Arte urbana in Sicilia, a Contessa Entellina il nuovo murale di Igor Scalisi Palminteri: un volto di donna, assorto e sfuggente, tramandato per secoli nella coscienza collettiva dei contessioti, il popolo di questa terra a maggioranza di rito greco ortodosso. Il riferimento è un’opera rinascimentale, il busto marmoreo di Eleonora d’Aragona.
Cerchiamo di capire come si è arrivati a questa scelta, perché poco o nulla resta sul territorio di questa nobildonna e della sua vita che si svolse in pieno Trecento. Anche le sue fattezze immaginate dallo scultore di origini dalmate Francesco Laurana le furono ridate diversi anni dopo la morte. Questo viso così distaccato e contemporaneamente benevolo si rifà ad una modella dallo stesso Laurana variamente interpretata: la ritroviamo infatti sia nel “Busto di principessa” al Louvre che nell’opera conservata al Museo Jacquemart-André, sempre a Parigi. Lo scultore, come detto, veniva dall’adriatico orientale, dalla Dalmazia e lavorò quale artista itinerante in ambito angioino, morirà infatti in Francia. Le sue origini, però, erano in terre veneziane e la cultura e la spiritualità delle sue forme rimandano molto di più all’Oriente di Bisanzio che al più incisivo e vigoroso rinascimento toscano. Il busto, soggetto del murale, fu probabilmente commissionato intorno al 1468 da Carlo Luna, un ricco possidente e discendente dello sposo di Eleonora, per ornarne il monumento funebre da lei stessa voluto nel monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro. Della tomba si persero le tracce e agli inizi del Novecento l’archeologo Antonino Salinas, visto l’estremo degrado in cui si trovava il monastero, decise di trasferire l’opera al Museo Nazionale di Palermo e da lì passò poi alla Galleria regionale di Palazzo Abatellis.
A Contessa Entellina si è quindi deciso di riprendere questo busto marmoreo, ormai lontano e musealizzato, per riproporne un ritorno nel paese a pochi chilometri di distanza dal monastero che lo ebbe in custodia per oltre quattro secoli. La scelta di come realizzarlo è stata affidata alle abili pennellate di due protagonisti dell’arte urbana in Sicilia. La scelta stilistica la racconta così Igor Scalisi Palminteri, che ha avuto il difficile compito di trasportare in due dimensioni i volumi e la lucentezza del busto rinascimentale: “Non sono solito dipingere regnanti o potenti; preferisco santi protettori, artigiani e povera gente ma in questo caso mi ha convinto la figura di Eleonora, signora amata dal popolo. E, soprattutto, il confronto con una scultura: la tridimensionalità mi ha sempre affascinato, la vera sfida è trovare un modo per riprodurne la profondità. Non sto interpretando, semplicemente ripropongo, affascinato, le linee sinuose e ieratiche del busto reso esemplare dalla mano del Laurana. La delicatezza dell’ovale, la signorilità che sembra sprigionare dall’intera figura della nobildonna, la sua storia che ha attraversato i secoli: tutto mi ha portato ad amare Eleonora, a volerla rendere viva, avviare con lei un discorso personale, confidarmi, abbracciarla”.
Le parole dell’Artista molto ci svelano di questa nuova opera e dello spirito che ha dato forza al primo murale del progetto contessiano “Mecenati di noi stessi”. Non è il recupero di una storia antica, non è un omaggio ad una dinastia né ai simboli araldici, non è nostalgia di un tempo in cui efferatezze malattia e miseria convivevano con classi sociali chiuse, fasto e nobili ideali. Lo scultore Laurana è solo un tramite di bellezza, la perfezione della sua opera viene riprodotta ma l’obiettivo è quello di rendere palpitante e presente una figura di donna fuori da ogni iconografia religiosa. È lontana dalla maternità, non è una madre dolorosa, questa Eleonora non protegge né guarda direttamente per come abitualmente ci confrontiamo con lei nel silenzio carico di storia del museo. Igor Scalisi Palminteri mantiene il fondo verde con cui è presentata oggi ma non ci regala una cartolina da Palazzo Abatellis, bensì la presenza di un universo femminile. Questa donna è il ritmo della generazione, della rinascita, della ciclicità. Lo ha detto anche il sindaco Leonardo Spera parlando di “vita e fertilità della donna”. La Sicilia oggi e la sua natura più atavica sembrano voler cancellare, dopo quasi venti secoli, l’Editto di Tessalonica che segnò il declino delle Olimpiadi e di altri simboli come l’oracolo di Delfi e il sacro fuoco di Roma custodito dalle Vestali. È occorso un Novecento che disgregò l’unità spirituale dell’Europa, un dopoguerra di lotte femminili per riconquistare la parità dei sessi, la caduta di Berlino Est per abbattere il bilanciamento cattolico della nostra società. Adesso la donna torna, prepotentemente al centro del Mediterraneo, dopo un silenzio millenario.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito