival internazionale outdoor ideato da Eugene Lemay.
Professore, come si è sviluppato questo evento?
Il progetto museale a Lisbona è stato lungo e faticoso, sia perché così grande e faraonico ha avuto bisogno di tanta organizzazione, ma anche a causa del lockdown che ha spostato di sei mesi l’inaugurazione. È stato un percorso complesso e stimolante che mi ha dato la possibilità di misurarmi con l’intera capitale portoghese.
Sono stato invitato dall’Istituto Italiano Cultura di Lisbona e dalla Dottoressa Luisa Violo ad esporre non solo nei propri spazi ma contemporaneamente in altri siti della città. La mia mostra è stata il primo evento artistico culturale inaugurato dopo la quarantena. Con le mie opere si è ritornati alla vita e alla normalità nel nome dell’arte, è stato per me un grande onore e mi ha riempito di orgoglio.
Dove si possono ammirare le sue opere nella città del Fado?
Il progetto espositivo, che è stato curato dal professore Mario Caeiro, ha coinvolto il complesso archeologico più importante della città di Lisbona, il Museu de Lisboa – Teatro Romano, che comprende l’area degli scavi del teatro. Un’altra opera, invece, è all’interno dell’Istituto Italiano di Cultura. Tutte queste creazioni hanno un comune filo conduttore ma possono anche essere lette autonomamente.
Entrando nel Teatro Romano quale percorso artistico attende il visitatore?
Nell’area archeologica ho posto tre opere distinte che diventano un’unica installazione. Lo spettatore entrando vede la propria immagine riflessa da tre enormi specchi posti nelle rovine del teatro e da qui il nome di tutta l’installazione: ‘I am another’. Mi sono legato a concetti mitologici e contemporanei, indago sul moderno Minotauro simbolo di tutte le differenze umane. Il Minotauro contemporaneo è il riflesso di tutto quello che appare diverso da noi, quello che noi non accettiamo e che la società non riconosce. Rappresenta ciò che non appartiene al nostro stile di vita, al nostro gusto.
Da queste considerazioni è nata l’idea di una grande figura in resina che guarda dall’alto tutta l’area archeologica. È un uomo qualunque non ha connotati, il viso è coperto da una grande forma quasi mossa dal vento, rivestita di lana antica, materia legata a me da un enorme affetto. E’ la lana grezza, appartenuta a mia nonna, sapevo che un giorno l’avrei usata per realizzare qualcosa di importante.
Dopo l’incontro con il Minotauro si entra in una fase più introspettiva?
Il secondo momento dell’installazione è un enorme labirinto di specchi, dove lo spettatore può entrare e interagire con l’intero luogo. Il gioco dei riflessi crea una percezione vertiginosa, generando effetti suggestivi, ribaltando il senso di pieno e di vuoto. Ho creato una quarta dimensione fantastica, dove si percepisce l’esistenza di un altro ambiente emozionale all’interno del Teatro. Il labirinto, tradizionalmente concepito come luogo per perdersi, attraverso gli specchi mantiene riflessa l’immagine di chi lo percorre. Lo spettatore è sempre accompagnato dalla propria consapevole presenza.
Il labirinto simboleggia il percorso della vita, nella quale spesso ci sentiamo da soli ma non è così, siamo sempre accompagnati da noi stessi. Se riuscissimo a comprenderlo, scopriremmo quanto aiuto e conforto questo ci possa dare. Ho maturato questi concetti nel periodo del lockdown, che è stato anche una rara occasione di introspezione. Nella nostra vita e nel quotidiano abbiamo tante cose irrisolte dentro di noi, affrontarle ci fa paura ma è un passaggio esistenziale necessario.
Minotauro, Labirinto, poi una sorpresa, quasi irreale; l’installazione ci porta in una dimensione fantastica?
Sì, a quasi 10 metri di altezza si vede una mia scultura di grandi dimensioni, Pelasgi, è in resina e la realizzai nel 2015. Appare come una nuvola di pietra, che fluttua in aria senza peso e con estrema delicatezza assorbendo i colori del luogo. Diventa una presenza quasi naturale e unisce Palermo a Lisbona: Pelasgi è stata realizzata in Sicilia, nasce dai luoghi legati all’Odissea e al mito di Ulisse. Lega la mia terra al Teatro Romano di Lisbona che fu costruito per onorare Olisipo, cioè Omero.
Questa nuova mostra arricchisce un percorso già avviato con la città di Lisbona. Può descriverlo?
All’interno del Museu de Lisboa – Teatro Romano sono presenti due mie opere del 2015: “Passaggi”. Sculture a confronto con reperti classici, che creano una delicata armonia coi resti di due colonne romane formando un gruppo di quattro elementi in un continuo spazio temporale, pensato come unicità di materia e di organicità. Il gruppo diventa una reliquia senza tempo, dal passato al presente e proiettata verso il futuro. “Passaggi” è da poco entrato nelle collezioni del Museo; è la prima volta in assoluto che opere di arte contemporanea sono acquisite dalla collezione permanente del Museu de Lisboa – Teatro Romano.
Giacomo Rizzo trasforma il concetto di scultura cui eravamo tutti abituati, non c’è mimesi cioè copia, rappresentazione. Il Minotauro è una presenza fisica estranea e sconvolgente, il Labirinto cattura e rende lo spettatore parte dell’opera mentre Pelasgi cancella la percezione del reale e della gravità; Passaggi, infine, altera e annulla la lettura razionale degli eventi storici. Nel prossimo articolo conosceremo meglio l’artista e la sua estetica, vi presenteremo inoltre l’altra sua creazione in mostra a Lisbona, ‘Anatomia del desiderio’. L’evento ‘Na palma de uma Rocha’ continuerà ad emozionarci.
Na palma de uma Rocha – Museu de Lisboa – Teatro Romano e cappella dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona
fino al 31 dicembre 2020
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
crediti fotografici di Josè Avelar Museu de Lisbos / EGEAC