L’occidente ha speso vent’anni di esistenza in Afghanistan, migliaia di morti, in un conflitto atipico, tra militari della coalizione e civili afghani. Il Paese ora è tornato nelle mani degli afghani. Si, perché quel che a noi occidentali sfugge, è che i talebani, i famigerati studenti coranici, mai sopiti nel loro agire in questi vent’anni, sono afghani. Non è questo il momento di fare analisi culturali e sociologiche, né di parlare di diritti negati e di violenze, sarebbe anche scontato farlo ora. Mi appassiona però fornire alcuni spunti di riflessione su un aspetto molto poco considerato dalla geopolitica occidentale, ancor meno dall’opinione pubblica troppo presa da altre argomentazioni, magari futili, ma di certo accattivanti dell’attenzione di italiani ed europei, in generale.
Dunque partiamo da un punto fermo: gli ultimi vent’anni di presenza occidentale in Afghanistan. Milioni di dollari spesi per armare, addestrare, mettere su un esercito di un Paese che evidentemente non si è voluto comprendere. Tuttavia, nel mentre i soldati americani, italiani anche, perdevano le loro vite su un campo di battaglia indefinito, altre potenze, lavoravano ai fianchi del sistema economico di quel Paese, che noi ci sforzavamo di mettere in piedi.
Incredibile ma vero, le cancellerie occidentali, hanno sottovalutato del tutto, il peso specifico dell’Afghanistan, snodo strategico dell’Asia centrale, crocevia di gasdotti e giacimenti di petrolio, terra arida, ma anche riserva di circa 1400 giacimenti di cromite, carbone, rame, oro, ferro, gas naturale, petrolio e altre risorse. Non si è badato per nulla a tutto questo e nel mentre gli americani si facevano odiare dalla popolazione locale, visti sempre più come invasori, Paesi come la Cina, in silenzio, lavoravano con diplomazia e con l’aiuto dello yen a comprarsi tutto o quasi. Ad oggi, non a caso, l’80% dei diritti estrattivi delle risorse minerarie afghane è in mano alla Cina. Si stima, ma probabilmente per difetto, che l’Afghanistan possieda circa 3 trilioni di dollari di minerali non sfruttati. Naturalmente non dimentico che il Paese produce oltre il 90% della fornitura mondiale di oppio.
Insomma, oggi che l’occidente mestamente lascia l’Afghanistan nelle mani dei talebani, oggi che noi tutti, occidentali, siamo concentrati a criticare la sconfitta sul campo della diplomazia e della strategia militare occidentale in Afghanistan, in queste stesse ore c’è chi come i governanti di Pechino stanno lavorando ai piani di invasione industriale dell’Afghanistan, per concretizzare gli accordi commerciali stra scritti con i governanti afghani e con quei capi talebani, che già avevano pianificato la riconquista del paese.
Ecco la vera sconfitta occidentale in Afghanistan. Le uniche due ambasciate straniere lasciate aperte ed in funzione a Kabul in queste ore sono quelle di Mosca e quella di Pechino. Mentre noi occidentali eravamo impegnati nell’operazione logistica mastodontica di ritiro di mezzi e uomini dall’Afghanistan, lo scorso 8 luglio una delegazione talebana è stata ricevuta dal Ministero degli esteri della Federazione russa per colloqui. In verità, la strana posizione dei vertici di Kabul, alleati della NATO, ma con dialogo aperto con Mosca, ha radici antiche. Malgrado la sconfitta dei russi del 1989, Mosca ha sempre lavorato in sordina per salvaguardare futuri interessi in Afghanistan. Ecco quindi la perfezione di un gioco a scacchi che è sfuggito di mano all’occidente. Gli americani negoziavano a Doha con i talebani per lasciare il Paese; russi e cinesi dialogavano a Mosca e Pechino con gli stessi vertici politici dei talebani per il futuro dell’Afghanistan. Risale al 27 dicembre 2016 una nota diramata da Mosca che aveva convocato una consultazione trilaterale tra Russia, Pakistan e Cina sulla pacificazione dell’Afghanistan, senza però invitare il governo di Kabul. Nel comunicato finale, si leggeva che Mosca e Pechino, in qualità di membri del Consiglio di sicurezza ONU, intendevano promuovere sforzi per la riconciliazione, favorendo «un dialogo pacifico tra Kabul e il movimento talebano». Ecco, tutto questo era noto ed era chiaro, solo che noi occidentali, questa è la verità, a partire dall’opinione pubblica sempre disinteressata dei fatti e degli accadimenti in Afghanistan, non abbiamo voluto vedere. Quel che accade in queste ore a Kabul era scritto.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports