Sono 14 le persone indagate (1 in carcere, 11 ai domiciliari e 2 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria), ritenute a vario titolo responsabili di concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di droga, furti, ricettazione, estorsioni e sfruttamento della prostituzione.
L’operazione di stamani dei Carabinieri del Comando Provinciale prende vita dalla retata del 12 ottobre 2020 che aveva permesso di individuare il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio: Angelo Monti che, secondo l’accusa, aveva riorganizzato gli assetti di mafia nel quartiere popolare di Palermo, affidando posizioni di vertice a uomini a lui vicini a partire dal fratello Girolamo Monti. A lui si erano affiancati: Giuseppe Gambino, Salvatore Guarino e Jari Massimiliano Ingarao.
Grazie alla ribellione di alcuni commercianti i Carabinieri avevano arrestato gli estensori “scoperchiando” la pressione mafiosa da loro esercitata attraverso una sorta di “funzione sociale” che passava dalla ricomposizione delle diatribe tra gruppi ultras concorrenti, il traffico di sostanze stupefacenti e l’organizzazione di feste rionali.
La famiglia mafiosa di Borgo Vecchio aveva il pieno controllo del comitato organizzatore della festa svolta in onore della patrona del quartiere “Madre Sant’Anna” nel mese di luglio di ogni anno. A portare avanti la tradizione religiosa sono state le famiglie del quartiere; infatti, i portatori della statua della Santa sono tutti nativi di Borgo Vecchio, tanto che molti, in segno di rispetto a Sant’Anna, hanno chiamato i propri figli Anna e Gioacchino, e molti altri si sono sposati il 26 luglio, giorno in cui si celebra l’onomastico della Santa protettrice.
Sino a luglio 2015, il “comitato” era guidato dai fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo che, nel dicembre 2015, venivano arrestati nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”, poiché ritenuti i reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
In occasione della festa svolta dal 25 al 27 luglio 2019, le serate canore, animate da alcuni cantanti neomelodici, venivano organizzate da un comitato che, di fatto, era controllato da Cosa Nostra.
I mafiosi sceglievano e ingaggiavano i cantanti e, attraverso le cosiddette “riffe” settimanali, raccoglievano le somme di denaro tra i commercianti del quartiere. Tali somme venivano impiegate, oltre che per l’organizzazione della festa e l’ingaggio dei cantanti, anche per rimpinguare la cassa della famiglia mafiosa ed essere, in tal modo, utilizzate per il sostentamento dei carcerati e per la gestione di ulteriori traffici illeciti.
Le investigazioni consentivano, infatti, di documentare l’attivismo degli esponenti apicali della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, i quali, avendo il pieno controllo del comitato organizzatore della festa patronale.
Un ruolo di primo piano sarebbe quello di Salvatore Buongiorno, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, agente di numerosi cantanti neomelodici.
L’uomo avrebbe ricevuto disposizioni da Angelo Monti e da Ingarao per ingaggiare dei cantanti neomelodici da loro scelti e, di conseguenza, avrebbe ricevuto l’autorizzazione a raccogliere i soldi di Borgo Vecchio e corso Camillo Finocchiaro per l’organizzazione della festa.
Una attività, quella di organizzatore di eventi, che ormai Buongiorno portava avanti in regime di monopolio, con l’appoggio dei boss locali, oltre che Monti, anche all’interno del mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova, grazie all’autorizzazione di Tommaso Lo Presti e dei fratelli Gregorio e Tommaso Di Giovanni.
Particolarmente significativa la vicenda inerente le relazioni dei mafiosi di Borgo Vecchio con un neomelodico catanese (legato da vincoli di parentela ad importanti esponenti apicali di quella criminalità organizzata), in solidi rapporti con Jari Ingrao tanto da fargli visita presso la sua abitazione mentre questi era sottoposto agli arresti domiciliari.
Il cantante avrebbe dovuto esibirsi nel corso di una delle serate in onore della Patrona, ma l’evento non si realizzò a causa di polemiche causate alla messa in onda, di un noto programma televisivo, di alcuni suoi commenti “infelici” sul conto dei Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
di Antonio Melita – EmmeReports