Sui social ricorre la parola “guerra” nel descrivere l’attuale situazione di isolamento a causa della pandemia da Coronavirus. Ne abbiamo parlato con lo studioso di Storia Wilfried Rothier.
Il 16 marzo scorso il Presidente Francese Macron ha affermato: “Siamo in guerra” anticipando una serrata simile a quella italiana. Anna Maria Testa – esperta in comunicazione – si ostina nel ripetere: “smettiamo di dire che è una guerra”. Chi ha ragione?
Da un lato, fare un confronto con le ultime guerre vissute a casa nostra mi pare un po’ esagerato. La situazione è molto diversa rispetto a 80 anni fa quando cadevano le bombe a casa nostra. Il nemico era molto meglio conosciuto e sapevamo veramente come combatterlo. La guerra tra umani ha secoli di esperienza e la risposta bellica è abbastanza preparata con eserciti di militari e armi pronte a rispondere al fuoco.
Oggi invece?
Oggi la situazione è molto diversa. Il nemico è invisibile e tutti noi possiamo diventare il suo “alleato” senza saperlo. Da qui la risposta delle autorità: è importante rimanere a casa per non dare un aiutino a questo virus nel diffondersi. Tra l’altro non è che questo virus ha una coscienza e si è svegliato una mattina decidendo di dichiarare la guerra all’umanità.
Con lui non possiamo negoziare un trattato di pace e stare ognuno per i fatti propri.
Però dottori, infermieri e volontari.
Da quest’altro punto di vista “c’è gente che sta veramente al fronte” e che sta mettendo a rischio la propria vita per salvare gli altri. In caso di guerra in teoria gli ospedali e gran parte del personale medico sta dietro le linee ma oggi i nostri operatori sanitari sono in trincea con un nemico che per il momento sembra invincibile. Loro stanno combattendo “sotto il fuoco nemico” cercando di salvare il più possibile la nostra gente a spesa della propria vita personale.
Le immagini che abbiamo visto nelle ultime settimane sono da brividi e ricordano scene di una guerra mondiale con per esempio “camion dell’esercito che fanno la fila per evacuare i corpi dei caduti”.
Anche sui social i richiami al coprifuoco e alla quarantena sono figli di un immaginario bellico che, anche se attualizzati ai giorni nostri, appaiono molto esagerati. Che ne pensi?
C’è una differenza tra coprifuoco e il divieto di uscire: il coprifuoco si riferisce soltanto alle ore notturne. Durante il Medioevo si chiedeva alla popolazione di coprire il focolare utilizzato per cucinare, per riscaldarsi affinché la sua potenza fosse ridotta e quindi abbassare il rischio di incendio. Nel corso dei secoli la definizione di coprifuoco si è evoluta: durante la Seconda Guerra Mondiale si chiedeva alla popolazione di spegnere le fonti di luce per non attirare l’attenzione dei bombardieri notturni. Il coprifuoco è utilizzato anche in situazioni di tensioni per evitare i raduni notturni quando ci sono periodi di rivolte e di rischi criminali.
Non è proprio la stessa situazione di oggi.
Oggi il rischio principale è di ammalarsi ed è lo stesso a mezzanotte che a mezzogiorno. La differenza è solo “che cavolo andate a fare in giro a mezzanotte? E anche a mezzogiorno?”.
C’è una grande differenza tra isolamento e quarantena. È richiesto di stare in isolamento per non essere contagiato. È quando il virus è fuoricasa! Invece, la quarantena è quando il virus è forse dentro casa! E si deve stare a casa per non diffonderlo. Sinceramente preferisco di gran lunga essere in isolamento che trovarmi in quarantena e vivere 14 giorni con una spada di Damocle sopra la testa… Voi, no?
Il tasso di mortalità è maggiore tra gli over 80, cioè tra chi ha vissuto direttamente l’ultima guerra mondiale. Hai raccolto le loro testimonianze, cosa ti ha colpito?
Purtroppo in questi giorni rischiamo di perdere la nostra memoria viva. I nostri nonni sono molto a rischio. Ho la fortuna di avere ancora due nonni in Francia che per fortuna si sono messi in isolamento prima delle decisioni annunciate dal presidente francese perché hanno capito subito che potevano essere sul bollettino quotidiano. Li ringrazio tantissimo per la loro lungimiranza e la loro comprensione del mondo e dell’attualità. Credo che grazie alla loro responsabilità li potrò riabbracciare presto.
Che ricordi ti hanno trasmesso?
Hanno conosciuto la Seconda Guerra Mondiale. Hanno avuto sempre scorta di cibo a casa. Mi ricordo sin da piccolo che quando i miei nonni sistemano la spesa a casa loro hanno delle particolari abitudini. Sugli scaffali si è sempre trovato tutto il minimo per sopravvivere qualche settimana: pasta, farina, pacchi di ogni genere, il congelatore sempre fornito. Quando la spesa arriva a casa, si sistema dietro gli altri prodotti per consumare prima quelli che hanno la scadenza più vicina. Addirittura riscrivono anche la scadenza in maniera più visibile direttamente sul pacco, così salta all’occhio subito e non scade niente. Hanno sempre un po’ di farmaci necessari in più. Che volete? Hanno vissuto la guerra, loro sanno cos’è la fame.
E poi 80 anni fa non bastava chiudere la porta per non fare entrare il nemico. La porta? Te la sfondava a colpi di stivali o di bombe….
Allora latte e olio, oggi lievito e farina. Generi alimentari introvabili per consumi e utilizzi diversi. Anche sul cibo l’analogia con l’esperienza bellica si può dire fuori luogo?
La gente è incredibile, in Italia sono diventati tutti pasticcieri a casa. Ma se avete fatto la scorta di farina non è che ve la dovete sparare tutta in tre giorni! Vedo sui social torte e pranzi che fanno impallidire qualunque domenica tradizionale con tutta la famiglia. Se la gente si spaventa della chiusura dei negozi, devono imparare cos’è il razionamento.
È necessario precisare che i negozi non stanno chiudendo, la produzione e il rifornimento sono sempre attivi. D’accordo, si deve fare un po’ più di spesa per evitare di andarci ogni giorno però è incredibile vedere come alcuni tipi di alimenti sono spariti della circolazione.
È interessante vedere cosa nel mondo è una necessità. In Italia, tutti hanno fatto la scorta di farina e lievito. I francesi hanno fatto a pugni, per una cassa d’acqua. In Germania, è finita la carta igienica.
Negli USA, c’era la fila davanti alle armerie…
Parliamo del rifugio di Piazza Pretoria. Nella scorsa edizione delle vie dei Tesori, tra l’altro, è stato uno dei luoghi più visitati soprattutto dai bambini.
Ogni anno, il rifugio sotto Piazza Pretoria fa parte dei luoghi che suscitano molto interesse. Ancora quest’anno ci sono state tantissime persone. La visita si è evoluta perché la mia esperienza si è evoluta. Il contenuto della visita è cambiato non solo grazie a delle nuove ricerche ma anche grazie a nuovi racconti di persone che mi hanno raccontato quello che hanno vissuto.
Nelle altre edizioni delle Vie dei Tesori avevamo deciso di fare una visita leggermente ridotta di quelle che si fanno durante il resto dell’anno. Però per questa edizione ho deciso di fare non fare una visita ridotta perché molta gente ritorna, a volte con bambini e anche i nonni e così hanno una visita diversa rispetto a quella che hanno già fatto precedentemente. Tra l’altro, anche se il filo logico è più o meno lo stesso il contenuto delle visite cambia da una visita all’altra: dipende molto dai visitatori che spesso partecipano anche loro con racconti personali o della loro famiglia.
Con Terradamare abbiamo sperimentato da quest’anno un tour che si chiama “Palermo Postbellica”. Dopo il successo del primo appuntamento dovevamo ripetere il tour in occasione della Via dei Librai il 26 aprile ma dobbiamo stare a casa.
E sarà da casa che vi prepareremo qualcosa…
“A centinaia correvano verso i rifugi sotto una incessante pioggia di bombe e vi restavano per delle giornate intere, ascoltando i boati delle esplosioni”. Wilfried Rothier
di Antonio Melita – EmmeReports