In previsione dell’otto marzo Radio Time ha voluto aprire una speciale rubrica, dedicata a quelle donne che hanno lottato, urlato e creduto in un mondo migliore. Nella rubrica che abbiamo voluto chiamare #IoCiCredo, abbiamo raccontato le storie di donne speciali, come Yoani Sanchez, Zehra Dogan, Loretta Bondì, Amanda Gorman e Li Qiaochu.
Oggi è l’otto marzo e su EmmeReports ricordiamo le storie di alcune di loro.
Zehra Dogan è giornalista e artista curda arrestata per aver pubblicato un suo dipinto in cui raffigurava la distruzione di Nusaybin, città nella quale ha vissuto per tanti anni, dopo gli scontri tra le forze di sicurezza e gli insorti curdi. Arrestata con l’accusa di propaganda terroristica, la Dogan è stata condannata a due anni, nove mesi e 22 giorni di carcere. Lei stessa, dopo la sentenza, ribadì che dipinse ciò che di fatto il Governo Turco aveva causato.
L’agenzia di stampa curda femminista, con un personale tutto femminile, Jihna, fondato e diretto dalla stessa Zehra, è stato chiuso, insieme ad altri cento siti, dalle autorità turche il 29 ottobre 2016 dopo il fallito colpo di stato militare nel luglio dello stesso anno.
Gli anni di carcere, tuttavia, non hanno fermato Zehra e infatti, insieme ad altre donne carcerate, ha realizzato il quotidiano Free Agenda Dungeon, una pubblicazione con sede a Istanbul che si rivolge al pubblico curdo. Prima di essere liberata nel 2019, Zehra ha sviluppato durante gli anni in carcere una pratica artistica modellata dalla necessità. I materiali artistici erano proibiti, così ha realizzato pennelli con “capelli di miei amici imprigionati e le piume degli uccelli che nidificano nel filo spinato”.
Si chiama “Not Approved” la prima mostra personale di Doğan in Turchia, dove ha mostrato opere da lei prodotte in tre diverse prigioni: Mardin nel 2016, Diyarbakır nel 2017-18 e Tarsus, dove è stata trattenuta fino alla sua uscita il 24 febbraio 2019. L’artista ora vive come nomade in Europa. Tra le due dozzine di opere in mostra c’era Womanhood, 2018, che Doğan ha disegnato su un vestito cucito da sua madre, usando caffè e pittura che ha rubato dal ripostiglio della prigione e che aveva consegnato alla sua famiglia come panni sporchi. Facce spettrali con le teste rasate contrastavano in modo inquietante con i motivi floreali dell’indumento, che era presentato su una gruccia. La sua storia ha fatto il giro del mondo e durante gli anni in carcere ha avuto il sostegno di molti esponenti del mondo dell’arte. Tra questi, anche Bansky che ha realizzato per lei un’opera a New York nel 2018.
Loretta Bondì ha cominciato la sua carriera come giornalista, lavorando per alcune delle più influenti testate italiane come L’Espresso, l’Europeo e il Corriere della Sera.
A capo delle indagini della commissione internazionale d’inchiesta Onu sulla Siria, ha lavorato anche per organizzazioni non-governative internazionali per i diritti umani, quali Human Right Watch e The Fund for Peace.
Loretta Bondì è tra i co-fondatori della campagna internazionale per il controllo delle armi leggere e ha attivamente partecipato in campagne quali la campagna sui bambini-soldato, per la creazione della Corte Penale Internazionale, sullo sfruttamento illecito di risorse naturali e sulle “Smart sanctions”. E’ stata membro di due gruppi di esperti ONU. Ha scritto numerosi saggi, articoli sul tema dei diritti umani e sul disarmo e il libro Beyond the Border and acrossthe Atlantic: Mexico’sForeign and Security Policy afterSeptember 11. Loretta Bondi’ ha scritto e ha a cuore tutto ciò che riguarda i diritti umani e il disarmo.
Li Qiaochu, una militante cinese molto impegnata nella difesa delle lavoratrici e dei diritti delle donne, è stata arrestata qualche tempo fa, con l’accusa di sovvertimento del potere statale. Molto attiva nell’ambito dei diritti dei detenuti e delle sue famiglie, è stata anche una delle fondatrici del movimento dei Nuovi Cittadini, un gruppo di attivisti in Cina che spinge per i diritti civili e politici. Dopo che le autorità di Pechino hanno iniziato a sgomberare con la forza i lavoratori migranti dalle loro residenze nell’inverno del 2017, insieme ad altri accademici, organizzazioni della società civile e volontari hanno raccolto e diffuso informazioni per aiutare i lavoratori migranti sfrattati ad assicurarsi nuovi posti di lavoro e trovare alloggi a prezzi accessibili. Li Qiaochu ha anche supportato attivamente varie campagne #MeToo compilando dati, scrivendo analisi e pubblicandole online. Detenuta da più di un mese, Amnesty International sospetta che Li sia a rischio tortura o altri maltrattamenti, poiché rimane senza accesso alla sua famiglia o ad un avvocato di sua scelta.
È per lei, che in questo momento non riesce a far sentire la propria voce, che noi ogni giorno dobbiamo urlare, denunciare perché non si può continuare a tollerare che si chiuda la bocca a chi lotta per il giusto e per i diritti di tutti. A te, che non riesci ad urlare, scrivere e denunciare, sappi che non sei da sola e hai tutto il diritto di urlare e far sentire la tua voce, perché anche tu vali!
Di Roberta Mannino – EmmeReports / RadioTime
Ho trovato questo video per caso. Vorrei ringraziare l’autrice. Loretta Bondi’