La carriera di un ufficiale è fortemente segnata dallo scorrere del tempo che determina, oltre alla naturale progressione in funzione dell’età e dei meriti, anche cambiamenti sostanziali in funzione delle esperienze pregresse, delle capacità e dei livelli di responsabilità assegnati. Ciò è particolarmente vero, e per certi versi drammatico, nella carriera di un ufficiale pilota, soprattutto se si tratta di un ufficiale dei ruoli normali, di quelli, cioè, destinati ad assumere incarichi cosiddetti apicali nell’ambito dell’organizzazione di appartenenza. È stato, quindi, vero anche per me, ufficiale dei ruoli normali e pilota militare della Guardia Costiera: se fino al grado di Capitano di Fregata ho potuto essere in prima linea nelle operazioni aeree ed aeronavali, da Capitano di Vascello ho dovuto dimenticare l’ebbrezza ed i brividi del volo e dell’attività operativa per dare il mio contributo a far funzionare dal livello centrale un sistema organizzativo assai complesso ed articolato come, appunto, è la Guardia Costiera. Come si dice nel gergo dei piloti, dovetti accontentarmi “to fly the desk”!
Nondimeno, mi ritrovai a rivestire ruoli ad un livello superiore di impegno e responsabilità che mi hanno consentito di mettere a frutto quanto appreso, come negli anni in cui ebbi l’incarico di capo ufficio operazioni del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, presso il quale è, altresì, costituito il Centro Italiano di Coordinamento del Soccorso Marittimo (IMRCC – Italian Maritime Rescue Coordination Centre), al quale è attribuita la responsabilità di coordinare le operazioni di soccorso in mare più complesse e difficili. Il racconto che segue riguarda una di queste operazioni, probabilmente la più complessa e difficile mai verificatasi nel Mar Mediterraneo, cui partecipai proprio nell’ambito del suddetto IMRCC: il soccorso al traghetto italiano “Norman Atlantic”.
Il 28 dicembre 2014, alle ore 0436, il traghetto Norman Atlantic, in navigazione da Igoumenitsa ad Ancona, invia un segnale digitale di pericolo a bordo mentre si trovava nel Canale d’Otranto, in un punto ricadente nell’area SAR (Search and Rescue-Ricerca e Soccorso) di responsabilità greca. Il segnale è ricevuto da tutti i centri di soccorso della Guardia Costiera lungo la costa sud-orientale italiana, dal Sotto Centro di Soccorso Marittimo (MRSC – Maritime Rescue Sub-Centre) di Bari e dall’IMRCC a Roma.
Attraverso il servizio radio costiero, il comandante della nave fa sapere che a bordo ci sono 55 membri dell’equipaggio e 419 passeggeri, che un incendio si è sviluppato nel ponte garage e che le macchine sono in avaria senza la possibilità di navigare. La nave è in balia delle fiamme e delle pessime condizioni meteomarine: vento da libeccio (sud-ovest) con forza 9 (burrasca forte nella scala di Beaufort), mare molto grosso con onde fino a 14 metri (grado 8 nella scala di Douglas) e scarsa visibilità. L’IMRCC contatta subito il proprio omologo greco, il JRCC (Joint Rescue Coordination Centre)del Pireo, che assume il coordinamento dell’operazione di soccorso in quanto autorità competente sull’area interessata.
Alle 0500 l’MRSC di Bari, d’accordo con il JRCC del Pireo, invia tre unità navali SAR (Search and Rescue – Ricerca e Soccorso) della Guardia Costiera dai porti di Brindisi, Otranto e Santa Maria di Leuca; invia anche due rimorchiatori dal porto di Brindisi con due squadre di Vigili del Fuoco a bordo. Nel frattempo il JRCC del Pireo ordina ad alcune navi mercantili di dirigersi verso la posizione del traghetto in fiamme ed invia 1 aereo Hercules 69, due elicotteri Super Puma ed un’unità navale SAR. L’IMRCC di Roma, con un messaggio circolare trasmesso attraverso il sistema satellitare INMARSAT C, allerta tutte le navi mercantili in transito nell’area di responsabilità SAR italiana e prossime alla posizione del Norman Atlantic. Impiega, inoltre, tutti gli aeromobili della Guardia Costiera immediatamente disponibili: un aereo ATR-42MP dalla base aerea di Pescara e due elicotteri AW-139 in configurazione SAR dalla base aerea di Catania.
Le unità navali di soccorso e le navi mercantili intervenute recuperano alcuni naufraghi a bordo di zattere di salvataggio, ma le pessime condizioni meteorologiche rendono immediatamente chiaro che soltanto un massiccio impiego di elicotteri consentirebbe l’evacuazione dei passeggeri e dei membri dell’equipaggio che sono ancora a bordo e che sono la maggioranza degli imbarcati. Fortunatamente una delle navi mercantili che partecipa alle operazioni di soccorso ha un ponte di volo (è la motonave Cruise Europa di bandiera italiana) e il JRCC del Pireo la designa On Scene Coordinator (responsabile del coordinamento sul posto).
Il vento e la corrente fanno “scarrocciare” la nave in fiamme all’interno dell’area SAR di responsabilità albanese. Alle 0900, in accordo con le autorità greche ed albanesi, l’MRCC di Roma assume il coordinamento delle operazioni di soccorso, mantenendo alla motonave Cruise Europa la funzione di OSC. Gli elicotteri continuano il recupero delle persone da bordo della Norman Atlantic con l’utilizzo dei verricelli e degli aerosoccorritori ed il loro trasferimento sul ponte di volo della motonave Cruise Europa, mentre il coordinamento di tutti gli elicotteri impiegati è assicurato dall’aereo ATR-42MP della Guardia Costiera, designato dall’IMRCC di Roma ad operare come ACO (Air Coordinator), che orbita sulla scena ad una quota superiore, garantendo il sicuro ed ordinato susseguirsi delle evacuazioni.
Nel frattempo i rimorchiatori tentano di spegnere l’incendio e le unità navali continuano il recupero delle persone sulle zattere di salvataggio. Le operazioni di “verricellamento” vengono effettuate dai due elicotteri della Guardia Costiera italiana e dai due elicotteri Super Puma greci, cui si sono aggiunti elicotteri della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare italiane, ma il vento, i movimenti improvvisi ed incontrollati del traghetto, le fiamme ed il fumo rallentano notevolmente le attività di soccorso. A dare una decisa accelerata al recupero delle persone ancora a bordo è stato l’arrivo sulla scena di Nave San Giorgio della Marina Militare italiana alle ore 1900 con 3 elicotteri EH-101 ed un elicottero AB-212, operanti direttamente da bordo della nave.
A questo punto sono impiegati nell’operazione di soccorso 6 navi mercantili, 3 rimorchiatori, 3 unità navali SAR della Guardia Costiera italiana, 1 aereo e 2 elicotteri della Guardia Costiera italiana, 1 elicottero dell’Aeronautica Militare italiana, 1 elicottero greco e Nave San Giorgio della Marina Militare italiana con gli elicotteri imbarcati. Un team della Marina Militare, incluso un medico, viene “verricellato” a bordo del Norman Atlantic al fine di coordinare meglio le attività di evacuazione di massa (Mass Evacuation), mentre i rimorchiatori tentano di prendere a rimorchio il traghetto, ma i cavi di tonneggio non resistono all’alta temperatura generata dall’incendio e le condizioni del tempo e del mare rendono l’intera operazione un vero incubo.
Nondimeno, gli elicotteri, con il coordinamento dell’aereo ATR-42MP, continuano a recuperare persone da bordo del traghetto anche di notte e in condizioni marginali di visibilità dovute sia alla bassa copertura nuvolosa sia al fumo che all’oscurità. Fortunatamente a tarda notte il tempo migliora un po’ e il fuoco ed il fumo diminuiscono, così le operazioni di recupero possono procedere più speditamente. Alle 0800 del 29 dicembre non si vedevano più fiamme dall’esterno e a bordo erano rimaste 85 persone. In mattinata Nave Durand de La Penne della Marina Militare italiana con altri elicotteri a bordo, raggiunge l’area e le restanti persone a bordo possono essere evacuate in poche ore. Alle 1432 il comandante del Norman Atlantic dichiara che non ci sono più passeggeri a bordo ed anch’egli può essere recuperato. Alle 1449 il comandante lascia la nave: l’operazione di evacuazione di massa dal traghetto Norman Atlantic ha termine. Le attività di ricerca e soccorso proseguono ancora per alcuni giorni, ma nessun altro viene trovato vivo. Complessivamente sono state tratte in salvo 453 persone, mentre 11 sono state recuperate senza vita ed altre risultano disperse A causa del mare grosso, i rimorchiatori con il relitto a rimorchio riescono a raggiungere il porto di Brindisi soltanto il 2 gennaio 2015.
Come si è visto, l’evacuazione di massa dei passeggeri e dell’equipaggio del Norman Atlantic è stato principalmente effettuato dagli elicotteri con il coordinamento di un aereo. Questa operazione ha assunto un carattere straordinario a causa dei seguenti fattori: le condizioni meteorologiche e lo stato del mare erano pessime con la presenza di celle temporalesche, venti a 40-50 nodi, turbolenza severa, scarsa visibilità, bassa copertura nuvolosa e mare 8 nella scala di Douglas (mare molto grosso), presenza di fumo; la nave era totalmente incontrollabile a causa dell’avaria alle macchine, del forte vento e del mare in burrasca; sono stati impiegati contestualmente diversi elicotteri militari italiani e greci con differenti caratteristiche operative, costringendo l’ACO (Air Coordinator – Coordinatore Aereo) a mantenere costantemente aggiornati i dati sull’autonomia di volo di ciascun elicottero, i tempi di sostituzione e le necessità di rifornimento; gli elicotteri operavano a quote molto basse e non riuscivano a mantenere un contatto radio positivo con gli enti di controllo del traffico aereo. L’ACO ha dovuto provvedere per tutti; erano presenti fiamme alte 30 metri in prossimità del ponte interessato dalle attività di recupero con verricello.
Le condizioni ambientali estreme hanno obbligato gli elicotteri ed i rispettivi equipaggi ad operare al limite delle capacità operative: è risultato particolarmente difficile mantenere l’hovering durante l’impiego del verricello a causa dei movimenti incontrollati della nave ed alla presenza di fumo specialmente di notte. Nonostante tutto, gli elicotteri hanno tratto in salvo complessivamente 349 vite umane. Ma ritengo che lo straordinario successo conseguito dagli elicotteri è stato ampiamente dovuto al coordinamento aereo (ACO) estremamente efficace svolto da due aerei ATR-42MP della Guardia Costiera italiana che si sono alternati nelle funzioni di ACO nel corso dell’intera operazione.
Sicuramente gli equipaggi sono addestrati per svolgere questo lavoro, ma mai era accaduto in una situazione così complessa ed in condizioni tanto estreme. Un’eccellente distribuzione dei compiti (task sharing) all’interno dell’aereo ha consentito all’ACO di mantenere costantemente un contatto radio positivo con tutti gli attori all’interno dell’area di operazioni, in particolare con l’OSC (On Scene Coordinator) e con ogni elicottero che entrava in area, attendeva, operava o si apprestava ad uscire dall’area, così come con i controllori del traffico aereo.
Innanzitutto l’ACO ha stabilito un’area di 5 miglia nautiche di raggio centrata sulla posizione del Norman Atlantic: ogni elicottero che si apprestava ad entrare in quest’area doveva già aver stabilito il contatto radio con l’ACO su frequenze stabilite e ad una quota di 1500 piedi, mentre gli elicotteri che ne uscivano dovevano volare ad una quota di 1000 piedi. L’ACO non poteva mantenere una quota superiore a 2000 piedi sull’area a causa della bassa copertura nuvolosa. L’ACO aveva anche stabilito, tenendo conto del vento e del fumo, uno schema di volo al quale gli elicotteri dovevano strettamente attenersi: comprendeva un braccio “sottovento” da volare a 500 piedi, una virata verso il traghetto, effettuazione dell’ “hovering” sul ponte del traghetto stesso per recuperare le persone, il loro rilascio sulla motonave Cruise Europa e su Nave San Giorgio o su Nave Durand de La Penne e ritorno sul braccio “sottovento” per un altro recupero oppure virata verso il punto di uscita dall’area per esigenze di rifornimento o di altro. Nel caso in cui le operazioni di recupero o rilascio da parte di un elicottero si presentavano più lunghe del previsto ed al fine di assicurare una separazione adeguata tra gli elicotteri, l’ACO assegnava agli elicotteri sopraggiungenti alcuni punti di attesa. In tal modo l’ACO è riuscito a gestire la presenza simultanea di 5 elicotteri nell’area di soccorso.
L’operazione SAR che ho raccontato ha senza dubbio alcuno un’importanza storica per la Guardia Costiera italiana: è stata un’operazione estremamente complessa, in cui assetti navali ed aerei di differenti forze armate e di Paesi diversi hanno operato congiuntamente allo scopo di salvare centinaia di vite umane, fronteggiando condizioni meteomarine assolutamente proibitive. L’analisi dettagliata di quanto si è svolto ai vari livelli della catena di comando probabilmente ha evidenziato alcune lezioni da apprendere, ma nel complesso mi sento di affermare, con orgoglio e senza timore d’essere smentito, che questa volta è stato davvero fatto un buon lavoro!
Di Paolo Cafaro (Contrammiraglio Pilota Guardia Costiera) – EmmeReports