Come rimane fisso nella mia memoria il primo volo sul Cessna 150 all’età di 17 anni così è, nella mia esperienza in Aeronautica Militare, quello sul G-91Y a 24 anni. Un volo ancor più particolare perché, non esistendo il biposto dello Yankee, il primo volo assumeva l’aspetto di un’esperienza nuova ed unica, che andava preparata con cura senza tralasciare nulla di tutto ciò che si cela dietro alle indicazioni degli strumenti di bordo.
Ero affiancato dal carissimo Elio Zaltron, un pilota anziano dell’8° Stormo che aveva il compito di farmi il corso pre-decollo sullo Yankee. Il corso prevedeva una descrizione generale del velivolo, la strumentazione e l’avionica di bordo, lo studio di tutti gli impianti e dei turbogetti General Electric J85-GE-13A, le prestazioni e le limitazioni d’impiego, le procedure normali e quelle di emergenza, le principali caratteristiche di volo. Zaltron, asciutto nell’aspetto e sempre pronto alle battute, era uno di quegli aviatori che si affezionava ai giovani piloti assegnati e trasmetteva con tantissima pazienza tutto il suo sapere e la sua invidiabile esperienza maturata in Aeronautica Militare sul T-6, T-33, F-84F oltre che al G-91Y.
Quando, poco tempo dopo, entrai in confidenza con lui gli dissi: “Senti Elio, quando frequentavo l’ultimo anno delle scuole superiori a Faenza, vennero nella mia classe due piloti militari per invitarci tutti ad una visita alla base e ad un volo di battesimo sul DC 6. Il giorno della visita a Cervia la linea volo era piena di Yankee che erano stati assegnati all’Aeronautica Militare da appena tre anni. Tra i piloti che vi salivano a bordo ne vidi uno che era talmente robusto che mi domandai come potesse entrare in cabina. Ma da quando sono qui a Cervia, non l’ho mai visto. Sai dov’è andato, se lo conosci?”. Zaltron sorrise, poi estrasse dal portafoglio una piccola foto e me la mostrò. “È lui?” mi domandò. Appena lo vidi riconobbi il pilota in questione. Poi guardandolo con più attenzione esclamai: “Ma sei tu!” e lo abbracciai commosso.
Ma torniamo al G-91Y. Dopo aver ritirato dal magazzino MSA (Materiale Speciale Aeronautico) il nuovo e bellissimo casco da volo, con le due visiere incorporate, e dopo aver superato l’esame in cabina bendato (in cui mi venne anche chiesto di inserire una particolare frequenza radio), arrivò la tanto sospirata “prova corsa di decollo” in cui , una volta bloccato il velivolo in testata pista con il freno parcheggio, si muovevano contemporaneamente le due manette per effettuare il controllo dei motori a vari regimi: a IDLE che è il minimo dei giri, a MILITARY che corrisponde al massimo dei giri e in A/B che è il massimo della potenza con l’inserimento dei due post-bruciatori. Quindi, autorizzati dalla torre, si rilasciavano i freni e raggiunti i 120 nodi (220 km/h) si abortiva il decollo riportando le due manette su IDLE e tirando la maniglia che comandava l’apertura del parafreno. Una volta aperto si agiva sui freni, si usciva dalla pista, si sganciava il parafreno nel raccordo e si ritornava al parcheggio.
Il giorno dopo, ricordo ancora bene che era il 5 dicembre, dovevo decollare per davvero per la prima di cinque missioni di transizione effettuate nella configurazione senza taniche esterne. Era una giornata nitida, con cielo sereno e assenza di vento, ideale per quel volo. Mi seguiva in volo un pilota esperto del 101° Gruppo e, lo venni a sapere solo in seguito, Zaltron mi avrebbe controllato dalla Torre di Controllo. L’emozione quella mattina era tanta, ma era maggiore il desiderio di provare lo Yankee. Mi allineai per la pista in uso 3-0 e fui impressionato dalla spinta così potente e improvvisa che mi schiacciò contro lo schienale del sedile eiettabile. Dopo il decollo rimasi sorpreso che in volo si mantenesse stabile sull’asse longitudinale e non fosse ballerino e nervoso come il G-91T.
Ben presto raggiunsi i 400 nodi (740 km/h) e cominciai a salire. Poco dopo, oltrepassato i 5.000 piedi (1.500 metri), girai un tonneau a destra e subito dopo uno a sinistra. Lo Yankee manteneva la stessa agilità della serie G-91 e con questa ottima impressione effettuai un looping seguito da un tonneau a “botte” a destra. La principale differenza rispetto al T era che, a parità di velocità, invece di effettuare le manovre acrobatiche portando il motore ad un certo valore di giri, sullo Yankee occorreva portare i due motori ad un certo valore di temperatura. Virate sfogate, tonneau, tonneau a “botte” e rovesciamento prevedevano una temperatura di inizio manovra di 450 gradi, mentre per looping, imperiale e otto cubano erano previsti 550 gradi.
Ultimato il tonneau a “botte” a destra avanzai le manette motore fino a 550 gradi e con una sfogata allineai la traiettoria dello Yankee con la linea della costa sotto di me. A quel punto passai all’acrobazia collegata che consisteva in quattro manovre acrobatiche collegate fra loro ed eseguite con continuità, nel senso che si doveva uscire da ciascuna figura acrobatica coi parametri giusti per cominciare subito la successiva. Iniziai con un looping a 420 nodi di velocità (780 km/h) tirando 4 G. All’apice avevo la velocità di 150 nodi (280 km/h), che era quella prevista dalla manovra. In uscita dal looping raggiunsi nuovamente la velocità di 420 nodi ed iniziai la figura che più mi piaceva sul T: l’otto cubano, che consiste nel collegare due looping eseguiti in senso opposto. Il collegamento è attuato attraverso due rotazioni del velivolo (una opposta all’altra) attorno all’asse longitudinale quando, superata la fase rovescia, il muso del jet è a 45 gradi sotto l’orizzonte.
Ultimato senza problemi l’otto cubano iniziai il quadrifoglio, la manovra più complessa per esecuzione e precisione. Il quadrifoglio è una figura acrobatica composta da una serie di quattro virate in cabrata dell’ampiezza di 90 gradi, eseguite nello stesso senso, e completate ciascuna da un rovesciamento. L’abbinamento di una virata in cabrata e di un rovesciamento definisce la foglia. In pratica va ripetuta quattro volte la stessa manovra, ma la direzione di ciascuna foglia va spostata di 90 gradi dalla precedente (in senso orario oppure antiorario) in modo da disegnare nel cielo un perfetto quadrifoglio. Sempre utilizzando la linea della costa come riferimento, non fu difficile compiere questa figura complessa in cui si è sottoposti ad un alto numero di G per diversi minuti.
Al termine del quadrifoglio lasciai accelerare il velivolo per qualche secondo e, raggiunti i 450 nodi (835 km/h), iniziai l’ultima manovra della collegata: l’imperiale. L’imperiale è una manovra durante la quale il velivolo compie una traiettoria semicircolare in salita nel piano verticale, completata da una rotazione di 180 gradi attorno all’asse longitudinale. In pratica inizia come un looping e arrivati alla sommità della rotazione verticale si è in posizione rovescia. A quel punto con il muso di una ventina di gradi sopra l’orizzonte, con una velocità di 170 nodi (315 km/h), si effettua con estrema dolcezza un mezzo tonneau, cioè una rotazione di soli 180° attorno all’asse longitudinale. Ciò consente di riportare il velivolo diritto, in linea di volo.
L’imperiale permette pertanto di raggiungere una quota maggiore e con una direzione opposta a quella iniziale. Anche l’imperiale si concluse correttamente e provai una “goduria” indescrivibile poter volare così alla prima missione su un velivolo dell’Aeronautica Militare mai pilotato. Si potevano tranquillamente tirare 5 o 6 G e non si avvertivano le tipiche vibrazioni che il G-91T aveva tra i 210 e i 300 nodi nella fase di chiusura del looping, che davano l’impressione che l’aereo potesse spezzarsi da un momento all’altro. Con lo Yankee si chiudeva il looping in 4.000 piedi (1.200 metri) e non era mai necessario intervenire di A/B. In seguito, i colleghi che avevano proseguito il corso di addestramento al 20° Gruppo e poi erano approdati a reparti di F-104, mi confidarono che quando facevano acrobazia, o combattimento aereo, non se la sentivano di conoscerne i limiti… Io, invece, fin da quel primo volo “strapazzai” lo Yankee e arrivai a tirarlo al massimo in tante altre occasioni nei duemila voli effettuati. Il G-91Y non mi ha “mai tradito” anzi, mi ha tolto d’impaccio in un paio di situazioni da cui, se fossi stato a bordo dello Starfighter, non ne sarei uscito vivo. La presenza poi, sulle ali dell’Y, degli slats automatici, che fuoriuscivano e rientravano da soli al variare della velocità, impedivano il verificarsi di stalli alle basse velocità. Anche se l’aspetto esterno richiamava il G-91R e il G-91T, lo Yankee era una macchina differente e per un giovane pilota essere assegnati ad un reparto dotato di G-91Y era veramente un’esperienza esaltante!
E il Chase che mi seguiva? Me ne ricordai solo quando intervenne per radio dicendomi che era arrivato il momento di rientrare. Una volta a terra mi disse ridendo: “Certo che sarebbe stato difficile mettersi in ala con te, oggi!”. “Ah, volevi venire in ala? Beh, sarà per un’altra volta!” risposi divertito.
Tratto da “OGGI SI VOLA!” di www.flaviobabini.com oppure su Ebay.
Di Flavio Babini (Maggiore Pilota AM) – EmmeReports