La cultura siciliana non ha subito passivamente l’evoluzione dell’arte contemporanea assecondando stili e ricerche d’importazione, ma ha cercato invece di far sentire la propria voce nella costruzione anche teorica di una scuola che coniughi antichi saperi e libertà individuale. Ricordiamo oggi l’esperienza didattica di Enzo Togo nei due corsi di incisione tenuti dal Maestro a Marsala nel 1998 e nel 2012. Questi cicli di lezioni stimolarono diversi artisti a conoscere e fare esperienza diretta di una tecnica antica basata sulla pazienza, attesa e lunghi silenzi: la stampa d’arte fatta con torchio e matrici di metallo scavato. Togo, siciliano nel sangue ma nato a Milano nel 1937 ricorda così questi momenti d’insegnamento: “Un’esperienza oltremodo interessante questa dei corsi di calcografia di Marsala che mi ha permesso di misurarmi con le altrui potenzialità, nascoste nelle pieghe più profonde della riservatezza individuale e venute fuori per la sensibilità che la mia natura di didatta ha saputo destare. Avendo al mio attivo un’esperienza quarantennale ma soprattutto disponibilità a trasmettere i cosiddetti segreti professionali, evitando di far assumere loro caratteristiche e difficoltà maggiori di quante non ne meritino, mi è stato facile creare un ambiente nel quale potessero evidenziarsi le necessità di ciascuno nel rispetto delle singole attitudini. I risultati sono fogli liberi da condizionamenti, incisi all’acquaforte, alla maniera zucchero, all’acquatinta, alla vernice molle che esprimono la sensibilità di chi li ha stampati e la voglia di sperimentare antiche tecniche con nuovo coraggio”.
Dalle parole e dall’esperienza di Enzo Togo possiamo trarre tre importanti considerazioni per comprendere meglio alcuni aspetti dell’arte, della sua ricerca e della trasmissione da una generazione all’altra.
L’arte contemporanea non è slegata dalle tecniche tradizionali che anzi vengono trasmesse con amore, custodite e innovate in una condivisione sempre più ampia della padronanza e della maestria; la calcografia è un esempio di questa cultura partecipata che usa e rispetta elementi di una tradizione consolidata da secoli. Le punte da incisore, che possono scavare direttamente la matrice o semplicemente scoprire la parte di metallo che verrà corrosa; le lastre in rame, talvolta anche di plexiglass in una recente variante della puntasecca, il mordente che è l’acido capace di sciogliere il metallo e scavarlo a differenti profondità, variando il tempo di immersione; il bitume steso a pennello se liquido o fissato col calore se in polvere, usato rispettivamente nell’acquaforte e nell’acquatinta per schermare e proteggere quelle parti di lastra che ci daranno i bianchi in fase di stampa; sono tutti elementi che ritroviamo quasi immutati in ogni laboratorio d’incisione.
L’arte contemporanea si esprime libera da condizionamenti, non riconosce cioè un’idea superiore a cui fare riferimento né un linguaggio unico con cui esprimersi. È alla ricerca di un delicatissimo equilibrio fra ciò che l’autore vuole esprimere e la capacità di farsi comprendere, non le è assegnato un ruolo nella società, non ha compiti da assolvere: deve trovare in sé stessa la forza per essere attrattiva, per affascinare e farsi apprezzare.
La didattica nell’arte contemporanea deve anche svelare quel mondo interiore che la riservatezza dell’artista o una fase ancora acerba della sua vita tiene nascosta. In questo senso è una didattica profondamente umanista, perché esalta il valore e la dignità dell’uomo. Riconosce alla tradizione il ruolo fondamentale di trasmissione dei saperi e delle tecniche ma nel pieno rispetto delle singole attitudini e perciò del complesso di valori in cui ognuno si identifica e crede.
Il contributo dato da Enzo Togo, sia nella docenza dell’incisione all’Accademia di Como, sia in questi momenti di assoluta liberalità culturale è stato importante perché la ricerca artistica potesse ritrovare una propria ragione d’essere nonostante le tensioni politiche, gli indottrinamenti e il senso di sbandamento vissuto da generazioni di giovani figli di un’Italia sconvolta dalla guerra, in bilico fra le due nuove superpotenze mondiali, segnati da una società rigidamente confessionale e alla ricerca disperata di una nuova identità sociale. Per questo è importante tenere viva la memoria di quegli eventi culturali, organizzati entrambi nella città di Marsala: nel 1998 il primo corso tenuto nell’ex convento del Carmine, voluto e promosso da Beatrice Conigliaro Lucentini, Presidente dell’Ente Mostra di Pittura Contemporanea e dal mecenate e collezionista marsalese Giuseppe Mannone. In quell’occasione il Comune di Marsala, guidato da Salvatore Lombardo, comprò il torchio calcografico per dare agli allievi un’esperienza didattica completa, dall’incisione della matrice alla prova di stampa. Nel 2012 il secondo, organizzato dal Kiwanis club di Marsala e dal suo presidente, Maurizio Mannone, in ricordo del padre Giuseppe mancato l’anno precedente. Grazie a questa famiglia lilibetana di industriali, dediti alla cultura e legati al gruppo di artisti siciliani che si riunivano a Milano, al contributo della propria piccola città che ha cercato di guadagnarsi una rispettabile posizione nel mondo dell’arte e al professore Enzo Togo, trent’anni fa a Marsala si è scritta una pagina importante sui contenuti e sul significato dell’essere artisti oggi.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito