Abbiamo voluto evitare appositamente di mettere la parola ‘morte’ nel titolo, perché per tutti coloro che le hanno vissuto accanto o conosciuta, Letizia Battaglia è ancora viva, con i suoi capelli colorati e la sua Leika in mano, perché una brava fotografa la porta sempre con sé, perché gli eventi, i fatti, le azioni degli uomini non ti avvisano prima e bisogna farsi trovare pronti. Abbiamo voluto scrivere invece le parole ‘amore’, ‘passione’ e, naturalmente, ‘fotografia’, tutte e tre leitmotiv della Battaglia, come abbiamo potuto evincere dalle dichiarazioni che abbiamo preso da chi la conosceva.
“Non è solo la mia mamma, la mia maestra, la donna che più ho amato al mondo, ma è dentro ognuno di voi e questa è la sua libertà, questo è il mio più grande regalo, che voi stiate sempre con lei” ha detto Shobha Angela Stagnitta, figlia di Letizia Battaglia, ai giornalisti presenti nella camera ardente a Palazzo delle Aquile.
La notizia della scomparsa della fotografa palermitana è stato un fulmine a ciel sereno per tutti i suoi estimatori e per i suoi amici, tra cui il sindaco di Palermo, legato a Letizia Battaglia da una lunghissima amicizia.
“Le sue gonne lunghissime, i suoi capelli al vento, il suo sguardo da bambina, la sua macchina fotografica. Sempre terribilmente scomoda, ma sempre enormemente leggera” ha ricordato Leoluca Orlando. “Una provocazione continua, un invito ad andare oltre, verso quel punto estremo di orizzonte che, per me, era il rispetto della persona umana. Classificarla come una fotografa antimafia è riduttivo, perché lei coglieva l’umanità, anche davanti al volto di feroci criminali. Quella umanità, che forse gli stessi criminali non coglievano, lei riusciva a cogliere e a comunicarla”.
“Letizia ha accompagnato questa città verso il cammino di liberazione dalla Mafia, perché i suoi scatti, il suo impegno di assessore prima e di parlamentare regionale poi, la sua vita, sono stati un continuo richiamo a rendere visibili tutti gli invisibili, che di volta in volta, erano il volto di una mamma che perdeva il figlio ucciso dalla Mafia, il volto di una bambina col pallone che manda un messaggio straordinario di speranza e di futuro, il volto di una di una donna uccisa in un luogo di sofferenza, in un processo di sfruttamento, sempre e comunque un inno alla vita” ha aggiunto il sindaco di Palermo.
“Certamente è finita un’era, ma con Letizia possiamo dire ‘missione compiuta’, ma non completata, perché c’è tanto da fare. Si chiude un’epoca iniziata quando la Mafia aveva il volto dello Stato, che oggi non governa più questa città, un grande cambiamento e, anche per questo, bisogna dire grazie a Letizia” ha concluso Orlando.
Ha ricordato la fotografa palermitana anche l’Assessore alle Culture di Palermo, Mario Zito: “Un momento difficile per Palermo, perché ci lascia Letizia Battaglia, uno di quei personaggi che pensiamo sempre con noi. In questo momento sento forte anche la responsabilità di rappresentare l’intera comunità culturale ed artistica di Palermo. Letizia ci ha lasciato un grande insegnamento. Mi viene in mente quello che diceva un grande educatore scout, ‘si fa tutto col gioco, ma nulla per gioco’ e lei ha giocato, lo ha fatto con l’intera comunità artistica e con l’intera città di Palermo, ma non l’ha fatto mai per gioco, anzi tutt’altro, ci ha dato dei grandissimi insegnamenti, ha gridato al mondo intero che l’arte non è inutile e che i suoi scatti artistici non erano fine a se stessi, non erano pura esperienza estetica, ma veri e propri segnali che intendeva dare all’intera collettività. In questo momento avremmo bisogno di persone come Letizia e del suo sorriso ironico”.
Il Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha dichiarato che Letizia Battaglia “Con la sua macchina fotografica, ha combattuto per tutta la vita, contro mafia e contro ogni genere di malaffare. Ogni scatto, una denuncia potentissima e coraggiosa. Ha raccontato, senza false ipocrisie e fuori dagli schemi, gli anni più tragici e difficili di Palermo, della Sicilia, al mondo intero. Se ne va una grande artista, una donna profondamente innamorata della sua terra. Ai familiari le condoglianze mie e del governo regionale”.
Per Claudio Fava, “Con Letizia Battaglia se ne va una poetessa. L’unica capace di raccontare, senza dover cercare inutili rime, una Palermo di speranza e disperata”.
Erano i tempi delle guerre di Mafia, il sangue sporcava le strade di Palermo, i ‘morti ammazzati’ erano all’ordine del giorno e Letizia Battaglia non era la sola a raccontare quei tragici anni. Tanti altri colleghi fotogiornalisti mangiavano la stessa polvere e si sporcavano le suole delle scarpe del sangue calpestato. Tra questi Mike Palazzotto, presente ieri a Palazzo delle Aquile, dove è stata allestita la camera ardente.
“Letizia Battaglia, come fotogiornalista e collega, è stata un’eccezione di donna” ci ha detto Palazzotto. “Fotograficamente era all’altezza di fare il suo lavoro. Era gentilissima, aspettava il suo momento per fotografare. Le sue foto parlano da sole, bisogna giudicarle, ormai le conosce tutto il mondo”.
Le foto e il lavoro di Letizia Battaglia sono conosciuti in tutto il mondo. Molti giornalisti di altre nazioni, nel corso degli anni, sono arrivati a Palermo, per poterla intervistare. Tra cui Alejandro Luque, giornalista e scrittore spagnolo, innamorato profondamente della Sicilia in tutte le sue sfaccettature.
“Ho conosciuto e intervistato Letizia Battaglia nel 2015, nella sua casa a Palermo, circondata dalle sue fotografie e sorvegliata dal suo bellissimo cane Pippo” ha raccontato Luque. “Era una donna rigorosamente libera che conduceva una vita piena. Mi disse che l’unico modo per evitare che la paura avanzi fosse stare fermi e tenere la testa alta. Credeva soprattutto nella giustizia. E dichiarò che l’unica cosa di cui provava nostalgia era il futuro, perché era sempre più vicino. Gli piaceva la vita, per questo cercava sempre di innalzarla attraverso il suo lavoro e il suo atteggiamento civico”.
Qualche anno fa è uscito un documentario, ‘Shooting the mafia’, che parlava di Letizia Battaglia attraverso gli uomini della sua vita. “All’inizio rimasi sorpreso da quell’approccio, ma alla fine ne compresi lo scopo” ha continuato il giornalista e scrittore di Cádiz. “Era una donna che, su un’isola segnata da delitti e distruzioni, sapeva amare intensamente e fino alla fine. Amava i suoi partner, amava la fotografia e amava la Sicilia. Penso che quella sia stata la sua lezione migliore, dimostrare che la sua non era l’isola della morte, ma quella dell’amore. Oppose l’amore a tutti gli orrori che la sua macchina fotografica ha catturato per anni”.
EmmeReports nasce da un’idea di fotogiornalismo di strada, la stessa calpestata da chi ci ha preceduti con una macchina fotografica in mano. Per questo motivo abbiamo volutamente deciso di finire il nostro articolo dedicato alla scomparsa (apparente) di Letizia Battaglia con le parole e il ricordo di un’altra grande fotografa palermitana, la figlia Shobha Angela Stagnitta.
“Nella vita prima nasce l’immagine. Se tu devi fare una tazza, la devi prima pensare, poi crearla. Quindi prima viene sempre l’immagine” ha spiegato la vincitrice di due World Press Photo. “Quindi la fotografia non morirà mai. Nasce dal desiderio di raccontare e dipende sempre dall’umanità della persona. Non cambia il fotogiornalismo, ma l’essere umano e se questo ha vissuto e amato intensamente, è stato eticamente corretto, farà sicuramente buone foto, perché porterà dal quel mondo invisibile, che sono l’amore, l’etica, il rispetto, nel mondo visibile, che pare stia scomparendo. Quindi se tu sei così, perché no? Allora sarai unico, grande e potente. Poi se il tuo lavoro piace agli altri, ben venga. Ma tu hai fatto esperienza, hai raccontato, il seme viene da sottoterra e poi diventa fiore. Noi siamo così, la fotografia prima è l’immagine che hai dentro del mondo e poi la porti fuori. Se hai questa forza vitale, passione, amore, allora perché non andare avanti ed essere bravi. Non c’è il fotogiornalismo, ma l’essere umano”.
La fotografia era ovviamente un argomento molto amato e oggetto di conversazione di Letizia e Shobha, madre e figlia. “Io le facevo vedere spesso le foto dei miei studenti e lei dei suoi” ha raccontato Shobha. “Alcune volte eravamo molto delusi, perché c’era vuoto, un’immagine che non veniva da nessun mondo, non era un codice, ma un segno. Quando trovavamo qualcuno che raccontava con i codici, che apriva porte, allora era una festa, ci emozionavamo, parlavamo a lungo, ci chiamavamo e ci mettevamo in contatto”.
Per Shobha, così anche per Letizia, “non ci sono foto belle o meno belle, c’è l’essere umano, che viene raccontato con tutta la sua umanità”. “Lei non amava la superficialità e le cose futili. Lei amava la passione, la vita, voleva l’anima, l’invisibile. E questo è il fotogiornalismo. A lei interessava quel volto che raccontava un’esperienza profonda, che era invisibile, quindi dare luce a qualcosa che ancora non c’era, che non era vista”.
Di Francesco Militello Mirto & Victoria Herranz – EmmeReports