A Danisinni lo abbiamo visto con i nostri occhi. Oggi abbiamo ascoltato e scrutato oltre le apparenze il racconto di una piazza che ricuce le ferite e riprende a sognare affondando le radici nella storia, quella araba e, al contempo, si apre al futuro allestendo un laboratorio di ceramica i cui prodotti, lavorati dalle mani delle donne del luogo, abbelliranno la scala araba, i prospetti delle case, l’asilo.
Un processo di rigenerazione, quello illustrato dalla favola presentata al tramonto nei pressi delle taverne, che porta il respiro di un rione che lotta per riscattare il proprio territorio da troppo tempo dimenticato insieme alla sua gente. L’asilo nido e i lavori di ristrutturazione avviati da alcuni mesi sono il tangibile segno della speranza, quella di una riapertura che vedrà tornare i piccoli a giocare nel giardino e a trascorrere le giornate accuditi dalle maestre dedite alla prima infanzia.
Si mischia la poesia alla realtà, quella più cruda, perché privati dell’asilo, per quindici lunghi anni i bimbi non hanno avuto la possibilità di una cura adeguata, con diagnosi precoci là dove era necessario e, soprattutto, sono stati privati dei dovuti stimoli volti a favorire la crescita e l’espressione piena di un personale disegno di vita, garantendone ritmo e tempi adeguati.
L’asilo, coinvolgendo i primi mille giorni dei più piccoli, porta con sé la capacità di potere dare una decisiva direzione per custodire la crescita e, così, contribuire a riscattare una città che sta pagando un prezzo troppo alto per l’elevatissimo indice di dispersione scolastica, di mortalità dovuta alle dipendenze, di trascorsi penali che giungono a spegnere i preziosi anni di vita delle nuove generazioni trascorsi, da molti, in stato di detenzione. Danisinni ha continuato a sognare, nonostante tutto, malgrado l’impianto fognario scoppiasse ad ogni nuova stagione della pioggia o sebbene alcuni balordi continuino, alla notte, ad inondare la piazza scaricando ingombranti o rifiuti di ogni genere.
Danisinni custodisce un sogno e i maestri pupari della famiglia Argento – attraverso la rappresentazione scenica tratta dal testo scritto dallo studioso, cresciuto nei cortili del rione, Pippo Morello – l’hanno simbolicamente attraversato evidenziando anche tutte le avversità procurate dal difendere la causa del bene.
Con i bimbi e la gente della piazza siamo entrati in un viaggio a ritroso fino ad arrivare all’epoca araba quando, nel 972, il mercante di Bagdad ‘Ibn Hawqal, giunse a Palermo e descrisse il territorio di Danisinni nel libro “Delle vie e del reame”. All’interno di questa cornice si è svolta la favola teatrale rappresentata con i pupi e che ha intrecciato storia e legenda narrando della principessa figlia di un walì del tempo, Abu Said soprannominato “Ahmad’ad Dayf”, il quale costruì il suo palazzo proprio sulla grotta di Danisinni.
Sia il racconto della principessa che il laboratorio di ceramica, rivolti rispettivamente ai bambini e alle donne del territorio, al fine di promuovere competenze di base nella fotografia e nell’espressione artistica, hanno evidenziato la spinta creativa del rione che non vuole rassegnarsi malgrado le tante contraddizioni che ogni giorno lo attraversano. Giornate come quella appena trascorsa, secondo la visione della Comunità di Danisinni, sono funzionali a sostare per incontrarsi e darsi attenzione, per mettere in semina parole e gesti di comunione volti a coltivare futuro prendendosi cura delle radici e, così, aprirsi all’inedito dei nuovi germogli e dei successivi frutti.
Di Fratel Mauro Billetta – EmmeReports
Copyright Foto Victoria Herranz e Francesco Militello Mirto – EmmeReports
Si ringrazia Suor Elisa Gervasi per il contributo fotografico