Il Reparto Mobile della Polizia di Stato opera su tutto il territorio italiano per garantire l’ordine pubblico, la sicurezza dei cittadini durante le manifestazioni di piazza o sportive ed è in prima linea nelle grandi emergenze nazionali. Per essere assegnati al Reparto Mobile è necessario prima diventare un poliziotto attraverso un concorso pubblico e frequentare il corso di formazione per Allievi Agenti della Polizia di Stato presso uno degli otto centri dislocati in Italia. Al termine del corso è possibile essere assegnati come prima nomina presso il Reparto Mobile, ma per diventare degli operatori sono importanti l’anzianità di sede e di servizio.
“Il nostro lavoro richiede una formazione specifica e una grande preparazione fisica e mentale”, ha spiegato Antonino C., un Ispettore del XI Reparto Mobile di Palermo. “Una volta assegnati al Reparto, veniamo sottoposti a un addestramento fisico, tattico, di gestione dello stress, delle situazioni ad alto rischio e delle folle e tecniche di combattimento. Questo mira a preparare il personale ad affrontare situazioni di emergenza e ad intervenire in modo efficace e sicuro in situazioni di criticità”.
L’Ispettore Maurizio F. è responsabile di Squadra Operativa del XI Reparto Mobile di Palermo, come Capo Contingente coordina le Squadre comandate ad intervenire contemporaneamente in determinate circostanze di Ordine Pubblico: “Dove la dialettica o il buon senso non funzionano entra in gioco la Squadra. Per tale motivo sono necessari equilibrio interiore, gestione dello stress, capacità di relazione e intesa con i colleghi del team e, non ultima, la prestanza fisica determinata da esercizio, alimentazione, vita sana, tipica di uno sportivo. Propedeutici sono i ciclici addestramenti mirati ai movimenti di squadra, perché ogni singolo operatore è necessario nel suo ruolo. Basti solo pensare al risultato se, durante un incontro di calcio, il difensore lasciasse il suo ruolo per fare goal o se il portiere smettesse di parare per andare in attacco!”.
Scelte di vita
Era un bambino quando l’Ispettore Antonino C., dal balcone della sua casa che si affacciava all’interno della caserma di Polizia di Palermo, guardava tutte quelle persone, macchine e mezzi colorati, che gli trasmettevano un certo senso di ammirazione e profonda passione. Così, all’età di diciotto anni, in prossimità della chiamata al servizio di leva, fece domanda e si arruolò nella Polizia di Stato all’insaputa perfino dei suoi genitori: “La mia scelta del Reparto Mobile è maturata dopo circa venti anni di servizio su strada, dapprima per un senso di stanchezza e voglia di cambiare aria e poi per un maggior guadagno economico. Ho scoperto un ambiente e una tipologia di lavoro che va oltre l’aspetto economico e che invece proietta la persona in un ambiente di aggregazione, fratellanza e altruismo”.
L’Assistente Capo Daniela P. ha avuto un nonno e un papà che hanno prestato servizio nell’Arma dei Carabinieri, per cui la scelta per lei è stata quasi ovvia. Nel 1993 non c’erano ancora le donne nei CC, quindi ha optato per la Polizia di Stato: “Ho lavorato per tanti anni al Reparto Prevenzione Crimine e a un certo punto ho avvertito l’esigenza di cambiare tipologia di lavoro, il Reparto Mobile è l’unico che ho valutato, perché mi piace essere operativa, non amo il lavoro d’ufficio e non mi ha mai spaventato rimettermi in gioco dopo tanti anni”.
Seguire le regole. Essere sbirri
“Seguire le regole è l’unica cosa che ci distingue dagli animali”, ha affermato l’Ispettore Maurizio F. spiegando che il lavoro delle donne e degli uomini appartenenti alla Polizia di Stato consente di essere dentro la storia di un popolo e di offrire con il massimo del proprio impegno, soluzioni o regolamentazioni a chi le ha smarrite o a chi sono state tolte. “Aiutare il prossimo aiuta se stessi e quindi una società. Non basta cercare di rendersi utile, ma serve riflettere su come lo si possa fare al meglio. Per questo la Polizia di Stato consente attraverso le competenze di potersi formare e crescere professionalmente anche in misura delle proprie aspettative o attitudini”.
L’Ispettore Maurizio F. ha prestato servizio presso l’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico – Volanti, dove ha imparato il lavoro del Poliziotto di strada, a conoscere il territorio, chi lo vive, come agisce e come si evolve: “Attraverso questa attività ho avuto modo di salvare aspiranti suicidi, vittime di incidenti stradali, trasportare plasma o organi in tempi brevi, bloccare individui dal comportamento antisociale e più semplicemente solo confortato, parlato, sorriso o pianto con chi ne avesse bisogno”.
Diventato un investigatore, prima alla Sezione Antirapina – Estorsione e Usura e poi alla Sezione Antidroga della Squadra Mobile di Palermo, l’Ispettore Maurizio F. ha lavorato con altri organismi esteri contribuendo alla disarticolazione di sodalizi e associazioni criminali. Durante il percorso di Polizia Giudiziaria, nasce in lui l’attenzione per la gestione dell’Ordine Pubblico dove cresce professionalmente e gli consente di “scoprire qualità tipiche dell’elefante costretto a muoversi in una cristalleria, una metafora che spiega il modo come un operatore di reparto debba muoversi cercando di imprimere autorevolezza e determinazione, ma senza far cadere elementi contenuti nel teatro operativo”.
“Cerco sempre di trasmettere amore e attaccamento per questa professione”, tiene a dire l’Ispettore Maurizio F. Per il veterano del Reparto Mobile di Palermo, il lavoro fatto bene, la dignità professionale attraverso l’esempio, la preparazione e la continua voglia di crescere sono stimoli per continuare a svolgere un lavoro, quello di “sbirro” del Reparto Mobile, spesso odiato da chi non indossa la divisa.
Il turno. La fratellanza. La famiglia
“Una volta indossata la tuta da Operatore di Polizia, raggiungo il resto della squadra per prepararci a uscire”, ha spiegato l’Ispettore Antonino C. “Secondo la tipologia del servizio si fa un briefing per spiegare quello che ci aspetta e come meglio svolgere i nostri compiti. Dopo un caffè al bar della caserma si sale a bordo del mezzo per andare in piazza. Lì è tutto un punto interrogativo. Se tutto va bene all’orario si smonta e si torna a casa altrimenti si resta lì, in piedi, con un panino nello stomaco, se si è riusciti ad avere il tempo di comprarlo, finché tutto non finisce e sei messo in libertà. Durante la strada di ritorno rifletti su tutto quello che è successo e che è stato fatto, parlandone con gli altri. Una volta rientrati in caserma ci si saluta con la solita frase ‘ciao fratello. Alla prossima’ e si torna dalla propria famiglia”.
L’Ispettore Maurizio F. è un Capo Squadra, un padre di famiglia, un riferimento, un esempio, un modello da seguire che deve trasmettere serenità e armonia. Durante un turno di servizio verifica che il personale sia in grado di lavorare e che abbia raccolto a pieno i compiti assegnati, perché ogni singolo ruolo costituisce parte integrante per lo svolgimento della missione.“I colleghi bisogna conoscerli, valorizzarli in misura delle loro peculiarità seppur riconoscendone i limiti soggettivi. Un buon team per funzionare deve essere concentrato. Fortunatamente in linea di massima ci conosciamo bene ed è facile stabilire una linea di comune coesione”.
“Il nostro lavoro è per lo più concentrato su servizi legati all’immigrazione clandestina (sbarchi, accoglienza, scorta e trasferimenti migranti) anche se non mancano di certo le manifestazioni di piazza”, ha detto l’Assistente Capo Daniela P. “Prima di iniziare qualsiasi tipo di servizio ogni operatore ha con sé la propria sacca di equipaggiamento in dotazione personale contenente le varie protezioni, più UBOTT e sfollagente, in armeria gli viene consegnato il materiale in base all’anzianità di servizio”.
Le tecniche di ingaggio
I Reparti Mobili della Polizia di Stato sono intervenuti in alcuni degli eventi più drammatici della storia recente dell’Italia, come l’alluvione di Firenze, la valanga di fango e acqua che in Campania travolse i paesi di Sarno, Siano, Quindici e Bracigliano e durante il terremoto che ha distrutto la città di L’Aquila. In tutti questi casi sono stati impiegati per il soccorso, per contrastare lo sciacallaggio e per impedire ulteriori danni alle persone coinvolte nei tragici eventi. Attualmente ci sono 15 Reparti Mobili e sono dislocati nelle città di Roma, Torino, Firenze, Reggio Calabria, Milano, Genova, Napoli, Palermo, Catania, Bologna, Padova, Cagliari Senigallia Bari e Taranto.
Durante una manifestazione la cornice di sicurezza della Polizia di Stato è garantita schierando strategicamente i reparti mobili in diversi punti della piazza per creare una barriera fisica e impedire l’accesso non autorizzato e il raggiungimento di siti protetti.
“Noi operatori del Reparto Mobile veniamo predisposti lungo le strade alle quali viene inibito l’accesso ai manifestanti e dobbiamo essere pronti a intervenire con il materiale in dotazione per un eventuale respingimento”, ha spiegato l’Assistente Capo Daniela P. “Purtroppo, ultimamente, dopo gli ultimi fatti ben noti alla cronaca, a noi Operatori è quasi vietato di farci vedere in tenuta antisommossa e tassativamente vietato fare solo vedere lo sfollagente, mi è successo personalmente in più di una occasione”.
“Durante un evento sono costantemente monitorate le dinamiche della folla e, in caso di necessità, sono adottate misure di escalation o di disperdimento della stessa, con l’uso di gas lacrimogeni o idranti”, ha aggiunto l’Ispettore Antonino C. “In alcuni casi sono adottate delle misure estreme come la carica di Polizia dove, una volta a contatto con i manifestanti, l’uso degli scudi e degli sfollagente, diventa l’unico modo per dissuadere i manifestanti dal continuare nella loro azione. In questa fase la prima cosa che si cerca di fare è quella di respingerli indietro con l’uso degli scudi. ‘Extrema ratio’ è l’uso dello sfollagente cercando di colpire le gambe”.
Manifestare è un diritto costituzionalmente garantito, pertanto è compito dell’Autorità di Pubblica Sicurezza regolarne e garantirne il suo svolgimento. Posto che una manifestazione sia legittimamente autorizzata, la gestione pratica, in ossequio all’Ordinanza emanata dal Questore, spetta all’Ufficiale di P.S. che dirige l’impiego dei reparti. Attraverso una serie di comunicazioni di concerto con il Capo Squadra si applicano una serie di tecniche previste a regolare le circostanze.
“In un teatro operativo le cariche, mirate a contrastare la violenza verso persone o cose, hanno la finalità di disperdere e allontanare attraverso canali di fuga i riottosi allo scopo di contenere o limitare conseguenze ulteriori”, ha spiegato l’Ispettore Maurizio F. “L’intervento di un Reparto nella sua extrema ratio deve nel più breve tempo possibile ripristinare l’ordine perso. Spesso siamo esposti a situazioni di pericolo dove chiunque per istinto fuggirebbe, come roghi, lancio di molotov o di pietre. Dobbiamo restare incolumi e usare metodi meno afflittivi al fine di limitarne le conseguenze”.
Le emozioni provate dagli Operatori di Polizia durante uno scontro in piazza sono molteplici e dipendono da diversi fattori. Per l’Ispettore Antonino C. “in generale si prova paura per la propria incolumità e per quella dei colleghi, ansia per la gestione della situazione e per la possibile escalation della violenza, frustrazione per la mancanza di controllo sulla situazione e sulla reazione delle persone coinvolte, rabbia nei confronti di chi sta provocando disturbo e turbamento dell’ordine pubblico. Allo stesso tempo si prova un senso di dovere e di responsabilità nel proteggere e garantire la sicurezza dei cittadini e dell’ambiente circostante”. Per l’Ispettore Maurizio F. saper gestire lo stress, essere consapevoli di avere buoni operatori e la necessità di pensare in poco spazio le giuste tecniche o azioni da perseguire, non permettono spazio alle emozioni. “Restiamo concentrati e pensiamo solo al da farsi, è un po’ come di chi affronta la prima discesa delle montagne russe, ma ormai ci sei e vai”.
Proteggere i colleghi a rischio di essere accusati di abuso di potere
Gli Operatori del Reparto Mobile devono essere pronti a intervenire in qualsiasi momento, 24 ore su 24, sette giorni su sette. Dunque devono essere in grado di affrontare situazioni di emergenza e pericolo in modo rapido ed efficace, gestire situazioni ad alta tensione e potenzialmente pericolose, mantenere la propria sicurezza e quella dei colleghi durante interventi ad alto rischio. Per l’Ispettore Antonino C. i timori più comuni, sono quellidi “essere feriti durante un intervento, non essere in grado di proteggere sé stessi o i propri colleghi, non essere in grado di gestire situazioni in modo efficace e, non ultimo, essere accusati di abuso di potere”.
Per l’Ispettore Maurizio F. i rischi del mestiere sono messi in conto, si è consci che la caratteristica di questo Reparto è di trovarsi spesso particolarmente esposti: “Intervenire per delle violente risse, circostanze assolutamente fuori controllo, anche nella possibilità di individuare eventuali armi da taglio o insidie di vario genere è un particolare ordine poco piacevole da ricevere e trasmettere. Fortunatamente la preparazione e la formazione limita fortemente lo scarto di errori”. Per l’Assistente Capo Daniela P. “I timori sono quelli di essere esposta all’aggressività di alcuni manifestanti che non hanno alcuna remora a provocare e aggredire in maniera violenta le forze dell’ordine e non avere la possibilità di proteggere né me né gli altri compagni di squadra”.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports