EmmeReports ha intervistato Lola Astanova, la bravissima pianista uzbeka, che ha incantato il mondo della musica classica attraverso le sue sonate al pianoforte.
Lola Astanova è stata annoverata dalla rivista Limelight tra le dieci 10 icone di stile nella musica classica, lei che ha risposto alle critiche sui suoi outfit esclusivi con un inattaccabile «Non ci si può esibire vestiti male in un teatro dove c’è un pubblico pagante».
Un Emmy Award per la Rapsodia in Blue di Gershwin, il Premio Kinéo alla 78ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e tantissimi concerti esclusivi in tutto il mondo per l’ex “bambina prodigio” uscita dal conservatorio di Mosca e trasferitasi negli Stati Uniti dove ha debuttato, nel 2012, al Carnegie Hall di New York per un concerto di beneficienza.
Ciao Lola sei stata una “bambina prodigio”, raccontaci qualcosa della tua infanzia.
La mia infanzia è stata normale anche se dall’età di sei anni ho dovuto imparare ad essere una performer responsabile e vivere una vita professionale simile a quella di un adulto.
Che ricordi hai dell’Uzbekistan e cosa ti manca di più della tua terra d’origine?
I miei ricordi più belli sono dei miei insegnanti e dell’ambiente in cui sono cresciuta, che purtroppo non c’è più.
Nel 2003 ti sei trasferita negli Stati Uniti: che difficoltà hai avuto?
Partire da zero senza soldi o collegamenti è sempre una grande sfida, non importa chi sei o cosa stai cercando.
Cosa ne pensi dell’Italia? Hai suonato a Palermo nel 2013, come è stata questa esperienza?
Ho suonato in Italia molte volte e in diverse parti del Paese. E’ uno dei miei posti preferiti al mondo da visitare.
Sergei Vasil’evic Rachmaninov: come lo definiresti in tre aggettivi?
Tumultuous, aristocratic, yearning. (Tumultuoso, aristocratico, desideroso).
Cosa significa essere bravissima al pianoforte in questi giorni?
Significa avere una superba capacità tecnica, avere il proprio stile distintivo e avere una grande connessione con il pubblico.
I social network sono utili alla musica classica?
Penso che i social media siano diventati il modo per entrare in contatto con il proprio pubblico in tutto il mondo e per scoprire cosa pensino di te i fans.
Sei considerata una delle 10 icone di stile della musica classica. Ricevi però critiche per come ti vesti durante le interpretazioni: non è assurdo che succeda ancora nel 2021?
Sì, lo è. Ma quello che spesso i critici dimenticano è che i loro commenti non dicono quasi nulla su di me, e quasi tutto su di loro.
Yuja Wang: come la definiresti in tre aggettivi?
Non ho molta familiarità con il suo lavoro, ma in generale penso che più musiciste donne ci sono là fuori, meglio è.
Se non fossi diventata la pianista eccezionale che sei, cosa avresti fatto nella vita?
Ci sono molte cose che mi incuriosiscono e mi appassionano. Quindi, se non fossi stata una musicista, avrei potuto essere una fotografa, una editrice di riviste o una truccatrice… Ma avrei sicuramente trovato qualcosa di eccitante da fare.
Da tantissimo, troppo, tempo combattiamo contro il Covid, come hai vissuto questa esperienza?
È stato un periodo molto strano, in effetti, ma anche l’occasione per scoprire il significato delle vere amicizie, il valore dell’arte nella vita e, appunto, il valore della vita stessa. Per me, questa esperienza ha portato ad un nuovo album intitolato “L’amore ai tempi del Covid”, che è uscito a Settembre. È un’istantanea musicale di questi tempi senza precedenti e qualcosa che, credo, aiuterà le persone a trovare la strada verso un posto pieno di speranza. Presenta tre composizioni nuove di zecca e diverse registrazioni classiche, il che è significativo, perché ho deciso che queste saranno le mie ultime registrazioni classiche. Quindi, spero che diventi speciale per gli ascoltatori come lo è per me.
di Antonio Melita – EmmeReports
Ricerche Francesco Militello Mirto – EmmeReports
Traduzione Rachele Clemente – EmmeReports
Foto ©Misha Levintas ©Nancy Ellison Polaris ©Alexey Olivenko