“Presenze” alla KOU Gallery di Roma una mostra sulle nuove opere di Micaela Legnaioli, artista nata a New Delhi, con un vissuto decisamente cosmopolita e un particolare corso di studi, Economia prima ed Architettura poi, che ne ha allenato la mente a ragionare per schemi di ricerca. Nelle sue opere si passa con naturalezza dal principio generale al caso particolare e viceversa, cercando di uniformare l’estetica e la conoscenza intuitiva entro schemi logici e facilmente comunicabili. Non è però una ricerca concettuale, dove i percorsi della mente prevalgono sulla concretezza; le sue opere esaltano invece il pregio e la potenzialità espressiva dei materiali, che rimanda alla Secessione e alla cultura mitteleuropea di inizi novecento. Per affinare la sensibilità manuale e appropriarsi di tecniche fatte di sapienza artigiana, di trasmissione quasi fisica nel silenzio delle botteghe fra maestro e apprendista, la Legnaioli frequenta a Bruxelles l’esclusiva Scuola di decorazione Van der Kelen Logelain, per applicarsi poi alla creazione di gioielli con pietre semi preziose e fili di metallo.
Le giornate trascorse nei cantieri di ristrutturazione, dopo la laurea in Architettura, hanno invece stimolato l’attenzione sui materiali di scarto, sulla loro capacità di evocare comunque nell’osservatore sensazioni visive nonostante la loro povertà e le forme aggrovigliate, dettate dal caso. A queste frequentazioni più industriali, fatte di polvere, di superfici graffiate, ammaccate, corrose, opacizzate dall’abbandono o accese casualmente da luci e ombre di un sole che scivola sul fluire incessante di tecnici e operai, credo si debba risalire per l’attuale ricerca sulle lastre di metallo. Sono opere realizzate ossidando rame e zinco con ammoniaca, sale, acido muriatico; scolpendo, piegando il corpo elastico della lamina, rubandole splendore con strati di resina; ognuna coglie un’identità umana, un profilo unico, assolutamente personale: una presenza.
Così ne descrive l’esecuzione il curatore della mostra, Massimo Scaringella: “La tecnica usata dall’artista, detta circumductio umbrae, lega indissolubilmente l’opera all’idea di riproduzione del reale ed il ritratto si pone come funzione di ricreare la presenza fisica umana. Questi profili si ricollegano direttamente ad uno dei miti più antichi sulla nascita della pittura, in cui Plinio il Vecchio rintraccia le origini dell’arte in quel lontano giorno in cui la figlia di un vasaio di Corinto, per serbare nella memoria la figura del suo amato ne avrebbe ricalcato sul muro la sagoma dell’ombra proiettata dalla luce. Lo spazio circostante, invece, rappresenta la spiritualità della persona che interagisce con il resto del mondo”. Anche Micaela Legnaioli sottolinea la potenzialità evocativa di questa scelta: “Un volto di profilo è un segno forte, essenziale, riconoscibile ed è l’unico che si può disegnare con un unico tratto continuo”. Il profilo, infatti, è l’immagine che di noi stessi conosciamo meno, eppure che ci rappresenta in maniera inequivocabile.
Micaela Legnaioli si fa suggestionare dalla realtà, dalle emozioni più che dai significati o dai simboli. Le persone rappresentano caratteri, modi di essere, condizioni dell’anima, relazioni modificate dalla pandemia, riflessioni introverse, ma tutte diventano spunto per dialogare con la materia e modificarla, conducendola verso realtà impreviste che vengono comunque padroneggiate e ricondotte nell’equilibrio della composizione. Sembra quasi che per l’artista tutto ciò che percepisce dal mondo e che poi con costanza inquadra e categorizza, vada a cristallizzarsi in un universo nuovo, metallico, lucente e durevole, un mondo delle idee di ispirazione platonica ma vissuto al contrario: non è la realtà ad essere il riflesso delle idee, bensì madre attraverso l’arte.
In tutte le mostre di Micaela Legnaioli troviamo questo schema conoscitivo e creativo: in “Fiori svelati” attraverso i rifiuti si ripresenta la natura e ne “Il gioco dei sentimenti” riaffiorano emozioni senza nome; in “Impronte” gli individui tornano attraverso la propria impronta digitale mentre nelle “Undici vite” le identità storiche lasciano nel metallo, attraverso l’artista, tracce emozionali; in “Foglie al vento” è l’umanità che si riconosce allo stesso tempo varia e simile, la stessa umanità che in “Gabbie dorate” concreta per geometrie i propri differenti caratteri e infine in “Presenze” svela la propria relazionalità, tra soggetto reso immutabile nel metallo e osservatore transitorio. Per tornare e concludere sull’attuale mostra l’artista ha avuto, oltre un’innegabile capacità di lavorare i metalli, l’intuizione di riallacciarsi al sistema atavico di rappresentazione della realtà per profili essenziali, che già nel magdaleniano ci ha donato capolavori come le raffigurazioni di Altamira o di Lascaux.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
“Presenze” di Micaela Legnaioli
a cura di Massimo Scaringella
KOU Gallery Roma
fino al 17 febbraio 2021