In questo periodo segnato dalla lotta al virus è decisivo riscoprire l’importanza dell’arte come rifugio emotivo, una funzione che si accende quando la vita è in bilico fra speranza di futuro e la certezza quotidiana di pesanti limitazioni. EmmeReports ha scelto di presentare sette disegni a china di Gaetano Barbarotto, artista di Palermo vissuto a Milano; queste opere create quasi mezzo secolo fa in un momento di grande incertezza individuale sono adatte a spiegarci il valore della memoria e della normalità, cui ci si aggrappa quando la vita viene improvvisamente sradicata dai propri ritmi, oggi dalla pandemia ieri dall’emigrazione. È un tema così simile, che genera disorientamento ma che evidenzia anche quanto l’opera d’arte mantenga costante nel tempo una capacità di dare risposte importanti ai bisogni dell’uomo.
La bellezza di questi disegni a china va oltre l’uso sapiente e accurato della tecnica e la capacità di bilanciare spazi profondamente lavorati e quindi densi di ombre, di segni ordinati e nervosi, con altri candidi e luminosi. Un’impostazione che denota in Gaetano Barbarotto la capacità di progettare l’immagine nel suo complesso ancor prima di avvicinare il pennino alla carta. La ragione per cui ritengo importante presentarli, oltre la maestria, è il significato che hanno saputo assumere nel corso di una vita. Sono opere figlie dell’emigrazione, dell’abbandono doloroso di una terra vista come avara ma comunque amata; per anni, già nella loro paziente esecuzione, sono diventati un lenitivo al pungolo della nostalgia; dopo una vita passata ad essere compagni fedeli e silenziosi dell’autore tornano con lui nella terra dei padri e riallacciano le fila col passato, nonostante tutto sia cambiato e la campagna si sia ora trasformata in palazzine, marciapiedi e frastornante periferia di una città.
Lasciamo ora la parola a Gaetano Barbarotto, che i lettori di EmmeReports hanno già conosciuto durante la Biennale BIAS 2020.
Le sette opere disegnate ad inchiostro di china sono una collezione di disegni che realizzai subito dopo il mio trasferimento a Milano per ricordarmi della mia terra e della mia famiglia, trasportando su carta i ricordi. Ognuna ha un titolo, ognuna rappresenta una parte importante della mia giovinezza e della mia identità: Ali spezzate, Fatto alla sua maniera, La spilla di mia nonna, Tradizioni radicali, Aprire una porta, Il vizio, Dentro le mura di casa. Questi lavori sono simili fra di loro come tratto e come stile. In ognuna c’è una realistica impostazione scenica, realistica fatta con alberi secolari dai rami robusti e dalle radici profonde. Questi alberi talvolta varcano la soglia dell’immaginazione, in maniera surrealistica, ma restano sempre ancorati a uno scenario quotidiano della vita. Coi loro rami sfiorano e abbracciano le persone alle quali ho voluto bene e quelle cose che ho voluto raffigurare per non dimenticarle dopo essermi fisicamente allontanato dall’amata famiglia e dalla mia terra.
Ali spezzate, sono l’immagine di una persona da me tanto amata che dopo avermi dato alla luce, la vita le spezzò improvvisamente e per sempre le ali.
Fatto alla sua maniera è il ritratto di mio padre, un’onesta figura patriarcale, un grande lavoratore che sapeva portare rispetto ai valori umani e alle tradizioni di un tempo passato.
La spilla di mia nonna è il ricordo di quando ero bambino; la spilla di leggerissima filigrana riluceva sullo scialle di lana della nonna. Uno scialle che era sempre sulle sue spalle, ogni giorno dalla mattina alla sera, come le classiche emblematiche figure femminili della Sicilia di un tempo.
Il vizio che purtroppo diventa una grande passione, capace col tempo di portare inesorabilmente al fallimento di una vita.
Aprire una porta è un ricordo straordinario del mio passato, quando nelle occasioni difficili della vita ho sempre percepito gli Angeli accanto a me, messaggeri che mi aprivano un varco insperato verso la serenità.
Dentro le mura di casa è l’immagine della mia casa natale, dove bambino – dopo cena – ascoltavo curioso i discorsi degli adulti seduti vicino al focolaio; ricordo che tra quelle mura le parole facevano eco e riscaldavano gli animi di ognuno.
Cose di casa mia sono piccole memorie di oggetti della fanciullezza che da sempre mi hanno accompagnato.
L’Arte è un dono ricevuto da Dio! Ogni volta che mi trovo davanti ad un foglio bianco mi esprimo attraverso il tratto del pennino come se ricamassi un centrino di pizzo o un merletto su un telaio, arricchendolo e contornandolo da puntinato, tratteggi e tramature, sfumature in chiaro e scuro fatte coll’inchiostro di china annacquato per creare ombre e scenari sconosciuti. Questo lavoro, eseguito con estrema costanza e precisione per non sporcare il foglio, mi porta ogni volta a trattenere il respiro cercando sicurezza nel segno e nella forma che creo. Questo diventa un momento di evasione dal ripetersi della vita, uno spazio intimo dove immergermi smarrendomi in un mondo di immaginazione e sublime fantasia. In questo modo esprimo le mie emozioni, trasferendole su una tela o su un foglio di carta bianca; le mie opere sono un inno al Cielo, una sorta di preghiera, un ringraziamento per avermi dato questo dono e occasione di vita. L’immaginazione mi permette di volare verso orizzonti sconfinati, ma in tutti i miei lavori restano sempre presenti soggetti realistici e oggetti di uso quotidiano, perché l’immaginazione non è fuga ma gioia e libertà.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
Ricerche ed editing a cura di Monica Cerrito