Si, abbiamo chiuso. Una pagina di storia del nostro Paese, durata vent’anni, chiusa velocemente e senza troppi fronzoli. In verità, all’ultimo ammaina bandiera, ufficiale, nella base di Herat, lo scorso otto giugno, era presente anche il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. E’ trascorso un mese, nel mentre abbiamo riportato a casa tutti i nostri ragazzi. Dopo vent’anni di sacrifici, impegno, abnegazione, onore, con l’Operazione “Retrograde to Zero”, i nostri militari hanno lasciato definitivamente l’Afghanistan.
Autorità militari, gente accalcata sulle transenne con tricolori da sventolare. La fanfara, si anche quella, per accogliere con gli onori che meritano i nostri ragazzi e l’ultima bandiera italiana rientrata dall’Afghanistan, dove abbiamo lasciato sul campo 53 militari e quattro civili in questi vent’anni. Così sarebbe dovuto essere; non vi è dubbio. Invece no. Nessuna autorità politica o istituzionale, nessun bambino festante a sventolare il tricolore lungo le strade. Nessun sorriso, nessuna gioia negli occhi di una madre che riaccoglie il proprio figlio.
Ad accogliere i nostri ragazzi in mimetica e la bandiera del 186° Reggimento Paracadutisti “Folgore”, gli ultimi a lasciare l’Afghanistan, non era presente nessuno. Eppure, se solo ci si fosse fermati un attimo a riflettere, forse meritava di più, molto di più la Folgore, il reparto che ha pagato il più alto numero di caduti in Afghanistan. Ma è andata così. Abbiamo chiuso nel silenzio, non solo vent’anni della nostra storia recente, ma soprattutto la missione internazionale che ha dato maggiore prestigio al nostro Paese, lo ha riconosciuto la NATO, innanzitutto. Una missione che ha visto esaltare, giorno dopo giorno, anno dopo anno, le grandi capacità operative, umane, professionali, diplomatiche, delle nostre Forze Armate in un Paese che, tra tutte le forze della coalizione, ha sempre accettato volentieri le mimetiche italiane.
Abbiamo chiuso nel silenzio la missione più lunga della storia recente del nostro Paese, con un bilancio, oltre i 53 militari deceduti sul campo, di quattro civili, tra cui personale dei servizi. Il Paese dove oltre 700 militari sono rimasti feriti e mutilati. Il paese dove abbiamo lasciato lo spirito di Maria Grazia Cutuli, la collega giornalista che, per fortuna, continua a vivere nei sorrisi dei 3500 bambini che frequentano ogni giorno la scuola che porta il suo nome.
Noi, in Italia, non abbiamo sentito il dovere di accogliere con tutti gli onori i nostri ragazzi in uniforme e la bandiera della Folgore; l’ultimo vessillo italiano a lasciare l’Afghanistan. Eravamo li dal 18 novembre 2001. Chi come me è stato in Afghanistan decine di volte in questi anni, ha avuto modo di vedere, costatare, quanto abbiamo fatto per gli afghani. I nostri militari, anche con l’azione della cooperazione civile, dal 2015, hanno costruito un centinaio di scuole. Che io ricordi, sono almeno trenta gli edifici di sicurezza realizzati per i militari afghani. Ma soprattutto, abbiamo costruito 40 ospedali; abbiamo scavato ed attrezzato più di 800 pozzi per fornire acqua e dissetare interi villaggi. Certo, abbiamo speso in Afghanistan oltre 58 milioni di euro per attività di cooperazione civile e militare, ma abbiamo realizzato ben oltre 2.290 progetti, in realtà, la missione italiana in questi anni è costata all’incirca per le spese militari di circa 8,5 miliardi di euro, Credo che tutto questo va ricordato, va raccontato alle perone, agli italiani. Lo abbiamo fatto in questi anni, ci abbiamo provato almeno, noi che abbiamo visto. Ma era giusto, doveroso farlo anche nel momento in cui la bandiera, l’ultima, quella della Folgore, rientrava in Italia. Invece la cerimonia di accoglienza, che pure era stata programmata, è stata annullata. Ufficialmente per motivi di sicurezza, a causa della variante delta del Covid. In realtà, a pensarci bene, vien da sorridere a questa motivazione, se pensiamo che lo scorso 8 giugno ad Herat, erano presenti circa sessanta civili, oltre i militari al seguito del ministro Guerini per l’ammaina bandiera.
Insomma, il rientro in Italia dei nostri militari meritava ben altro che il nulla. E’ andata così. Tuttavia, proprio da queste pagina ci permettiamo di suggerire al ministro Guerini ed allo Stato Maggiore della Difesa di programmare, in concomitanza con l’11 settembre, data simbolica di chiusura ufficiale della missione NATO in Afghanistan, una manifestazione in Italia, magari a Livorno, se non a Roma, alla presenza di tutti i giornalisti embedded, che in questi anni hanno lavorato al servizio dell’informazione, del Paese, delle Forze Armate, per onorare vent’anni di storia moderna del nostro Paese. Per ricordare i nostri caduti in Afghanistan. Per rinnovare l’impegno civile al fianco di una popolazione che abbiamo lasciato, purtroppo, in balia delle forze talebane, che in queste ore si stanno riprendendo il Paese. Ecco, è questa la nostra idea che condividiamo volentieri con il ministro Guerini. Naturalmente siamo in attesa di un riscontro. Nel mentre, ci permettiamo di dare il “ben tornati in Patria” ai nostri militari ed al vessillo della Folgore.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports