Ho sempre considerato il 4 Novembre una data importante per celebrare tutti gli Italiani in uniforme che servono il Paese, ma anche per ricordare i Caduti nelle guerre o nelle missioni internazionali. Troppe le giovani vite spezzate tra le trincee del Carso o tra le sabbie di El Alamein, come tra le montagne dell’Afghanistan o i deserti dell’Iraq.
“Mio nonno e mia nonna si recavano, ogni anno, presso il Sacrario di Redipuglia, per rendere il loro silenzioso omaggio ai caduti per la Patria”, ha scritto su Facebook e in occasione del 4 Novembre, Monica Militello Mirto, responsabile della Cultura del nostro giornale e co-autrice di un libro sulle Donne Pilota Militari Italiane, inspiegabilmente bloccato dallo Stato Maggiore della Difesa, dopo essere stato autorizzato nel 2016 dal Generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo (allora Capo Ufficio Generale di SMD). “Mio nonno fu tra i fortunati che tornarono a casa dopo la fine del primo e del secondo conflitto mondiale. Sebbene bistrattata, in ginocchio, a volte anche denigrata, per me come per i miei nonni, la Patria è un Valore incrollabile in cui ho creduto, credo e crederò sempre”.
Il 4 Novembre non è solo la Festa delle Forze Armate, ma di tutti gli italiani, anche dei giornalisti, fotografi, operatori video che hanno scelto di servire il Paese, raccontando il mondo dei militari con le loro macchine fotografiche, le loro videocamere e i loro immancabili taccuini. Luca La Cavera, ingegnere di Leonardo Company ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo militare e aeronautico grazie a suo padre Mariano. La sua passione e desiderio di entrare in quel mondo tanto affascinante quanto esclusivo, è aumentata col passare degli anni.
“Sono stato sempre vicino al mondo militare e in particolare a quello aeronautico grazie a mio padre, vero esperto di aviazione e abile fotografo già dagli anni Cinquanta, che mi portava fin da piccolo a vedere gli aerei a Boccadifalco, dove si trova il piccolo aeroporto di Palermo”, ha raccontato Luca a EmmeReports, in occasione del 4 Novembre 2022. “Partendo dalle prime foto scattate all’interno degli aeroporti militari, sono riuscito ad effettuare il mio battesimo del volo militare, nel 2000, a bordo di un E-3A AWACS della NATO. L’interesse cresce e inizio a scrivere articoli per diverse riviste specializzate, trattando dei reparti volo e degli aeromobili delle nostre Forze Armate. Aumentano i voli in formazione e le ore di volo come passeggero fotografo. Mi specializzo sempre nell’arte della fotografia aria-aria, ovvero fotografare da un aeromobile ad uno o più velivoli in formazione, Tanker per rifornimento in volo, velivolo da trasporto e pattugliamento, elicotteri di ogni dimensione e anche jet da addestramento!”.
Ma gli obiettivi del fotografo siciliano, ormai con centinaia di ore di volo all’attivo, non hanno puntato solo in alto: “Il connubio tra mare e cielo mi ha sempre affascinato molto e infatti sono riuscito ad appontare su diverse unità navali dotate di ponte di volo, in particolare portaerei, comprese Nave Garibaldi e Nave Cavour della Marina Militare. A bordo ho trovato sempre un perfetto mix di grande specializzazione, tanto addestramento e tantissima passione”.
Oggi, però, documentare le Forze Armate in Italia o nelle missioni internazionali, è diventato veramente difficile ed esclusiva di pochissimi eletti. Per i numerosi sacrifici, spesso poco considerati, dei giornalisti specializzati nel settore Difesa, abbiamo deciso di raccontare il 4 Novembre 2022 dal loro (e anche nostro) punto di vista.
“Fare il reporter free-lance nel settore difesa è un mestiere ingrato. Chi si lancia in questa avventura lo fa solo e unicamente per passione, passione verso il mestiere delle armi e i suoi valori, passione per i mezzi e la tecnologia, e anche per un pizzico di voglia d’avventura”, ha spiegato Riccardo Niccoli, il primo fotografo aeronautico italiano e autore dei volumi Coccarde Tricolori. “La mia molla è stata la passione verso il volo e gli aerei da caccia, che non ha potuto concretizzarsi con l’ingresso in Accademia Aeronautica, e giocoforza si è trasformata nell’altro unico mezzo che consente di frequentare da vicino il mondo del volo militare”.
“Però, come altri lavori affrontati per passione, è un mestiere che rende molto poco e permette solo a pochissimi (i più testardi e sognatori, o forse i più sciocchi?) di viverci”, ha continuato Niccoli. “Perché l’editoria militare in un paese come l’Italia è un settore comunque asfittico, dove i principali interessi del popolo e della politica sono ben altri che le Forze Armate, la Difesa e le Istituzioni. Gli articoli vengono pagati pochissimo, a volte nulla, e lo stesso vale per le foto; le stesse testate giornalistiche lottano ogni mese per poter rimanere in vita. È curioso come un comparto così importante e nel quale vi sono giri d’affari di miliardi, riceva così poche attenzioni dal punto di vista mediatico. A volte sia ha l’impressione che le stesse Forze Armate sopportino con un certo fastidio la stampa specializzata e non vi sia una vera “policy” di comunicazione, tutto è lasciato alla buona volontà e alla sensibilità dei singoli ufficiali e comandanti che hanno a che fare con i media. Non importa se sei nel mestiere da 40 anni, se hai pubblicato 1300 articoli (su riviste mensili, non quotidiani) e più di 20 libri in dieci lingue, pochi – anche tra gli addetti ai lavori – sanno chi sei. Certo, non è tutto così negativo, a volte si raccolgono grandi soddisfazioni, come la stima e l’apprezzamento dei militari e dei lettori per il lavoro pubblicato. Ma sempre più spesso capita di pensare che si va avanti solo perché si ha bisogno di soldi, quando tante idee editoriali, che potrebbero essere molto interessanti e utili, vengono accolte freddamente o rifiutate, e – pensando a tutte le difficoltà e i sacrifici che tocca fare – la scelta giusta da fare sarebbe forse quella di mollare tutto”.
