Alla Reggia Borbonica di Ficuzza la mostra simbolo contro il degrado ambientale: “Inquinamenti” a cura di Francesco Scorsone.
Oggi presentiamo un’opera dell’artista siciliano Gaetano Barbarotto: “Delfino party”, è un mare negato, forzato a diventare una mera via d’acqua, chiuso alla libertà e al contatto, ridotto a sabbia senza vita, a cordoni cementizi di frangiflutti; la macchia mediterranea odorosa di resina, l’ombra del lentisco, la freschezza della pineta appartengono ad un passato remoto. Sotto la superficie una realtà ibrida, che mescola animali e rifiuti. Dov’è la ricchezza del mondo sommerso? Il suo essere contemporaneamente bellezza e nutrimento? Fonte di ossigeno e scrigno di biodiversità? Ciò che noi vediamo è corroso e minato: la nostra plastica seppur invisibile ormai lo appesta. Non importa galleggi che galleggi, è stata digerita, ma non espulsa, dal grande ecosistema del mare.
Il taglio diagonale del dipinto è articolato per linee parallele ma oblique, l’orientamento dinamico procede da destra verso sinistra con un moto innovativo e disorientante rispetto al tradizionale e composto schema iconografico delle sacre Annunciazioni. La composizione non è sbilanciata, tutt’altro: trova il suo equilibrio con una costruzione sapiente dove la direzione dei corpi si contrappone a quella della luce, fortissima e impietosa ma filtrata dalle profondità oceaniche. Il sole, invisibile ma evidente, in alto a destra, l’ombra più densa e avvolgente nell’esatto opposto. I delfini sono animali così simili all’uomo, con un’intelligenza e doti di comunicazione tali da renderli speculari a noi, alla nostra socialità, alla scoperta, al mondo delle emozioni: il loro gioco ci annuncia un destino comune. Pur vivendo nel mare i delfini respirano la nostra stessa aria, allattano i propri cuccioli, formano branchi di cacciatori e nuotando vanno a pesca, esattamente come i nostri pescatori, usando tecniche e astuzie che si tramandano attraverso le generazioni. Per migliaia di anni uomo e delfino hanno potuto convivere e conoscersi, talvolta sfidarsi sulle risorse ma in sostanziale equilibrio. Adesso, improvvisamente da mezzo secolo, nel loro mondo sono entrati elementi nuovi, che possono sembrare gioco o preda e invece sono semplicemente micidiali insidie. La plastica è il prodotto sintetico a più lunga conservazione: si degrada completamente solo in centinaia di anni. Di conseguenza, se non viene riciclata correttamente, si disperde nell’ambiente con un lunghissimo tempo di deterioramento corrompendo gli ecosistemi. Leggera e resistente si accumula in quantità sempre maggiore, prima nelle acque interne e poi nei mari, soffocando gli animali, frantumandosi in particelle sempre più piccole, perniciose, avvelenatrici. La forza irruente dell’onda, l’azione meccanica che spinge i rifiuti contro spiagge e scogliere, il flusso poco conosciuto delle correnti oceaniche che trascinano le plastiche in immensi accumuli simili a zattere fluttuanti, non riescono a trasformare questa figlia del petrolio in qualcosa di diverso, effettivamente deperibile.
La plastica non cambia, si frantuma ma non perde identità. Da minaccia fisica che imprigiona e soffoca, con il ridursi delle dimensioni entra nei corpi attraverso le catene alimentari portandovi una chimica sconosciuta alla normale fisiologia dei viventi. Sulle spiagge italiane la stragrande maggioranza dei corpi estranei alla natura che si possono trovare e vedere ad occhio nudo è rappresentato dalla plastica, ma quanta ne sfugge all’osservatore perché già entrata nella catena alimentare e quindi nei tessuti dei pesci erbivori, dei loro predatori e quindi nel corpo del consumatore apicale, cioè dell’uomo? La plastica non è un gioco, come a prima vista sembrerebbe vedendola guizzare con coda e pinne fra gli agili delfini specchio della nostra società. Ormai, nel mondo petrolchimico che ci siamo costruiti attorno, la viviamo come irrinunciabile compagna di viaggio, necessaria perché leggera, duttile, elastica, efficiente e spesso piacevolmente colorata. Continuiamo a credere di esserne i padroni senza accorgerci che ormai è definitivamente parte organica, elemento innaturale che ci portiamo dentro senza conoscere quali effetti possa scatenare nei delicati equilibri delle nostre funzioni vitali, nel rispetto del nostro corredo genetico. Rifiuto, spazzatura, scarto sono elementi intrinseci alla vita, il loro decomporsi crea nuovo materiale di costruzione in un continuo fluire: la plastica, invece, è una presenza aliena che non sappiamo gestire. Giochiamo da apprendisti stregoni, vivendo di festini e di ebbrezza per reggere allo stress della nostra società, per mascherare le frustrazioni e nascondere il vuoto che sentiamo dentro. Giochiamo fra amici, ridendo in un party senza fine, una partita epocale che forse abbiamo già perduto.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito
foto copertina ©Monica Cerrito
INQUINAMENTI a cura di Francesco Scorsone
opere di Antonella Affronti, Luciana Anelli, Gaetano Barbarotto, Alessandro Bronzini, Nino Bruno, Elio Corrao, Ivana Di Pisa, Giuseppe Gargano e Gery Scalzo.
Reggia Borbonica di Ficuzza (PA) fino al 31 ottobre 2021 – dalle 9 alle 19 orario continuato, festivi dalle 9 alle 22