Hannu Palosuo, artista finlandese nato a Helsinki nel 1966, compie a Roma i suoi studi accademici, Storia dell’Arte alla Sapienza e poi pittura all’Accademia di Belle Arti. Nonostante questa completa formazione culturale maturata in una capitale dell’arte figurativa e luogo di storia e trascendenza, Palosuo mantiene intatta una propria sensibilità boreale che impara ad esprimere con forme, colori e suggestioni quasi barocche. Una maestria esemplare nell’uso del colore, grande capacità di rendere le forme e i volumi, apparizioni improvvise di volti e oggetti con un insistito accento di nostalgica e struggente lontananza; una sensibilità verso la materia, la bellezza raffinata o semplicemente funzionale dei tessuti che portano agli occhi dell’osservatore frammenti di storie, vicende perdute, presenze che affiorano senza raccontare.
Da un lato è la meraviglia, l’inaspettato, il sontuoso e magnifico, l’apparentemente dimenticato, la traccia preziosa di un tesoro nascosto: tutti elementi che risentono innegabilmente della romanità di una metropoli che vive nei sedimenti della propria gloria passata e del suo continuo rinnovarsi, in misura ridotta ma costante nella voglia di sfarzo e nel piacere dello stupore. Dall’altra l’anima eroica di un popolo che per millenni ha dovuto lottare contro l’inclemenza dei luoghi, vivendo nella bellezza sconfinata e allo stesso tempo inumana del Nord più selvaggio, dei boschi e dei laghi. Figlio di un mondo agricolo di pastori e legnaioli, di carovane commerciali e pascoli che seguono il ritmo incessante delle stagioni. Palouso esprime con semplicità e malinconica tenerezza quel ricordo struggente che per ogni abitante delle terre inospitali è il rifugio di una casa, la bellezza del mondo raccolta in pochi fiori, la fiammella di una candela protetta dal vento impetuoso, un cesto di frutta che è dono all’ospite e offerta agli dei della natura. Un broccato borghese o la tela di sacco che rimanda al ritmo dei viaggi e dei mercati, alla voglia di tornare e al pungente desiderio di essere vicino ai propri cari.
“Closing Time” è il suo nuovo ciclo di lavori, presentato alla Kou Gallery di Roma, con un titolo che è già un programma, preso dalla canzone del poeta e cantautore canadese Leonard Cohen, che a sua volta per le origini ebraiche, la madre lituana, lo sradicamento culturale e la perdita del padre in giovanissima età, porta nella propria estetica la struggente drammaticità di ciò che si è amato e troppo presto perduto. Dal testo di “Closing time” scegliamo alcune parole “E ti ho amata quando il nostro amore era benedetto e ti amo ancora adesso che non ne è rimasto nulla se non il dolore e la sensazione di aver sbagliato i tempi e mi sei mancata dal momento in cui quel posto è stato distrutto e non mi importa di quello che è poi accaduto” (And I loved you when our love was blessed and I love you now there’s nothing left but sorrow and a sense of overtime and I missed you since the place got wrecked And I just don’t care what happens next). È una semplice strofa ma racchiude il senso della mostra di Palosuo, la frattura inesorabile fra quello che vorremmo trattenere e ciò che invece resta, la necessità di assaporare ogni istante per fissarlo dentro di noi ben sapendo che tutto scivola nel ricordo e nell’oblio. Vivere consapevoli che che ogni attimo, anche il più bello, non potrà ripresentarsi; sentire cioè che non è il mondo a sfuggire ma la nostra forza vitale a svanire sempre più. L’uomo nell’essere fiamma consuma, giorno dopo giorno, il proprio corpo fatto di cera.
Lasciamo alle parole del curatore Massimo Scaringella, che da anni segue l’opera e spiega l’arte di questo maestro finlandese, una considerazione sul rapporto fra colore e memoria, tra rappresentazione e identità dell’artista. “In ogni quadro di Hannu Palosuo, siano figure umane, sedie, vasi di fiori, nature morte, è sempre riconoscibile l’importanza del colore, molto evidente in questo ultimo ciclo, come strumento di delimitazione delle forme e del suo contenuto scenico. Il soggetto deve descrivere lo spazio ingombrandolo, i gialli solari, i rossi infuocati, i verdi naturali, i blu cobalto che sembrano dipinti dal vento che li trascina sulla tela, i grigi che compongono la prospettiva e rimandano alle tracce del passato sono elementi della natura umana che ci trasciniamo dentro di noi. Opere pensate dal di dentro e che generano un rapporto tra l’arte e la vita entrando in relazione con il tessuto sociale a cui apparteniamo. Dove è posta in grande risalto la vera ruota della nostra esistenza, l’alternanza della vita e la morte, la rigenerazione dei cicli umani che si ripetono nel corso dei secoli e che formano la nostra storia e la nostra attualità. L’avventura creativa di Hannu Palosuo evidenzia quindi come tra il solido e l’impalpabile non ci siano limiti. La superficie appare così invariabile e senza tempo, fiorisce e si lascia indietro nella sua radicale mutazione”.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito
Photo by Giorgio Benni
“Closing Time” personale di Hannu Palosuo curata da Massimo Scaringella
Roma, Kou Gallery, Via della Barchetta 13
dal 21 aprile al 22 maggio 2021
Hannu Palosuo ha partecipato alla Biennale di Venezia del 2009, su invito della Repubblica Araba-Siriana, realizzando “None of them is the truth” e nelle due edizioni successive; in quella del 2013 all’interno di “Cara amica arte” collettiva curata da Duccio Trombadori. Diverse istituzioni finlandesi accolgono sue opere, tra cui il Serlachius Museum, il City Art Museum di Helsinki e quello di arte contemporanea di Tampere. In Italia è presente Roma alla GNAM -Galleria Nazionale d’Arte Moderna e nella Fendi Collection, a Venezia nella Fondazione Valerio Riva e a Milano nella Fondazione Durini. Le creazioni di Hannu Palosuo sono presenti anche in numerose collezioni pubbliche di tutto il mondo: il Museo Zorrilla di Montevideo, il Pabellòn de las Bellas Artes UCA di Buenos Aires, la National Gallery di Amman, l’Instituto iberoamericano di Madrid, l’Herbergenmuseum di Monaco di Baviera e il Museo Nazionale di Damasco.