Esiste anche un altro modo per raccontare le Forze Armate e il lavoro che svolgono per il Paese, quello di scrivere romanzi che abbiano come protagonisti, proprio i militari italiani, come ha fatto Alessio Virdò, autore di “Operazione Silent Caiman – Incubo Di Fine Estate” e di “Sfida Continua”.
“Nel mio caso si parla di un hobby piuttosto che di un lavoro vero e proprio, ma alcuni punti credo siano in comune con chi si trova a lavorare con le nostre Forze Armate a livello professionale”, ha raccontato Virdò. “Nella mia ancora breve carriera di scrittore di romanzi technothriller ho avuto diverse occasioni di entrare in contatto con operatori delle nostre Forze Speciali o con personale di reparti altamente specializzati. Il primo tratto caratteristico che mi salta in mente, dovendo descrivere quando mi trovo a dovermi interfacciare con questi grandissimi professionisti nostrani, è la necessità di dover spendere bene il tempo a mia disposizione quando abbiamo l’occasione di intervistare qualcuno di loro. Sono persone che riconoscono dopo tre secondi chi hanno di fronte a loro, ma che mi hanno manifestato espressamente il loro piacere quando hanno capito di trovarsi al cospetto di un civile che apprezza ciò che essi fanno e che contribuisce, con i miei progetti, a rendergli la visibilità che meritano”.
“Poter analizzare la bozza di un mio nuovo romanzo con persone reali, che nei miei manoscritti fanno le stesse cose, è l’avverarsi di un sogno al quale non avrei mai creduto fino a pochi anni fa. Un operatore delle Forze Speciali la consideravo una persona inarrivabile, invece la definizione che mi sono dato è di ‘una persona normale con una testa speciale, che fa un lavoro particolare’. Nel mio piccolo, i miei libri sono una particolare forma di ringraziamento per il servizio reso al Paese. Scrivere, soprattutto nel mio caso dove si tratta di una passione, è un hobby che toglie tempo a me stesso e soprattutto alla mia famiglia, ma gli apprezzamenti degli addetti ai lavori sono la giusta ricompensa per tutti i sacrifici sostenuti nel corso di questi mesi” ha concluso Alessio Virdò.
Vogliamo concludere questo articolo dedicato al 4 Novembre, ricordando i tanti giornalisti italiani che, partiti per raccontare la guerra o il lavoro dei soldati al fronte, sono tornati a casa in una bara avvolta dalla bandiera tricolore, come Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere della Sera, uccisa in Afghanistan, sulla strada fra Jalalabad e Kabul, il 19 novembre 2001. Una la lunga scia di sangue rimasta nella polvere dei teatri operativi e che inizia il 19 maggio 1987, in Mozambico, quando il giornalista Almerigo Grilz viene ucciso da un proiettile alla testa, mentre sta filmando un attacco dei guerriglieri della Renamo contro postazioni governative nei pressi della città di Caia. Il 28 gennaio 1994, a Mostar, in Bosnia, perdono la vita tre inviati della Rai, il giornalista Marco Luchetta e gli operatori Alessandro Ota e Dario D’Angelo. Una granata li colpisce mentre tentano di riprendere un bambino che gioca in strada nonostante il bombardamento.
Il 20 marzo 1994, Ilaria Alpi, inviata del Tg3, viene uccisa a Mogadiscio, assieme all’operatore Miran Hrovatin. Un anno dopo, sempre in Somalia, un altro operatore della Rai, Marcello Palmisano, muore in un agguato ad un convoglio, dove viaggiava con la giornalista Carmen Lasorella. Il 13 giugno 1999 a Dulje, in Kosovo, i cecchini uccidono il giornalista italiano Gabriel Gruener, durante un reportage per il settimanale tedesco Stern. Il 16 ottobre 2000, Antonio Russo, inviato di Radio Radicale, viene trovato morto in Georgia nei pressi di una base militare. Il 13 marzo 2002, il fotoreporter Raffaele Ciriello muore a Ramallah, dopo essere stato colpito da una raffica di mitra sparata da un carro armato israeliano. Nel 2004 è il turno del freelance Enzo Baldoni, rapito e ucciso n Iraq. Il fotoreporter Fabio Polenghi, il 19 maggio 2010, viene ucciso a Bangkok da un proiettile in dotazione all’esercito thailandese. Il 24 maggio 2014 nei dintorni di Sloviansk, in Ucraina, il fotoreporter freelance Andrea Rocchelli muore insieme al suo interprete russo Andry Mirinov.
Alle donne e uomini in uniforme, come a tutti coloro che avrebbero voluto indossarla, ai fotogiornalisti, ai videomaker e ai reporter che hanno respirato la stessa polvere dei soldati al fronte e poi dimenticati dalle Istituzioni Italiane, EmmeReports dedica questo 4 Novembre.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports