Sono ore convulse a Kabul, per il futuro dell’Afghanistan. I leader talebani sono impegnati nella formazione del nuovo governo “inclusivo”, dicono, ma senza donne. Anamullah Samangani, membro della commissione cultura dei talebani, ha affermato che il mullah Hebatullah Akhundzada è il leader supremo dei talebani e sarà anche il capo del nuovo governo. Alla guida dei talebani dal maggio 2016, dopo la morte del suo predecessore, Akhttar Mansour, ucciso da un drone americano in Pakistan, è considerato un talebano erudito, massimo esperto di questioni giuridiche e religiose, molto meno di strategia militare. Il capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri lo ha sopranominato “l’emiro dei credenti”, garantendo così il suo consolidamento politico nella galassia jihadista.
Fonti di intelligence confermano che Akhundzada ha stretto un patto di collaborazione proprio con il capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri. In realtà, per quel che è noto in occidente, “l’emiro dei credenti” ha consolidato il suo ruolo di leader riuscendo ad unificare le diverse fazioni talebane, che rischiavano l’implosione nella violenta lotta per il potere dopo la morte di Mansour e la rivelazione del decesso nascosto del fondatore, il mullah Omar. La sua formazione è di alto profilo, figlio di un teologo, nativo di Kandahar, culla dell’etnia pashtun, patria indiscussa dei talebani, nel Sud dell’Afghanistan, è un esperto comunicatore catalizzando l’attenzione dei pashtun, soprattutto, con articolati sermoni diffusi con messaggi mirati in occasione delle principali feste islamiche.
La strategia politica dei talebani inizia a mostrare il vero volto del Paese che sarà nelle prossime settimane. L’Afghanistan non sarà né repubblica né emirato. Sarà semplicemente un governo islamico con Hebatullah che non sarà presidente, ma leader dell’Afghanistan. Sotto di lui ci sarà un primo ministro o un presidente che lavorerà sotto la sua supervisione, mentre si consolida il controllo amministrativo del territorio con la nomina dei governatori dei diversi distretti, dei capi di polizia e comandanti di polizia per province e distretti.
La conferma è arrivata da Abdul Hanan Haqqani, membro dei talebani. “L’Emirato Islamico è attivo in ogni provincia. Già a lavoro i governatori in ogni provincia. C’è un governatore distrettuale per ogni distretto e un capo della polizia in ogni provincia che lavora per la gente”, ha detto Abdul Hanan Haqqani. Naturalmente è inutile chiedersi come sono stati affidati questi incarichi, anche perché al momento non si sono tenute discussioni pubbliche né sul nome del sistema, né tantomeno sulla bandiera nazionale o sull’inno nazionale. Insomma, un Paese nuovo, diverso, nulla in comune con l’Afghanistan riconosciuto negli ultimi due decenni, dai trentasei paesi al mondo che avevano aperto le loro ambasciate a Kabul.
Su questo fronte è chiaro che ora bisognerà capire come la comunità internazionale considererà le settantuno ambasciate e consolati generali aperti in quei paesi considerando che, attualmente, la maggior parte degli stessi, inclusi Stati Uniti e Regno Unito, ha sospeso la propria presenza diplomatica in Afghanistan. Anche in questo si delinea una strategia politico-diplomatica da parte dei talebani che nelle ultime ore hanno invitato formalmente le nazioni, in particolare gli Stati Uniti, a riprendere le relazioni diplomatiche con l’Afghanistan. Il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha affermato infatti che si aspettano che gli Stati Uniti riprendano al più presto la loro missione diplomatica a Kabul.
Infine, ma non ultima la questione Panjshir. Nella regione del nord infatti sono in corso combattimenti tra le milizie talebane e le forze del fronte di resistenza guidato da Ahmad Massoud. Negli ultimi due giorni i combattimenti si sono intensificati e ci sono perdite di uomini da entrambe le parti. Anche su questo però c’è molta confusione e disinformazione. Il fronte della resistenza ha affermato di aver respinto l’attacco dei talebani al Panjshir. “Nelle ultime 40 ore i talebani hanno lanciato diverse offensive su Khawak dalla valle Andarab di Baghlan. Le forze locali dei distretti di Andarab e le forze del Panjshir hanno lottato ed i talebani hanno perso sul campo 40 miliziani, altri 35 sono rimasti feriti” ha riferito Fahim Dashti, portavoce del fronte della resistenza. La strada è lunga e tortuosa per arrivare alla meta. Ora più che mai il futuro di un Paese che non c’è è davvero incerto.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports