“Can 28”, il Canadair CL-415 di Babcock ha terminato il suo ultimo volo su Monte Calcinera, nel comune di Linguaglossa, in provincia di Catania, dove avrebbe dovuto spegnere l’ennesimo incendio boschivo scoppiato in Sicilia. Nello schianto sono morti i due piloti. Un incidente sul lavoro e questo è già grave, ma è ancora più paradossale che migliaia di persone, altri Can 28, continuino a rischiare la vita ogni anno a motivo di piromani che, con fare criminale, decidono di spazzare via ettari di vegetazione ferendo in modo indelebile la nostra terra. Sappiamo bene come anche le frane degli ultimi anni e le continue esondazioni sono conseguenza di questo disastro geologico.
Certamente la salvaguardia del Creato dipende dal contrasto a tutte le mafie che, senza scrupoli, feriscono l’ambiente con discariche abusive o con aziende che inquinano senza alcun rispetto dei regolamenti o, ancora, bruciando interi appezzamenti boschivi per poi impiantare le loro machiavelliche speculazioni. Ma, bisogna riconoscere, l’intervento per custodire il bene comune è molto più ampio e necessita l’impegno della politica, del mondo istituzionale, della scuola, del terzo settore e della chiesa. Nessuno può tirarsi indietro ed è opportuno compromettersi per contribuire a generare un’architettura della pace e della cura degli spazi che custodiscono il bene comune come l’aria pulita, la bellezza del paesaggio, il diritto alla salute e al futuro.
Se ancora oggi gli investimenti nell’ambito educativo e nell’istruzione sono davvero esigui rispetto a quanto si spende per gli armamenti, significa che non si crede nel processo culturale per generare vita buona e processi di trasformazione. Dare continuità agli investimenti volti allo sviluppo dei territori creando autonomia locale, è assai prezioso per riscattare i contesti e le persone che li abitano restituendo, così, un ruolo attivo nel contribuire alla crescita del Paese.
La promozione lavorativa è, certo, un ulteriore tassello evolutivo di primaria importanza perché rende tutti responsabili nel partecipare alla causa del bene comune. Non lo sfruttamento di chi fa rischiare la vita ai propri operai per aumentare i profitti, e neppure la passivizzazione dei dipendenti che pretendono uno stipendio facendo del posto lavorativo un luogo di potere nei confronti degli altri. Abbiamo bisogno, piuttosto, di riappropriarci della cultura del dono che si oppone all’affarismo malavitoso.
Certo anche in quel mondo si parla di dono, ma è il tipico favore che, una volta accettato, ingabbia per tutta la vita assoggettando le persone al boss di turno il quale, poi, si arroga il potere di trattare i sottomessi come burattini nelle proprie mani. Il dono a cui facciamo riferimento è quello proprio della gratuità del bene, perché siamo realmente felici se procuriamo felicità agli altri rendendoli autenticamente liberi. La solidarietà è un principio sociale a cui una società che persegue la giustizia non può venire meno. Il clima concorrenziale dei nostri giorni, infatti, ci sta facendo smarrire il senso dell’umano spegnendo la passione per la vita.
Siamo davvero responsabili gli uni degli altri e per avviare processi di reciproca cura è necessario entrare in una prospettiva di sussidiarietà circolare dove a ciascuno – Ente pubblico, Terzo Settore, Società civile tutta – è data la possibilità di partecipare attivamente, in modo paritario, alla riflessione sulle strategie e sugli interventi da apportare per la crescita sociale. Si pensi, ad esempio, alle Comunità energetiche o alle Cooperative di Comunità che entrano in sinergia con gli Enti pubblici attivando un percorso di cooperazione virtuosa. Sono sogni possibili che, magari, permetteranno ai Can 28 di sorvolare le città e i boschi della nostra terra di Sicilia non tanto per provvedere a qualche emergenza ma, semplicemente, per ammirarne i paesaggi.
Di Fratel Mauro Billetta – EmmeReports
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