La situazione delle donne in Afghanistan si aggrava di giorno in giorno, nel silenzio del mondo. Amnesty International, in una nota, ha espresso preoccupazione per la situazione delle donne afghane. “Le donne e le ragazze sopravvissute alla violenza di genere sono state sostanzialmente abbandonate in Afghanistan. La loro rete di sostegno è stata smantellata e i loro luoghi di rifugio sono quasi scomparsi” ha dichiarato Amnesty.
La decisione dei talebani di aprire le porte delle prigioni in tutto il paese, senza pensare ai rischi che gli autori condannati per violenze verso le donne rappresentano per le stesse donne, è una follia. Intanto anche Human Rights Watch, in un rapporto della scorsa settimana, ha riferito che l’amnistia annunciata dall’Emirato Islamico non ha impedito a “comandanti locali talebani di eseguire sommariamente o di far sparire ex membri delle forze di sicurezza afghane”.
Al rapporto ha fatto seguito una dichiarazione congiunta dei governi degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di altri venti paesi, che hanno espresso le loro preoccupazioni per i risultati dell’HRW. A stretto giro la replica dei talebani. “I mujahidin sono pienamente impegnati nell’attuazione del decreto di amnistia e i dipendenti del precedente amministratore non sono perseguitati per la loro precedente opposizione” ha dichiarato Abdul Qahar Balkhi, portavoce del ministero degli Esteri, ribadendo che “qualsiasi membro dell’Emirato Islamico che verrà scoperto a violare il decreto di amnistia sarà perseguito e condannato”.
La commissione per le riforme dell’Emirato Islamico ha affermato che la commissione non ha registrato casi di uccisioni di ex membri delle forze di sicurezza. “Non abbiamo ricevuto alcuna denuncia che le forze dell’Emirato Islamico disturbino o infastidiscano chiunque abbia lavorato con l’ex amministrazione”, ha affermato Lotfullah Hakimi, capo della commissione. Nel rapporto viceversa si afferma della presunta uccisione di ex forze di sicurezza in violazione del decreto dell’Emirato Islamico.
Intanto anche ieri attivisti e insegnanti sono scesi per le strade della parte orientale di Kabul, per chiedere maggiore inclusione nel governo. I manifestanti, uomini e donne, hanno intonato slogan: “Taliban! Riconciliatevi con la vostra nazione” e “Garantire giustizia, uguaglianza e accettazione reciproca è la strada per risolvere la crisi afghana”.
“Vogliamo i nostri diritti umani e quei diritti che sono garantiti dalla Sharia. Non dovrebbero accettare solo le parti della Sharia che gli piacciono e non accettare parti della Sharia che non gli piacciono”, ha detto Shila Insandost leader dei manifestanti. Il governo ha fatto sapere che sta lavorando a piani per facilitare il ritorno delle donne al lavoro. “Tutte quelle donne che hanno lavorato sono rimaste al lavoro e vengono pagate. Ci aspettiamo che venga finalizzato un piano e solo dopo le donne saranno nominate anche in altri campi”, ha affermato Ahmad Wasiq, membro della commissione cultura.
Nel frattempo anche l’attivista pakistana Malala Yousafzai, vincitrice del premio Nobel per la pace, ha trasmesso un messaggio della studentessa afghana Sotooda Forotan, che è stata elencata tra le 25 donne influenti del 2021 nel Financial Times Magazine, al Segretario di Stato americano Antony Blinken e al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, esortandoli a sostenere l’istruzione delle ragazze in Afghanistan. La formazione di un governo inclusivo è una delle principali condizioni della comunità internazionale per il riconoscimento dell’attuale governo afghano.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports