Le sirene delle volanti della Polizia e delle gazzelle dei Carabinieri hanno suonato questa notte per le strade di Palermo, il giorno dopo le commemorazioni della strage di via D’Amelio. Una vasta operazione contro il mandamento mafioso di Ciaculli è stata condotta dalla Squadra Mobile e dal Reparto Operativo Carabinieri di Palermo, coordinata della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica che ha emesso mandati di arresto nei confronti di 16 indagati ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata del metodo mafioso.
La Polizia di Stato, nell’Operazione Tentacoli, ha concentrato le investigazioni sui contesti territoriali di pertinenza delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio da cui sono scaturiti gli arresti, per associazione mafiosa, armi, ed estorsione aggravata di Giovanni Di Lisciandro, Stefano Nolano, Angelo Vitrano, Di Fede Maurizio, Gaspare Sanseverino, Girolamo Celesia, Sebastiano Caccamo, Giuseppe Ciresi, Claudio Onofrio Palma, Rosario Montalbano, Marcello Filippo Tutino, Salvatore Gucciardi, Giuseppe Caserta.
Si tratta di una vasta operazione, che giunge al termine di due anni di indagini, hanno detto gli inquirenti, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno riguardato il mandamento mafioso di Brancaccio\Ciaculli, sulla scia delle operazioni “Maredolce 1”, “Maredolce 2” e “Sperone” concluse tra il 2017 e il 2019. Sono stati individuati capi e gregari delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio e ricostruite le loro responsabilità in ordine a più di 50 episodi estorsivi nei confronti di commercianti e imprenditori.
Le indagini della Squadra Mobile hanno restituito un preoccupante quadro di una Palermo ancora fortemente condizionata dalla presenza di Cosa nostra, dove supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto e tantissimi imprenditori e commercianti, si rivolgono al boss della zona, per essere autorizzati ad aprire le loro attività, pagando regolarmente il pizzo e senza mai denunciare il fatto alle forza dell’ordine. Addirittura, in alcuni casi, gli stessi commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire all’estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia. Una presenza mafiosa ancora talmente forte e radicata, da riuscire ad estorcere denaro anche durante l’emergenza pandemica, ai pochi negozianti rimasti aperti e con volumi di affari assolutamente esigui.
Al vertice della famiglia mafiosa della Roccella ci sarebbero Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano che hanno gestito sino ad ora, la rete relazionale mafiosa, fissando gli incontri con gli altri sodali, con la massima riservatezza e gestendo i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti, con particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.
Ad Angelo Vitrano, altro elemento di rilievo della compagine mafiosa, erano affidati compiti di raccordo con gli elementi di spicco della famiglia di Ciaculli e di coordinamento del lavoro di Maurizio Di Fede, considerato la mente operativa della famiglia mafiosa, con compiti di promozione ed organizzazione delle attività estorsive e del traffico di stupefacenti, a capo di una schiera di soldati molto attivi sul territorio, sempre pronti non solo a raccogliere il pizzo presso i commercianti, ma anche ad effettuare sistematiche perlustrazioni della zona, alla ricerca di nuove attività commerciali da spremere. Il braccio operativo era composto da Rosario Montalbano, Salvatore Gucciardi, Claudio Onofrio Palma e Giuseppe Ciresi, della famiglia mafiosa della Roccella, che con la sola presenza e senza minacce esplicite, riuscivano ad estorcere il pizzo ai commercianti.
Il gruppo criminale aveva armi perfettamente funzionanti, a disposizione della famiglia mafiosa, pronte per essere utilizzate. In diversi casi, è stato necessario predisporre, da parte della Squadra Mobile, servizi specifici per prevenire rapine o spedizioni punitive ai danni di quanti fossero stati riconosciuti dalla famiglia come ostacoli per i loro affari illeciti.
Per la famiglia di Brancaccio, spiccano i nomi di Girolamo Celesia e Filippo Marcello Tutino. Celesia, considerato personaggio di rilievo in seno alla famiglia mafiosa, avrebbe partecipato a riunioni a massimi livelli del mandamento mafioso, anche con i Greco di Ciaculli, coordinando le attività criminali, droga ed estorsioni, sul territorio e gestendo personalmente alcune estorsioni in danno di esercizi commerciali della zona.
Un ruolo di rilievo spetta anche a Filippo Marcello Tutino, che avrebbe fatto valere la sua esperienza ed il suo blasone mafioso nella gestione dei rapporti tra i sodali dispensando consigli anche sulle modalità di approccio nei confronti delle vittime di estorsione. Tra gli esattori della famiglia di Brancaccio, figura Gaspare Sanseverino, punto di riferimento di Girolamo Celesia e della famiglia, per le estorsioni e per una vera e propria mappatura delle attività commerciali sul territorio.
Tra gli arresti di questa mattina c’è anche Giuseppe Caserta, elemento di spicco della famiglia mafiosa di Brancaccio, scarcerato poco meno di due mesi fa e che si sarebbe subito messo a disposizione del clan mettendosi, rivendicando un ruolo in seno alla compagine mafiosa.
I Carabinieri, nell’Operazione Stirpe, si sono concentrati sul vertice del mandamento di Ciaculli – Brancaccio, arrestando questa notte Giuseppe Greco, Ignazio Ingrassia e Giuseppe Giuliano.
“La tradizione è una delle radici fondamentali di Cosa nostra palermitana e noi la seguiamo, per essere sempre più efficaci nella lotta e nella liberazione della comunità da questa piaga” ha dichiarato il Generale di Brigata Arturo Guarino, Comandante Provinciale dei Carabinieri.
Nelle indagini è emerso che Leandro Greco, giovanissimo referente della commissione provinciale di Cosa nostra e capo mandamento di Ciaculli avesse un rapporto speciale con il cugino Giuseppe Greco, detto “il senatore”. A seguito dell’arresto di Leandro, il mandamento mafioso è stato retto da Giuseppe, che si è occupato di relazionarsi con le dipendenti famiglie mafiose di Brancaccio, Roccella e Corso dei Mille. Nel tempo i due cugini hanno potuto rafforzare l’egemonia sulle altre famiglie assorbite sotto l’influenza del mandamento mafioso di Ciaculli, grazie alla parentela con il noto boss mafioso Michele Greco, detto “il papa”. Leandro ne è infatti nipote in linea diretta, mentre Giuseppe è figlio di Salvatore Greco, detto “il senatore”, fratello di Michele.
Le indagini dell’Arma hanno inoltre consentito di individuare la figura del consigliere del boss Greco, impersonato da Ignazio Ingrassia detto “il boiacane”. L’anziano mafioso avrebbe fornito il suo apporto al vertice del mandamento nella gestione di delicate tematiche territoriali. Greco e Ingrassia si sarebbero occupati di gestire le dinamiche legate al sostentamento economico delle famiglie dei carcerati appartenenti al mandamento, “recuperando” le risorse, grazie ad una vasta e complicata rete di attività illecite. Le indagini hanno dimostrato che il vertice imponesse un vero e proprio controllo capillare del territorio, intervenendo nella compravendita di terreni e immobili e gestendo le dinamiche di approvvigionamento e smercio di droga nel Palermitano.
Le indagini hanno tuttavia evidenziato che la forza intimidatrice degli uomini d’onore di Ciaculli fosse in grado di raggiungere dimensioni ancora più invasive rispetto alla sola richiesta del pagamento di una tangente sulla compravendita di immobili e terreni. Il boss Greco, coadiuvato da alcuni membri della locale famiglia mafiosa, avrebbe imposto la vendita di un immobile, in favore di un sodale, obbligando il legittimo promesso acquirente a rinunciare all’affare.
Il vertice del mandamento si è inoltre occupato dell’amministrazione del circuito dell’approvvigionamento e smercio di sostanze stupefacenti, costringendo alcuni soggetti dediti al fruttuoso affare, a versare somme di denaro da destinare alla cassa del mandamento mafioso. Giuseppe Greco sarebbe riuscito inoltre ad intessere un delicato rapporto di coordinamento tra i mandamenti palermitani, al fine di acquistare all’ingrosso, stupefacenti dalla ‘ndrangheta calabrese che, come è noto, è il più grande importatore in Italia di cocaina.
Ignazio Ingrassia, influente e anziano esponente del mandamento di Ciaculli, avrebbe tenuto il canale di comunicazione con gli esponenti calabresi, avendo dato prova anche in altre circostanze, di possedere un ramificato e ampio circuito relazionale con esponenti di diverse altre organizzazioni criminali.
Frequenti i contati di Ignazio Ingrassia con la mafia americana, come in occasione dell’omicidio del mafioso newyorkese Frank Calì, esponente di spicco della famiglia Gambino di New York, fatto tempestivamente comunicato all’anziano consigliere del boss Greco, come è stato dimostrato dalle intercettazioni.
“Abbiamo dimostrato la ricostituzione della commissione provinciale di Cosa nostra dopo la morte di Salvatore Riina, circostanza in cui Leandro Greco, che era il rappresentante del mandamento di Ciaculli, aveva avuto un ruolo di promotore rispetto a questa ricostituzione, quindi da lì, abbiamo continuato a sviluppare questa attività di indagine, che oggi ci ha consentito di individuare il reggente del mandamento di Ciaculli” ha spiegato il Colonnello Mauro Carrozzo, Comandante Reparto Operativo Carabinieri Palermo. “La mafia è sempre forte a Palermo, perché è pervasiva sul territorio e lo dimostra l’attività di sensaleria che si sviluppa su un territorio prettamente agricolo”.
Il quadro probatorio ricostruito dai Carabinieri ha permesso di fornire una situazione completa della locale realtà mafiosa, caratterizzata da una diatriba interna alla famiglia mafiosa di Corso dei Mille. Gli inquirenti hanno infatti ricostruito che fosse stata messa in discussione l’integrità di un appartenente al sodalizio identificato in Giuseppe Giuliano, detto “il Folonari”.La disputa, rientrata nelle competenze di Giuseppe Greco, è stataamministrata dal boss innumerosi incontri intrattenuti con il Folonari e altri membri delle limitrofe famiglie mafiose. Questi elementi hanno consentito di acclarare la centralità della figura del “senatore” nella gestione delle dinamiche mandamentali e di acquisire indizi indicanti l’adesione al sodalizio criminale di Giuseppe Giuliano.
Le indagini hanno messo in luce lo spostamento del baricentro di influenza del mandamento di Brancaccio verso la famiglia mafiosa di Ciaculli, governata, appunto, dai Greco che, dopo gli eventi della seconda guerra di mafia, forte della sua eredità storica assicurata dalla parentela con il papa e della ritrovata autorevolezza dei vertici del mandamento, punta a riacquisire l’egemonia sul territorio palermitano.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports