“Posso dire con grande presunzione che siamo noi gli eredi del Partito Comunista Italiano e di quel carico di Storia. Una enorme responsabilità che sentiamo e portiamo ogni giorno nelle piazze e tra i lavoratori” ad affermarlo è Alberto Lombardo, componente dell’ufficio politico del Partito Comunista.
Ricorre oggi il centenario della fondazione a Livorno del Partito Comunista d’Italia divenuto poi nel 1943 il Partito Comunista Italiano (PCI).
100 anni dopo, cosa vuole dire essere comunisti?
“Siamo qui a ricordare 100 anni di lotta contro i padroni, di Resistenza prima al Fascismo e poi nel dopoguerra di costruzione della Costituzione più avanzata del mondo occidentale“.
“Non possiamo dimenticare le grandi lotte operaie portate avanti dalle avanguardie comuniste negli anni ’70. Erano anni ancora lontani da quella degenerazione che, a colpi di opportunismi e moderatismi, ha portato il Partito Comunista alla dissoluzione”.
“Questa è Storia che deve guidare il presente. La soluzione è recuperare quel fondamento solido del Marxismo-Leninismo su cui si fondava l’Internazionale Comunista: è questo il compito enorme che ci siamo dati”.
Con lo scioglimento nel 1991 e la dissoluzione dell’URSS, in Italia si è vista la formazione di vari partiti che si richiamano al comunismo e che non abbandonano, ad esempio, il simbolo della Falce e Martello. Formazioni politiche che nonostante la stessa matrice ideologica conducono battaglie, anche elettorali, separate e minoritarie.
Non sarebbe meglio correre tutti insieme per un bene comune?
“Quando si sono fatte accozzaglie per superare lo sbarramento si è sempre ottenuto il risultato peggiore; nel tentativo vano di sommare i voti abbiamo visto invece una enorme perdita di consenso. Non basta richiamarsi al comunismo occorre una pratica coerente per la costruzione di una società veramente alternativa“.
Si riferisce a qualche partito in particolare?
“Non faccio nomi ma abbiamo visto partiti con la falce e martello non dire nulla sull’imperialismo dell’Unione Europea o peggio ancora traccheggiare con il Partito Democratico per entrare in questa o quella giunta”.
“Bisogna avere una sola faccia, una sola bandiera con la falce e martello. Bisogna avere il coraggio di andare oltre quello che la gente si vuole sentire dire: è questo il ruolo di una avanguardia che porta, ad esempio, i lavoratori e le lavoratrici ad un livello di coscienza di classe superiore. Stare alla testa e non mettersi in coda”.
Non un compito facile.
“E’ difficile e sappiamo che è questo il muro che abbiamo davanti. Un muro che non possiamo evitare o scavalcare: lo dobbiamo per forza di cose abbattere, con intelligenza”.
E’ un mondo completamente diverso dove la strada è il social network e i volantini sono stati sostituiti dai post. Che rapporto avete con i nuovi media?
“Cerchiamo in tutti i modi di stare ed utilizzare i social per raggiungere la maggior parte delle persone ma comprendiamo che, per quello che diciamo, non sempre raggiungiamo lo scopo. La scorsa settimana i profili Facebook e Instagram del nostro Segretario (Marco Rizzo) sono stati bloccati perché sono gli strumenti del padrone. Appena dici qualcosa di fastidioso vieni censurato e allontanato”.
Che prospettive ha il Partito Comunista e come si pone in questo periodo di crisi da Covid-19?
“Bisogna stare tra la gente e tra i lavoratori. Quando finiranno gli ammortizzatori sociali non potrà non esserci la Rivoluzione. In quel momento sarà utile capire se si tratterà di una Rivoluzione, di una sommossa o, addirittura, di una Reazione; sarà fondamentale avere una guida, una testa che saprà cosa fare”.
“Noi non siamo extraparlamentari per vocazione, occorre comprendere che oltre allo sbarramento dei voti ci confrontiamo con lo sbarramento creato dalla raccolta delle firme necessarie per presentare la lista alle elezioni: in un chi è dentro e chi è fuori oramai consolidato nella democrazia di oggi”.
Cosa serve per superare le difficoltà di oggi?
“Per superare tutto questo non possiamo rinunciare alla nostra identità, non possiamo avallare una marmellata di formazioni comuniste che finirebbe per indebolirci invece che rafforzarci. Lo dobbiamo a chi ha reso grande il Partito Comunista Italiano e a tutti i lavoratori e le lavoratrici che subiscono ancora oggi l’oppressione del padrone”.
di Antonio Melita – EmmeReports