È stata scelta per rappresentare un personaggio della Divina Commedia un’opera dello scultore siciliano Giovanni Puntrello, nato a Campobello di Mazara ma da diversi anni trasferito a Trìscina di Selinunte, dove lavora usando la locale arenaria in continuità con gli artisti classici che edificarono con questa pietra i sontuosi templi della Magna Grecia. Il critico Giorgio Gregorio Grasso, cultore di storia e letteratura medievale e curatore di questa edizione del capolavoro di Dante che viene così illustrato da artisti contemporanei, commenta così la scelta di inserire la scultura Aglauro, che ammiriamo in copertina, in questo importante evento culturale, che partendo da Milano sarà successivamente presentato in diverse altre città d’Italia: “Giovanni Puntrello ha colto nel segno vincendo la sfida che è stata posta agli artisti: tornare al concetto di bellezza e di emozione estetica nell’arte”.
Giorgio Grasso siciliano di nascita ma milanese di adozione, laureato in storia e in scienze dei beni culturali, docente e critico porta nel sangue la cultura del bello, di cui da millenni è intrisa la sua terra natale. L’attenzione verso le capacità tecniche dell’artista, la sua sensibilità nei confronti della materia, il legame con il territorio e l’evidenza di una profonda radice culturale sono aspetti che valuta sempre con grande attenzione e sicuramente hanno molto influito nel ritenere Aglauro di Giovanni Puntrello aderente espressione della terzina dantesca. La sua attività di critico, infatti, mette al centro del creare la forza comunicativa e la capacità di coinvolgere, elevando, lo spirito di chi osserva l’opera e rifiutando con convinzione la così detta arte povera o concettuale, dove il ragionamento cerca senza successo di diventare esso stesso espressione artistica.
La Divina Commedia illustrata da artisti contemporanei sarà presentata il 10 luglio a San Giuliano Milanese, nel Palazzo dei Marchesi di Brivio, un complesso del tardo Seicento commissionato dal Marchese Luigi e realizzato in mattoni a vista, con uno stile severo che domina da un’altura la valle del fiume Lambro. Un Palazzo che mantiene il nome di Rocca perché sorge al posto di un precedente maniero, ma nulla ha più di difensivo perché è un’aristocratica dimora dal volume regolare che si apre su di un vasto giardino. In queste sale ormai disadorne si potranno ammirare le opere d’arte scelte per dare concretezza fisica ai canti e alle terzine della Divina Commedia. È interessante vedere la continuità geometrica, la ricerca del ritmo che il Curatore ha trovato tra le partiture architettoniche e gli schemi rigorosi dell’opera letteraria: un ritmo che si ripete ed è una costante nella sua pulsazione musicale, intessuta di personaggi, simboli e allegorie espressi in parole e ora fisicamente presenti in colori, segni e forme.
Aglauro, infatti, scolpita in pietra arenaria mantiene nel volto le proporzioni del corpo femminile, largo e con tratti ancora da adolescente, bello nel senso di equilibrato e potentemente evocativo, senza cercare una ripetizione pedissequa del reale. E’ un’opera che sposa con il suo rigore geometrico, temperato dalla dolcezza dell’anatomia, lo stile asciutto e senza inutili addizioni del poeta toscano. Aglauro è una presenza fugace nell’opera del Sommo poeta, conclude il quattordicesimo canto del Purgatorio dove si espia la colpa dell’invidia; questo è un canto particolare, fatto di voci sommesse, di due anime che interrogano con garbo Dante sulla propria identità senza presentarsi, in uno scambio fra sconosciuti che discorrono di sventure avvenute fra Toscana e Romagna. Versi colmi di angoscia che si concludono con un esempio di invidia punita.
È la voce di Aglauro, mitica figlia del re di Atene che fu trasformata in sasso da Hermes, il Mercurio dei Romani. La giovane, invidiosa della propria sorella Erse amata dal dio, aveva cercato di osteggiarli frapponendosi tra loro sulla porta della reggia, decisa a non muoversi più. L’ira di Mercurio, come ci racconta Ovidio, fu tale che la fanciulla venne impietrita. Giovanni Puntrello concentra la voce di Aglauro e il suo corpo fremente di essere amato nella rigidità di una forma vagamente quadrata, dove occhi e bocca sono contratti e ormai destinati ad essere ombre in un’opera che sprigiona ancora la sua forza vitale ma cristallizzata in un equilibrio senza pace.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito