Oggi presentiamo Domenico Boscia, siciliano, scultore, ceramista e docente.
Il suo mondo artistico è rivolto alla ceramica: cosa c’è di attuale in un’arte così antica?
Ci sarebbe tantissimo da raccontare nella storia della ceramica, sulla produzione e il suo evolversi, ma solo una cosa non è mai cambiata: l’argilla. La sua lavorazione racconta di noi e si lega alla nostra storia, senza essere immutabile, soprattutto oggi, perché in un mondo globalizzato abbiamo ora a disposizione tante tipologie di argilla, che si possono anche comporre con materiali affini dando loro nuove caratteristiche e aprendo orizzonti mai visti.
Innovazione, tradizione ma soprattutto tecnica: ceramica come forma d’Arte contemporanea?
La parola arte con la A maiuscola deve essere intesa anche con un’accezione pratica, nel senso di abilità in un’attività produttiva, di capacità nel fare armonicamente e usare la tecnica in maniera adatta. Ritengo che chiunque segua questa strada debba continuamente mettersi in gioco e la committenza di ogni tempo deve sempre tener conto di tante variabili, ma fra queste sicuramente quella del sapere e del saper fare. Gli artisti di ieri erano intrinsecamente poliedrici: pittori, scultori, architetti e ricercatori.
Oggi invece sembra che ogni abilità tecnica sia un compartimento stagno, senza visioni allargate, senza capacità di guardare oltre e soprattutto senza quella malleabilità e duttilità che il mondo dell’arte espressamente richiede. Tutto invece dovrebbe diventare esperienza, ricchezza che si aggiunge, così come l’interazione con le persone, con la committenza: il parlare con loro, il cercare di capire quali possano essere le idee da sviluppare. Un artista necessita di tutto questo nella società contemporanea.
Le sue opere, oltre alla padronanza della tecnica e all’impronta personale, sono anche figlie della Sicilia intesa come territorio antropologico e naturale?
Certamente. Non posso prescindere dal legame con la tradizione che emerge dalla luminosità dei colori e dalla presenza di immagini ancestrali: i volti della terra, del mare e dell’aria. Attraverso i nostri occhi abbiamo la possibilità di vedere cosa ci è stato tramandato e come possiamo darne una chiave di lettura contemporanea e moderna. Viaggiando per il territorio siciliano si ha la fortuna di incontrare e confrontarsi con luoghi, storie, persone che sono un continuo riferimento al passato e ai miti del tempo. Sono paesaggi che stimolano ed accendono un immaginario oltre ogni realtà oggettiva.
Pensare ad una rappresentazione di opere pittoriche e soprattutto scultoree chiuse dentro quattro mura, diventa a mio parere riduttivo. Le opere devono potersi fondere con la realtà circostante diventandone un tutt’uno. Se andiamo a visitare i siti archeologici di cui la Sicilia è molto ricca, ci accorgiamo che tutto è un museo a cielo aperto. La stessa cosa avviene, anche se in chiave moderna, con le installazioni nella città di Gibellina grazie alle opere di Pietro Consagra, Alberto Burri, Mimmo Paladino e Sten Lex; oppure con le installazioni realizzate dalla Fondazione Fiumara d’Arte di Antonio Presti realizzate nella Valle dell’Haleso (Comuni di Tusa, Pettineo, Castel di Lucio, Motta d’Affermo e Mistretta) dove si è immersi fra le opere di Pietro Consagra, Paolo Schiavocampo, Antonio di Palma, Mauro Staccioli, Italo Lanfredini, e Tano Festa.
Può descrivermi la sua opera?
Come ho già detto l’arte della ceramica, proprio per la sua origine ancestrale, si è evoluta assieme all’uomo ma in questo millenario processo di trasformazione io creo una differenza, aggiungo elementi innovativi, come la pietra lavica, pezzi di vetro, oro zecchino e platino in fusione. Utilizzo i colori per la ceramica che sono ossidi minerali: il rosso intenso che si fonde con l’arancione e il giallo accecante che brilla nelle mie opere tra gli sprazzi d’azzurro e blu cobalto.
Questi colori sono un forte richiamo ai caldi tramonti siciliani, dove la luce predomina indiscutibile e diviene la storia della mia terra, in cui si muovono donne che sono sirene emerse dalla fantasia e avvolte dall’incanto. Uso temi surrealisti e metafisici, dove l’aspetto funzionale dell’opera viene superato dalla dimensione artistica, allontanandosi dalle classiche maioliche. Cerco nuove espressioni e spazi colorati, solari, che raggiungano l’identità col modellato, la pittura o il piano maiolicato. Gioco con le forme e nuovi rivestimenti, fatti di smalti, colori e cristalline, che dopo la fusione, fanno emergere animando le opere una materia lucente e immune dallo scorrere del tempo.
Lei è docente di design e crea ceramica d’arte. Quali sono le differenze?
Progettazione Design Ceramica è una disciplina che insegno dal 1999 al Liceo Artistico Regionale Ciro Michele Esposito di Santo Stefano di Camastra e, per rispondere alla sua domanda, comincio citando un designer, Bruno Munari, che scrisse: ‘Il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali’. Sono infatti diverse le caratteristiche che distinguono il design dall’arte: l’artista con le sue opere dà espressione alle proprie qualità individuali per ottenere qualcosa di bello che ha tutto il diritto di essere inutile.
Un designer ha un’urgenza a cui rispondere: non si limita all’immaginazione in sé stessa o all’espressione arbitraria del gusto personale, ma si attiene a una serie di parametri che devono far risultare il prodotto adeguato alle esigenze dei consumatori. Normalmente l’artista non necessita di un metodo progettuale: concepisce le sue opere usando tecniche classiche o comunque già sperimentate, tecniche che gli sono familiari e con le quali riesce a esprimersi secondo il proprio gusto. Il designer, invece, deve avere un metodo che gli consenta di realizzare il suo progetto con la materia giusta, le tecniche adatte e nella forma corrispondente alla funzione; l’oggetto prodotto non presenta solo qualità estetiche ma tutte le componenti, compresa quella economica, sono considerate allo stesso livello.
L’arte è soggettiva, manda un messaggio diverso a ciascuno, si presta a interpretazione. Il design è oggettivo, manda lo stesso messaggio a tutti, si preoccupa che il pubblico capisca il prodotto e lo sappia utilizzare. Un’opera d’arte conserva l’unicità che la contraddistingue; un oggetto di design, invece, non esiste in originale ma nelle sue copie, deve poter essere riprodotto in modo identico su vasta scala e in tempi adeguati al mercato.
Per concludere mi racconta come è nata la sua passione per l’arte?
Sin da quando ero piccolo e anche grazie alla mia maestra elementare Antonietta Ruggeri di Letojanni, ho scoperto l’amore verso il disegno. Poi, mentre frequentavo le medie ed ero tornato a vivere nel paese natale a Motta d’Affermo, durante le vacanze estive andavo ogni giorno a Santo Stefano di Camastra nella Bottega di Antonino Fratantoni e figli, e successivamente alla Desuir dei fratelli Pino ed Emanuele Esposito. Le mie vacanze estive fino al diploma le ho vissute dentro questi laboratori e lì ho iniziato a vivere nel meraviglioso mondo della ceramica artistica.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports