Spesso quello che sembra un sogno, una speranza di cambiamento, per le ragazze nigeriane, si trasforma in un vero e proprio incubo, perché entrano in un pericoloso ingranaggio dedito alla tratta e allo sfruttamento sessuale. Un business che solo in Italia frutterebbe miliardi di euro, a causa dell’altissima richiesta di giovani donne da inserire nel mercato della prostituzione. Le donne provengono quasi tutte da Benin City nel sud della Nigeria, dove ha avuto origine la Black Axe, (Ascia Nera), l’organizzazione criminale che controlla la tratta delle schiave sessuali destinate all’Italia.
Cristina Puccio è un Commissario Capo della Polizia di Stato, in forza alla Squadra Mobile di Palermo e assegnata alla Sezione Violenza di Genere e Tratta di Esseri Umani, Criminalità Straniera e Prostituzione. Qualche giorno fa ha incontrato gli studenti dell’Istituto Magistrale De Cosmi durante una conferenza sull’educazione e la sensibilizzazione contro la tratta e la prostituzione straniera.
“Ci vengono raccontate delle storie dalle vittime o da persone che conoscono delle vittime di violenza di genere e di tratta e da lì noi partiamo e costruiamo un’indagine per cercare di aiutare la vittima”, spiega la Dottoressa Puccio. “Vi racconto la storia di una ragazza che ha la vostra età, però non è fortunata come noi, ha 18 anni, è nigeriana ed è la prima di cinque figli di una donna che ha perso il lavoro per via di un infortunio. Il padre dopo l’infortunio della donna ha deciso di farsi un’altra famiglia, lasciando tutti alla deriva. La ragazza diciottenne ha anche un bambino di 5 anni. Deve dargli da mangiare e pensare alla sua famiglia. Si rivolge a un intermediario del luogo per poter andare in Italia (ma non perché siamo belli e buoni, ma semplicemente più vicini), che l’assicura di non preoccuparsi perché sarà chiamata a breve. Quindi riceve una telefonata da una donna nigeriana che si trova in Italia e che le dice di recarsi a casa del padre che si trova nello stesso paese”.
“Beauty parte così com’è, non fa la valigia come facciamo noi quando decidiamo di partire e cambiare vita, no, lei lascia tutti, anche il bambino di cinque anni alla mamma”, continua la poliziotta. “Il padre della donna che l’ha contattata, le fa un rito voodoo, obbligandola a restituire 30000 euro per il costo del viaggio alla donna che si trova in Italia”.
Prima della partenza verso l’Italia, le donne sono costrette a sottoporsi ad una stregoneria tradizionale chiamata juju. Questa pratica crea un legame inseparabile con la Black Axe, che le obbliga a diventare schiave sessuali finché non salderanno il debito con la mafia.
“La stessa sera Beauty parte in auto insieme ad altre donne e uomini. Dopo un mese di viaggio nel deserto, arriva in territorio Libico. È fortunata perché, grazie ad un’organizzazione, ha viaggiato in macchina e in Libia non viene violentata e picchiata, che poi è quello che succede pressappoco a tutti gli uomini e le donne, ok? Uomini e donne”, prosegue la Dottoressa Puccio, spiegando che la maggior parte di chi parte dalla Nigeria, non lo fa in aereo, ma in auto, attraversando il deserto, poi il Niger e arrivando infine in Libia, dove vengono collocati all’interno di centri o safe house, centri di smistamento dove i migranti stazionano fino a quando non è arrivato il loro turno per potersi imbarcare per l’Italia.
“La ragazza arriva in Sicilia dove viene pre-identificata e smistata presso un hotspot. Dichiara di essere più giovane, ma sarebbe stata accolta comunque”, continua a raccontare la poliziotta della Squadra Mobile. La ragazza viene collocata in un centro di accoglienza di Padova, da dove chiama la donna adescatrice che le ha pagato il viaggio e che si trova in Italia, la Madam, ovvero colei che gestisce le ragazze per conto delle organizzazioni criminali, che si occupano direttamente delle schiave sessuali, dei loro contatti e del denaro guadagnato. Un’altra figura della Black Axe è il Kapò che ha il ruolo di tenere lontane le donne dalle organizzazioni sociali anti-tratta, spostandole da un posto all’altro, anche per assicurare una continua varietà ai clienti italiani.
“Tornata in Sicilia, Beauty trova la Madam che la porta con sé a casa e le dice che dovrà prostituirsi dal giorno dopo, ma al rifiuto della giovane, la sorella della donna le ricorda che hanno pagato loro i 30000 euro per farla arrivare in Italia. La ragazza continua a rifiutarsi. Non le interessa cosa le accadrà, nonostante la minacciano di far del male al figlio e alla famiglia rimasti in Nigeria”, spiega la Dottoressa Puccio.
Beauty viene chiusa in casa dai suoi sequestratori che non si accorgono del suo cellulare. La giovane chiama un operatore di un’organizzazione umanitaria che le aveva dato il suo numero di telefono al momento dello sbarco. Quindi viene attivata la Polizia di Stato che, attraverso le indicazioni date dalla ragazza, per mezzo di un interprete e dalla posizione del segnale del cellulare, riescono a salvarla e ad arrestare i suoi aguzzini, due donne e un uomo.
“Questa storia è finita bene. La ragazza non è stata costretta a prostituirsi, ma la maggior parte delle volte non è così. In Italia vengono sfruttate. Dopo il Covid il fenomeno della tratta e della prostituzione è un po’ più nascosto, ma non scomparso, perché purtroppo è ancora piuttosto florido come business” conclude la poliziotta della Mobile di Palermo.
All’incontro con gli studenti del De Cosmi, ha partecipato anche il fotogiornalista trapanese Francesco Bellina che ha raccontato la sua esperienza in Africa e il suo viaggio a ritroso fino a Benin City, per documentare il fenomeno della tratta e della prostituzione straniera.
Tra i relatori che hanno affrontato l’argomento, anche Dasililla Oliveira Pecorella, della Consulta delle Culture del Comune di Palermo: “È stata una giornata veramente molto importante e significativa. Sono molto orgogliosa di questa iniziativa e ribadisco che la Consulta è sempre presente sul territorio e che sarebbe molto importante una maggiore partecipazione a questo tipo di eventi”.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports