Mario Minarda, dottore di ricerca in Italianistica e cultore di Letteratura Italiana presso l’Università di Palermo. Insegnante di ruolo di discipline letterarie e latino presso il liceo “F. Scaduto” di Bagheria.
“In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l’idea s’ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome”. (Alessandro Manzoni – I Promessi Sposi)
La credenza di una peste creata intenzionalmente, la sottovalutazione iniziale del Governatore e i malvagi dal fioco zelo di carità. Siamo nel 2020 o nel celebre romanzo del Manzoni?
Lo scenario è certamente apocalittico e in questi mesi anche sui social la gente si è sbizzarrita con le citazioni letterarie. Alessandro Manzoni è stato tra i più citati; anche se si potrebbe fare un excursus sin dal mondo antico con Lucrezio, fino ad Albert Camus passando da José Saramago con il suo romanzo “Cecità”. Bisogna però dire che rispetto alla finzione letteraria, la realtà attuale è più drastica e dolorosa. In Manzoni comunque consideriamo la peste – e forse anche in Boccaccio – come un ostacolo da cui uscire rinforzati dal punto di vista morale.
Il cardinale Federico Borromeo, uomo dalla grande conoscenza teologica che ha impiegato tutti i vantaggi d’una condizione privilegiata nella ricerca e nell’esercizio del meglio: quindi una figura più vicina a Ratzinger che a Papa Francesco?
Il Cardinale Federico Borromeo è una figura a metà strada tra Papa Francesco e Ratzinger. Credo che Manzoni nel ritrarre questo personaggio abbia voluto in realtà costruire una figura “equilibrata”: una prima parte edificante e l’altra leggermente piena di tutti i vizi del proprio secolo. Ad esempio, nel capitolo 22 de “I Promessi Sposi” troviamo questa digressione sulla vita del Cardinale vicino al popolo e agli umili con uno stile di vita frugale simile a quello di Papa Francesco, ma anche legato alla Biblioteca Ambrosiana e quindi alla cultura della teologia e a quell’erudizione tipica seicentesca.
Ritorniamo agli untori. Cinquecento “scuti” erano la ricompensa per chi “metteva in chiaro” le persone che avevano favorito la diffusione della peste; oggi, la ricompensa sembrerebbe passare per i social dove è corsa alla delazione al giustizionalismso sommario. Che idea ti sei fatto?
La caccia alle streghe, la caccia agli untori e il ricorso al giustizionalismo sono tutti temi che ritornano ad ondate nella nostra distopica realtà e non c’è bisogno di ricorrere alla letteratura perché, purtroppo, sono storia ordinaria di tutti i giorni.
A volte si esagera, soprattutto sui social, ad additare il nemico di turno che spesso sono le persone più deboli, gli indigenti che non hanno, ad esempio, una casa dove stare o persone che sono costrette ad uscire per lavoro per cui, loro malgrado “untori forzati”. In questo momento, credo che stia proprio mancando l’attenzione verso i più deboli, verso i “sommersi”.
Passiamo al Boccaccio. Il suo Decamerone parte proprio da una condizione di autoisolamento dei protagonisti: la quarantena non è quindi una idea malsana e antidemocratica.
Il Boccaccio è un autore che spesso ho trattato in classe, uno di quelli che attraggono i ragazzi e le nuove generazioni. La “quarantena” proposta dai giovani della “brigata” è un esercizio di estrema razionalità ed un gesto di eleganza. Siamo in pieno oscurantismo medievale dove dominano mercanti, spilorci e affaristi spregiudicati. In un tempo dove la superstizione la fa da padrone, c’è anche spazio per essere razionali e la letteratura, si può dire, “salva il mondo”.
Il messaggio è che: ci si può per un attimo astrarre in maniera intelligente, ci si può appartare per un altro mondo che è veramente possibile.
Con il passare dei giorni, si fa corpo l’idea che quest’anno scolastico sia definitivamente terminato. Magari non si perderà l’anno, ma cosa avranno perso i tuoi studenti?
Non prendiamoci in giro, gli studenti stanno perdendo e anche tanto. L’anno, a livello contenutistico, si è ormai concluso il 9 marzo. Ovviamente per una questione morale, prima che professionale, noi insegnanti dobbiamo stare il più possibile vicino ai ragazzi. La lezione a distanza è un surrogato, non può avere quella valenza piena che solo il reciproco ascolto, gli sguardi ed i gesti in classe hanno.
Tutto questo sicuramente manca.
Consigliaci un libro per poter superare questo momento e per trovare lati positivi di una vicenda che sembrerebbe non averne.
Uno solo? Ne consiglio due: “Insegnanti” (il più e il meglio) di Roberto Contu e “Nottetempo, casa per casa” di Vincenzo Consolo.
Il primo è un diario che ripercorre i 17 anni di attività scolastica dell’autore, una narrazione di quello che resta “il mestiere più bello del mondo”. Il secondo libro, Premio Strega 1992, ci narra di come la fiaccola della letteratura e della politica possa essere un modo per uscire dalla barbarie. Ambientato negli anni oscuri del fascismo, ci lascia un esito di speranza: “ad ogni buio, seppure nelle difficoltà, corrisponde una luce”.
di Antonio Melita – EmmeReports