“A te la Malapasqua”, maledizione lanciata da Santuzza a Turiddu nell’opera Cavalleria Rusticana è una frase che calza a pennello in un’altra occasione: il pranzo di Pasqua. Un tacito e involontario malaugurio, infatti, potrebbe essere diretto al padrone di casa il cui ospite si presenti al pranzo con un dolce diverso dalla cassata siciliana. È un rischio quasi nullo, però, poiché non vi è Pasqua senza Cassata anche perché “Tintu è c’un mancia cassata a matina ri Pasqua”, ovvero cattivo (spesso anche definito povero) chi non mangia cassata la mattina di Pasqua. Sulle origini della Cassata vi sono, come spesso accade, fonti discordanti.
Della Cassata, superba sia dal punto di vista esteriore che nel gusto, esistono tracce molto antiche, così come rinvenuto a Oplontis, in cui è stato ritrovato un affresco raffigurante un triclinio e un dolce molto simile alla Cassata, ma già nella Magna Grecia sembra vi sia traccia di un dolce preparato con formaggio con l’aggiunta di miele. La prima definizione di ”Cassata”, secondo alcuni scritti, la si trova nel “Declarus” di Angelo Senisio, Abate del Monastero di S. Martino delle Scale (PA), descritta come “Cibus ex pasta panis et caseus compositum” (cibo composto da pasta di pane e formaggio) che diveniva dolce zuccherando sia il formaggio che la pasta. Sebbene la Cassata si faccia risalire agli arabi, sembra che la vera paternità sia da attribuire al Cavaliere Salvatore Gulì che, nel 1873 circa, portò all’esposizione di Vienna questo dolce preparato nella sua rinomata pasticceria sita in Corso Vittorio Emanuele a Palermo.
Per quanto riguarda invece l’origine araba, si pensa che il nome Cassata derivi da qas’at (o quas’at), il recipiente tondo e profondo in cui veniva mescolato il formaggio con lo zucchero o miele e che dava poi la forma al dolce finito, composto da un esterno in pastafrolla, il tutto cotto al forno. Quest’ultima è di preparazione più semplice e dall’estetica meno elaborata rispetto a quella sontuosa della Cassata come oggi la si conosce, tramandataci dal Cavaliere Gulì.
La pastafrolla infatti, nel corso del tempo, venne sostituita da quadratini di Pan di Spagna che si alterna a quelli di pasta reale, quest’ultima preparata con farina di mandorle. Particolare rilievo, in occasione dell’esposizione di Vienna, venne data alla guarnizione esterna fatta con frutta candita e zuccata, prodotto della lunga e particolare lavorazione della zucca, detta cucurbitacea e dagli autoctoni “cucuzza”. Probabilmente le ricche decorazioni della Cassata, riprendono lo stile barocco dell’epoca e fu proprio grazie alla rinomata pasticceria di Salvatore Gulì che, anche dopo la sua dipartita, il dolce più rappresentativo dell’Isola raggiunse le case Reali di quasi tutta l’Europa. Ancora oggi la Cassata è un tripudio per gli occhi e delizia del palato poiché in ogni fetta si fonde il gusto voluttuoso e corposo della ricotta, arricchita di gocce di cioccolato, zuccata, del Pan di Spagna o della Pasta Reale, il tutto ricoperto da una dolce velatura.
È una sorta di roulette russa l’attesa della porzione di dolce che verrà posta sul piatto e ognuno spera, a seconda della propria preferenza, di ricevere la fetta “giusta”. Da qui inizia, se non si è stati fortunati, una sorta di baratto del “pezzo di Cassata” che può riassumersi nella seguente frase: “se ti cedo il mio con il Pan di Spagna, mi cederesti il tuo con la Pasta Reale?”. Purtroppo questo scambio non sempre va a buon fine, poiché la Pasta Reale è ambitissima e il fortunato possessore non la cede nemmeno sotto tortura e da ciò hanno origine dissapori familiari e incrinature di amicizie datate. Se non dividono le incomprensioni, la Cassata invece ci riesce. Ma, scherzi a parte, la Cassata rappresenta l’orgoglio della pasticceria siciliana e il fiore all’occhiello di una regione meravigliosa già particolare a partire dalla sua unica e inconfondibile forma.
INGREDIENTI:
400 gr Pasta Reale (altrimenti detta marzapane)
3 dischi di Pan di Spagna già pronto o da preparare secondo la ricetta classica
500 gr di ricotta di pecora freschissima
300 grammi di zucchero
50 grammi di zuccata a piccoli cubetti
50 grammi di cioccolato fondente a scaglie o gocce
150 gr zucchero a velo per la glassa
mezzo bicchiere di rum
1 cucchiaino di zucchero
½ bicchiere d’acqua
frutta candita per le decorazioni
Stampo per cassata
PROCEDIMENTO:
Fate sgocciolare la ricotta per eliminare il siero. Quando sarà piuttosto asciutta, aggiungere lo zucchero, mescolare e fare riposare per circa un’ora in frigo, dopodichè
setacciare e aggiungere la zuccata e il cioccolato. Stendere e tagliare la Pasta Reale in piccoli rettangoli o quadrati. Prendere il pan di Spagna e dividerlo in 3 dischi. Uno andrà sul fondo dello stampo dalla particolare forma con i bordi che si allargano dalla base in su. Sciogliere il cucchiaino di zucchero nel ½ bicchiere d’acqua, aggiungere il rum e inumidire appena tutto il Pan di Spagna. Prendere il secondo disco e tagliarlo come precedentemente fatto con la Pasta Reale (rettangoli o quadratini), posizionarli sul bordo dello stampo alternandoli e, infine, versare la crema di ricotta. Coprire il tutto con l’ultimo disco di Pan di Spagna. Lasciare riposare per un’ora circa e dopo avere tolto il dolce dal frigo, capovolgerlo su un piatto o vassoio rotondo. Preparare la glassa con 150 grammi di zucchero a velo da fare sciogliere, a fuoco medio, in poca acqua fino a che non risulti filante e trasparente. Versarla ancora calda sulla cassata e spalmare bene sui i bordi con una spatola, uniformando la copertura. Fare raffreddare e decorare a piacimento con la frutta candita e la zuccata.
Di Monica Militello Mirto – EmmeReports