In mostra a Salina i delicati acquerelli di Rosa Lombardo, architetto siciliano che dalla nativa Palermo ha fermato lo sguardo sull’orizzonte tirrenico catturando profili e magia delle Isole Eolie. L’artista con un’abile costruzione dello spazio che va oltre il dato visivo è ben consapevole e rende all’osservatore l’intero Arco Eoliano: isole e montagne sottomarine, in parte arcipelago in parte vulcani sommersi che nel silenzio delle profondità continuano a costruire nuove terre di pomice e pietra. L’acqua è un velo lucente, una bolla immensa forata da alcuni picchi montuosi: incapaci di galleggiare evidenziano il piede possente che li sostiene e li innalza. Il cielo è assolutamente vuoto e limpido, cristallino e trasparente: non contiene nulla di transitorio e accidentale, il volo di un gabbiano, la scia di aereo che passa; è un cielo vuoto perché non racconta, ma presenta; è il gran teatro del mondo, fatto di ere geologiche senza un tempo: l’acquerello della Lombardo non descrive, svela e presenta. Due forze sono presenti ma non si possono vedere: il vento e la forza delle correnti; entrambe puliscono e portano via i pensieri, si portano via il quotidiano e introducono il sogno, l’essenza.
Entrambe sono sublimate nella tecnica stessa, l’acquerello che è fatto di soffi, di acqua che corre, di aria che asciuga e blocca l’immagine; mondo liquido, colori improvvisi, il vento che secca e conserva ogni cosa. Abbiamo così raggiunto a Salina Rosa Lombardo per un’intervista.
Nelle sue opere non solo arcipelago ma anche teste femminili, che danno vita a foglie e germogli. Di cosa ci parlano questi simboli?
Le teste bifronte sono l’Isoladentro, che è anche il titolo della mostra; sono incubatori di energia vitale, sono le isole stesse fatte della medesima natura che le ha generate e di cui ora sono generose custodi.
L’impressione che provo guardando le sue opere è sentire la brezza del vento, talvolta evidente come in Filicudi, talaltra leggero per sostenere le bolle narrative. Il vento è uno spirito fecondatore, l’isola, il mare o la luna calante il principio femminile; sono questi elementi d’acqua un orecchio del mondo in attesa del soffio vitale, è una primordiale annunciazione?
Il vento è il principio simbolico delle isole Eolie. Il dio Eolo attraversa continuamente i miei acquerelli anche quando i colori e le forme sembrano non rappresentarlo.
Solo l’asinello attraverso la bolla sembra raccontare la propria terra, apparentemente sospesa fra cielo e mare. Le altre bolle trasparenti sembrano essere vuote, rappresentano un invito alla narrazione?
Le bolle sono l’alito di energia che le isole tengono dentro. Il mulo è il simbolo di Alicudi: fatica e poesia, che sono i generatori dell’isola delle isole: quella che vive in ognuno di noi.
Nelle sue rappresentazioni non vi sono nuvole: troppo contingenti? darebbero un aspetto paesaggistico o fotografico agli acquerelli?
Le nuvole, che spesso sono presenti in altri miei lavori, in Isoladentro non sono necessarie: la pulizia blu non le contemplava!
La luna non illumina, la Via lattea manca: i suoi notturni sono visioni dell’alba, prima che il sole si avvicini al profilo del mare e scaldi la luce con l’aurora?
La luna per me è un inizio, è la parte più malinconica della notte. È un elemento astratto ma nello stesso tempo fortemente reale: è l’idea della notte quando tutto nell’arte “ci parla” della luce e del giorno.
Acquerello e non pittura: la sua scelta è una sfida contro il tempo, la volontà di fissare senza errore, di guidare la chimica e l’alchimia, la magia dell’istante creativo?
Io sono un’innamorata della pittura ad acqua: quando dipingo siamo sempre in due, io e lui, l’acquerello. Mi piace la sfida tra il mio sentire e il suo fluire dentro al foglio.
Come realizza quei raffinati segni bianchi, decori e florilegi che ricamano la superficie?
