Sono trascorsi dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013 in cui morirono in mare 368 migranti. Per ricordare quella tragedia è stata istituita la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Da allora si punta il dito contro l’Italia, nonostante sia sempre in prima linea nel Search and Rescue e nell’accoglienza dei migranti. Il 18 ottobre 2013, al fine di fronteggiare lo stato di emergenza nello Stretto di Sicilia, il Governo Italiano dispose il rafforzamento delle attività correlate con il controllo dei flussi migratori, attivando l’Operazione Mare Nostrum. Questa missione potenziò un dispositivo già esistente e impegnato nell’Operazione Constant Vigilance (OCV), iniziata nel 2004.
Noi di EmmeReports vogliamo rendere omaggio alle vittime di tutti i naufragi, ma anche a coloro che hanno vigilato nel Mediterraneo e che continuano a farlo, di giorno e di notte, con il mare calmo o con le onde che inghiottono le prue delle navi. Quello che segue è un nostro reportage realizzato a bordo di Nave San Giusto durante l’Operazione Mare Nostrum nel 2014.
A bordo
Febbraio 2014, ci troviamo a bordo di Nave San Giusto, in navigazione nel Mar Mediterraneo. Sono passati diversi giorni da quando abbiamo mollato gli ormeggi dal porto di Augusta. Il mare è piuttosto irrequieto. In plancia ci dicono che abbiamo toccato mare forza 7! Con queste condimeteo è quasi impossibile che qualche imbarcazione possa prendere il mare. L’equipaggio continua a svolgere le proprie funzioni e ad addestrarsi in vista di un eventuale evento SAR. La COC (Centrale Operativa di Combattimento) continua la ricerca di eventuali obiettivi che, a causa del maltempo, sembrano non arrivare mai.
Force Protection
Nei giorni seguenti arriva una segnalazione di avvistamento di una possibile imbarcazione con alcune persone a bordo. Dopo vari giorni di mare abbiamo un obiettivo. La Brigata Marina San Marco è pronta per un eventuale boarding sull’unità sospetta. Il plotone Force Protection è composto da tre team da nove persone, più un Nucleo Comando di quattro persone, per un totale di 31 elementi. Ci sono poi gli altri assetti che lavorano congiuntamente con il plotone Force Protection, in particolare un nucleo di circa 10 persone che gestiscono i mezzi da sbarco. Fanno parte, appunto, del Gruppo Mezzi da Sbarco della Brigata Marina San Marco e sono deputati a gestire e manutenere tutti i natanti impegnati in operazioni in mare quali ad esempio la GIS che è un’imbarcazione studiata per l’impiego nelle operazioni anfibie per il trasporto truppe e mezzi con grandi capacità di carico, quindi facilmente adattabile anche alle operazioni di recupero migranti ed i battelli veloci tipo ARIMAR 9.20m caratterizzati una grande flessibilità di impiego, in modo da poter soccorrere nel minor tempo possibile i natanti in difficoltà, anche a distanze ragguardevoli rispetto alla nave a cui giunge la richiesta di soccorso accorciando notevolmente i tempi che potrebbero essere di vitale importanza.
“Garantiamo il primo soccorso in mare e la gestione dei migranti, dal momento in cui vengono recuperati sino al momento in cui vengono sbarcati e consegnati alle autorità competenti. Siamo già intervenuti molte volte, salvando circa 1500 persone in poco più di 20 giorni, anche grazie alle altre Unità della M.M. inquadrate nell’Operazione Mare Nostrum. Negli ultimi interventi, grazie alla professionalità ed alla determinazione degli uomini della BMSM, siamo riusciti a portare in salvo persone che stavano tentando di effettuare la traversata verso il nostro Paese con imbarcazioni fatiscenti e con onde alte circa 3 metri con probabilità quasi nulle di giungere sani e salvi sulla terraferma”.
Il braccio lungo della nave
Lo scenario è operativo, non c’è un copione scritto, tutto può cambiare ed essere smentito da un momento all’altro. L’obiettivo seguito e monitorato risulta essere effettivamente un peschereccio che non presenta nessuna minaccia e che non necessita di ulteriori indagini. L’elicottero a bordo del San Giusto permette di estendere il raggio di scoperta dell’unità navale e di poter localizzare le imbarcazioni in difficoltà attivando una serie di predisposizioni per evitare il peggio. Un braccio lungo della nave che, all’occorrenza, possa servire anche come strumento di deterrenza.
“La missione comincia con un accurata pianificazione ed un esaustivo briefing condotto in COC, che tratta tutti gli aspetti inerenti la missione, quali, ad esempio, la situazione dei contatti di superficie presenti nell’area assegnata, eventuali informative su possibili partenze di imbarcazioni con migranti a bordo, in modo da focalizzare la ricerca nell’area di probabile attraversamento, informazioni di coordinamento con altri assetti aerei e navali, finalizzate all’ottimizzazione della ricerca e dell’impiego dei mezzi, rotta prevista ed intenzioni della Mamma (così chiamiamo in gergo l’Unità Navale dalla quale operiamo) pianificando un rendez-vous per il rientro dalla missione, aggiornamento delle condizioni meteorologiche in zona”, ci spiega il Capitano di Fregata Pilota Sebastiano Lo Re, Comandante della Sezelicot imbarcata su Nave San Giusto al momento del nostro reportage nel febbraio 2014.
“Dopo il briefing, si indossa l’equipaggiamento e si eseguono i controlli pre-volo all’elicottero. Qui inizia la missione vera e propria. Dopo il decollo si esegue quanto pianificato in sede di briefing, utilizzando tutti i sensori a disposizione per ottenere una chiara situazione di superficie, identificando otticamente le imbarcazioni che, per rotta, dimensioni ed altre caratteristiche peculiari, potrebbero essere adibite al trasporto di migranti o impegnate in altre attività illegali. Durante tutta la missione viene mantenuto il collegamento via radio con la nave, fornendo continui aggiornamenti sulla situazione in atto. Dopo aver bonificato l’area assegnata, dirigiamo per il rientro a bordo. Qualora nel pattugliamento dovessimo imbatterci in imbarcazioni in difficoltà con migranti a bordo, procediamo ad attivare la catena S.A.R. e prestiamo il primo soccorso in attesa dell’arrivo in zona di Unità Navali, fornendo salvagenti individuali, mettendo in mare battelloni autogonfiabili. In base alla gravità della situazione, potrebbe anche essere necessario recuperare a bordo dell’elicottero dei migranti caduti in mare ed in imminente pericolo di vita”.
Controllo Flussi Migratori
L’azione reale non tarda ad arrivare. Quando le condizioni del mare sembrano tornare alla normalità arriva una nuova segnalazione. Si tratta di un singolo gommone con circa 100 persone a bordo. La nave più vicina, il pattugliatore Libra, si porta sul posto per prestare soccorso. A bordo del San Giusto riecheggia il previsto allarme SAR. La nave è pronta ad assumere il ruolo di CFM (Controllo Flussi Migratori). Il personale della Marina Militare insieme al team della Polizia di Stato presente a bordo si prepara ad accogliere i primi naufraghi. Iniziano le operazioni di bacino, tutti al proprio posto, i mezzi da sbarco con i team della Brigata Marina San Marco a bordo escono dal ventre della nave e raggiungono la zona di rendez-vous per iniziare il trasbordo dei migranti soccorsi da Nave Libra e portarli sulla nave ammiraglia dell’operazione.
Durante il nostro imbarco la Polizia di Stato ha foto segnalato, rilevato le impronte digitali e identificato oltre 800 persone, quasi tutte provenienti dall’Africa Sub-Sahariana e dalla Siria. Notevole e degno di essere evidenziata la capacità dei poliziotti imbarcati di dialogare con i migranti e di carpire loro informazioni utili. Le indagini svolte a bordo condotte con il concorso dei mediatori culturali, della scientifica e della task force immigrazione hanno portato, durante il nostro imbarco, all’individuazione di uno scafista.
Ma, come ci viene detto a bordo da gente che ha più esperienza di noi, di solito quando c’è un barcone in mare, ce ne sono anche degli altri. E infatti è così. Il giorno seguente è un susseguirsi di allarmi SAR. Il mare è calmo, le condizioni meteo sono ottime e gli elicotteri del dispositivo aeronavale dell’Operazione Mare Nostrum individuano subito dei barconi carichi di migranti a sud di Lampedusa.
L’eccessivo numero di persone a bordo rischia di far affondare le già precarie imbarcazioni, nonostante il mare sembra essere dalla loro parte. Bisogna intervenire subito. Immediatamente le unità navali della Marina Militare, tra cui Nave San Giusto, si dirigono sul posto per soccorrerli. Nuovamente e alacremente i mezzi da sbarco escono dalla nave per iniziare il trasbordo. Quando tornano alla nave, assistiamo di nuovo alle stesse scene del giorno prima, aggravate dalla presenza, questa volta, di donne e bambini. Accompagnati dalle madri e dal personale della Marina Militare, ci passano davanti e leggiamo nelle loro espressioni paura e spaesatezza.
L’empatia italiana
Nave San Giusto durante il nostro imbarco, durato 12 giorni, ha ospitato 817 migranti, li ha assistiti, fornendo loro acqua, cibo e cure sanitarie. Nella quasi dantesca scena che si presentava ogni qualvolta si scendeva nel ponte garage adibito a ricovero dei migranti e davanti alla moltitudine di anime presenti, le donne e gli uomini della Marina Militare sono riusciti a strappare più di un sorriso tra i presenti. Anche quando hanno distribuito i giocattoli ai bambini africani e siriani, regalandogli per qualche minuto, un momento di normalità e allegria.
“Vederli arrivare a bordo bagnati, infreddoliti e stremati ha avuto su di noi un impatto emotivo importante”, ci racconta l’STV Medico Tiziana Manisco, “Vederli sorridere dopo le prime cure o semplicemente dopo avergli dato dell’acqua ti fa capire quanto una cosa semplice e banale possa risultare importante. Non dimenticherò il sorriso dei bambini che giocavano con i giocattoli che l’equipaggio ha distribuito, il sorriso delle donne gravide e quel saluto che accennano anche solo con la testa mentre lasciano l’Unità”.
Lo sbarco
Il nostro reportage sull’Operazione Mare Nostrum si è concluso ad Augusta, dove siamo sbarcati insieme agli 817 migranti. Ma il lavoro della Marina Militare e della Polizia di Stato non è mai finito. Il dispositivo aeronavale messo in atto dall’Italia salvò più di 10000 persone.
“Si tratta di un fenomeno molto ampio sia per le dimensioni che per la spinta che c’è verso il continente europeo. La Marina svolge molto bene la sua missione, ma il compito della gestione dell’immigrazione è molto più complesso. Noi continuiamo ad operare, finché ci verrà chiesto di farlo. Noi facciamo la nostra parte per mare. Ma la soluzione del problema dell’immigrazione illegale ovviamente non siamo noi”. Queste le parole del Contrammiraglio Giuseppe Renda che nel febbraio 2014 comandava il dispositivo aeronavale. “Noi contribuiamo ad aumentare la sicurezza, a salvare migliaia di vite, perché è certo che le 10000 e oltre persone che abbiamo assistito, parecchie centinaia se non migliaia sarebbero morte sicuramente. Li abbiamo presi quando i barconi stavano affondando, in condizioni meteo molto difficili. Quindi aver salvato migliaia di vite è per noi una grande soddisfazione. Ma ovviamente il problema del traffico illegale dei migranti è un problema che ha bisogno di una regia a livello internazionale. Cioè il problema dell’immigrazione e della sicurezza dei migranti non si risolve esclusivamente con la Marina Militare. Necessita di uno sforzo congiunto a livello dell’Unione Europea, a livello dell’ONU”.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports