Un’antologica dell’artista torinese Roberto Fontana, da anni trasferito in Sicilia, sarà inaugurata domani a Palermo presso Lo Spazio Almareni; è un evento curato da Marco Cocciola che presenta anche tutte le opere in mostra nel pregevole volume “Promenade – Le forme dell’arte” una collana da lui diretta per la casa editrice palermitana Ex Libris. Le opere di Roberto Fontana hanno tre caratteristiche molto peculiari, la grande capacità di padroneggiare la gestualità del segno e del colore, una profonda e continua riflessione sulla condizione umana, la creazione di ampi spazi mentali entro cui muovere i protagonisti dei propri dipinti.
Cerchiamo di conoscere l’artista attraverso le lucide analisi che i critici gli hanno dedicato. Salvo Ferlito spiega la profonda relazione tra tecnica e significato: “L’accensione coloristica, la stesura fluida e pastosa (con tipiche pennellate larghe e maculari e con vistose colature di pigmento), la costruzione delle immagini con modalità di plastico abbozzo, l’estrema sintesi fisiognomica ed anatomica e l’inquadramento dei soggetti in una condizione di bloccata solitudine, tutto, nella pittura di Fontana (dalla tecnica al linguaggio), contribuisce a una marcata ‘espressione’, nel senso d’un compiuto moto d’affioramento che procede dal profondo dell’interiorità verso l’esterno”.
Le parole di Andrea Cusumano ci permettono di comprendere invece il rapporto fra intenzione e azione: “La pittura realizzata da Fontana è legata a quel filone dell’arte contemporanea che vede nel gesto la forma massima dell’espressione individuale. I movimenti del corpo e le sue possibilità guidano tale ricerca pittorica. Il pittore si esprime con gesti e questi gesti trovano un ostacolo sulla tela imprimendovisi. La pittura diventa danza, una danza nata da una ricercata e volontaria aleatorietà che conduce però ad una nuova dimensione estetica. L’esperienza gestuale viene portata alle estreme conseguenze, inseguendo come obbiettivo il disancoramento da vincoli figurali, astratti e cromatici. L’artista si pone di fronte alla tela come di fronte ad un ‘campo d’azione’. La proiezione della propria gestualità trova nelle tracce di colore sulla tela la sua identità. Un punto fondamentale è il rapporto sensuale e quasi organico con il colore come materia. La pittura, qualunque tipo di pittura anche la più ‘verosimigliante’ è un’esperienza di tipo tattile. Preparare e mescolare i colori, prenderli con dei pennelli, con delle spatole o direttamente con le mani e distenderli sulla superficie liscia ed immacolata della tela è un’ esperienza estremamente eccitante”.
Roberto Fontana stimola la propria ricerca con un’attenzione quasi ossessiva al corpo. È ancora Salvo Ferlito che con grande sintesi ne racconta le ragioni, radicate nella: “diffusa situazione di malessere e patologia dell’intera società. Le svariate riproposizioni del proprio autoritratto (non di rado in un evocativo e straniante sdoppiamento dell’immagine attraverso il ricorso al riflesso in uno specchio), ma soprattutto le tante scene di macelleria (coi corpi umani drammaticamente appesi ai ganci ed esposti alla stregua di qualsiasi altro animale) diventano le icone d’una sempre più diffusa condizione di minorità dell’Ego contemporaneo, i cui spazi di libertà risultano viepiù ridotti e coartati in nome e per conto di “ragioni superiori.” I suoi dipinti non rappresentano “un invito all’arrendevolezza e alla rassegnazione – quello espresso attraverso l’urlo rabbioso e di dolore, o mediante l’afasico e alienato straniamento, o addirittura con la definitiva riduzione allo stato mortuario – ma un fermo richiamo al pieno recupero ed esercizio delle funzioni critiche, quale unico mezzo di difesa dalle dorate e capziose insidie mosse ai nostri inalienabili diritti di uomini e di cittadini”.
Infine vi è lo spazio che l’artista costruisce sfondando il limite fisico della tela. Uno spazio entro cui muovere i corpi o espandere un paesaggio puramente mentale, come spiega Francesco Piazza descrivendo una specifica serie di dipinti: “Con Land(e)scape ricostruisce sé stesso con la medesima qualità dei suoi precedenti lavori introspettivi ma, questa volta, in forma di paesaggio. Un affondo nelle viscere dell’esistenza; una sorta di autoritratto “en plein air” dove i fiumi, gli alberi, le montagne, i riflessi di luce sono metaforicamente membra, cervello, occhi di un complesso organismo fisico e psicologico che prende corpo e vita sulla tela attraverso la accentuata matericità e la fluidità acquosa dei colori che governa e padroneggia in un insieme di sapienza e apparente casualità, liberi di scorrere come fossero promanazioni del proprio stato d’animo”.
L’arte di Roberto Fontana ha un forte fascino, è intimamente tragica, introspettiva, riflessiva quasi riportasse le continue ferite lasciate dalla realtà su un’anima sensibile che non riesce a spiegare le ragioni del dolore e della solitudine, ma ha comunque una profonda empatia verso la sofferenza. Sembra tenere vivo il ricordo delle migliaia di fanti mandati meccanicamente al massacro nella Grande Guerra, il primo conflitto su scala industriale della nostra storia, tra Caporetto e la Battaglia del Solstizio; si sente l’umiliazione e la sconfitta delle masse operaie che nella Torino del 1980 cercarono disperatamente di difendere per settimane i propri diritti con scioperi e serrate. Della sua Sicilia di adozione si riverberano le figure antieroiche del Trionfo della morte, la fisicità e la presenza di corpi e presenze ormai senza volontà nell’ipogeo silenzioso e atemporale dei Cappuccini. La lezione dell’austriaco Hermann Nitsch, di cui Fontana è stato allievo, passa magicamente dalla cupa tragicità del reale attraverso i colori direttamente alla tela. L’artista ne coglie l’essenza e la trasforma in mirabile pittura.
Questa mostra antologica diventa la sintesi di una riflessione che è prima di tutto filosofia, poi gesto, materia e infine colore. Conclude così il curatore Marco Cocciola: “Roberto è un artista impegnato e straordinario; Catarsi è un evento memorabile, da me voluto con il precipuo scopo di rendergli omaggio e documentare la sua intera parabola creativa attraverso un corpus di opere che permettono di coglierne la sensibilità oscura e dolorante, sempre in bilico tra un’energia straripante e la disperazione”.
di Massimiliano Reggiani–EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito
CATARSI Tra figura e colore, a cura di Marco Cocciola
con il patrocinio della Regione Siciliana e del Comune di Palermo
Palermo, Via Lo Jacono, 13
inaugurazione mercoledì 1° settembre 2021 alle ore 17.30
aperta fino al 19 settembre 2021, dal martedì al sabato 17,30-19,30