Uso l’inchiostro bianco e pennino sopra l’acquerello una volta che è asciutto. Realizzo un nuovo racconto disegnato sopra uno acquerellato.
La struttura che lei crea non è assonometrica, nè scorciata o scenografica ma molto funzionale alla composizione, in un allineamento per piani apparentemente semplice o elementare: in basso la terra o il mare, comunque qualcosa che evochi pesantezza, in alto leggerezza e libertà. Perché questo richiamo evidente al disegno infantile, a piani paralleli, all’assenza di prospettiva?
La mia visione dello spazio è per piani sovrapposti o limitrofi perché sono elementi differenti di un tutto unitario. È una visione semplice e complessa allo stesso tempo, la visione di un mondo da cui probabilmente mi difendo pur volendone conoscere ogni intimo segreto.
Perché è nata e come si è sviluppata Isoladentro?
Questo progetto prende avvio da una piccola residenza d’artista che mi è stata proposta da Fabbrica11: un laboratorio di idee a Malfa nell’isola di Salina, creato attraverso il recupero dei vecchi magazzini per la lavorazione del cappero, una realtà importante che abbiamo solo grazie alla tenacia di Paola Pintacuda.
Da architetto perché ritiene che l’essere umano cerchi sempre nuovi stimoli visivi, oltre il proprio abitare, nella natura o nell’arte?
La natura è una fonte inesauribile e prepotente di stimoli creativi e nonostante l’architettura nei secoli vi abbia attinto a piene mani è solo nell’arte figurativa che l’uomo si rifugia tentando di appagare il proprio, infinito, bisogno di bellezza.
Io credo che il suo modo di rappresentare la conoscenza del paesaggio e dei concetti sia realizzato attraverso una descrizione per immagini, allegoriche e simboliche, che dialogano fra loro in uno spazio di apparente naturalezza. Ritiene coerente con la sua arte questa definizione?
Sì, la ritengo adatta per spiegare, nella mia rappresentazione, l’uso delle immagini.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito
ISOLADENTRO è stata anche raccontata, in versi, dall’artista della parola Chiara Tabroni.
Per primo giunge il respiro.
Il lasciar cadere nel blu ogni superfluo ormeggio, una resa incondizionata.
C’è un dialogo silenzioso, senza parole, un cordone ombelicale mai scontato,
uno scorgere dietro l’angolo una visione altra.
L’ isoladentro non si sceglie, accade.
Come le cose migliori,
o quelle peggiori,
come una folgorazione o un lento innamorarsi.
L’isoladentro r-accoglie in sé parti di noi, come molteplici specchi specchianti.
Sogno che si fa realtà e viceversa.
Percorriamo la vastità e poi per contrasto, il dettaglio minuto,
seguendo mappe quasi impercettibili, bianchi ricami che della delicatezza portano l’essenza.
E allora sia, questo spazio d’infinito in cui perdersi e ritrovarsi,
sia il linguaggio segreto del mulo mai ascoltato che sogna e prevede,
sia il fremito di una foglia e la sua curvatura maestra,
siano compagne assonanti la profondità e la cima,
sia lo slargo che fa spazio al cuore, quello vero,
sia il sotto, il sopra, il sottosopra, il dentro e il fuori.
Mondi primordiali in cui l’essere umano non è necessario, la sua forza cogitante non è indispensabile.
Se fa la sua comparsa è diventato un dio bifronte che zampilla rosso vulcanico e racchiude il tutto, o si manifesta in un canto fiorito che invade l’aere.
Le pennellate danzano tra acqua e colore denso, tra evanescente lucore e contorni di natura dis-velata, segni che non chiedono di essere interpretati ma attraversati.
Lasciano una scia, la sensazione di essersi fatti condurre alla scoperta di un paesaggio, intimo, personale, ma nello stesso tempo universale.
Solo così si fiorisce, perdendoci in un altrove interiore.
E alla fine ci accorgiamo che la pelle dell’isola è diventata anche la nostra,
il nostro battito santo, rinnovato, ritrovato.
Nella spoliazione ci si ritrova interi.
Sotto una falce argentea di luna.
Anche le lacrime sono diventate blu.