Sui dolci declivi dell’entroterra palermitano, nell’alta valle del Belice, si snodano i vicoli e le piccole strade di Camporeale, un comune votato alla Vergine Maria e dedito da secoli al mondo agricolo. Terra di Gesuiti fino al Settecento, il borgo nasce in quegli anni quando il feudo fu comprato da famiglia principesca: da allora vite e ulivo ne rappresentano l’orgoglio e la ricchezza. Nel 1855 fu scoperta nelle campagne un’immagine sacra dipinta su ardesia, una pietra scura e piatta: era la Vergine con un candido vessillo “Refugium peccatorum”, da allora Madre protettrice di generazioni di devoti. Per alcuni anni il dipinto scomparve, trafugato da mani ignote e recuperato nel 2015, dopo quasi un decennio, dai Carabinieri di Borgetto. Ogni prima domenica del mese di maggio Camporeale si raccoglie attorno al Santuario e celebra la propria Madonna con la processione e una messa solenne.
Igor Scalisi Palminteri, artista palermitano da anni impegnato a riportare il sacro nello spazio pubblico ha partecipato a un progetto di riqualificazione urbana nelle strade di Camporeale realizzando tre dipinti per raccontare il paese: “Il contadino”, “Refugium peccatorum” e “Il falegname”.
Così li descrive Igor, poco dopo aver terminato quest’ampia e suggestiva opera: “Ho lavorato insieme a Antonio Carlotta sotto il sole! Un sole tiepido e rassicurante. Ho ascoltato da lontano le voci dei cittadini Camporealesi, ho dipinto in silenzio durante il periodo che precedeva i giorni di Festa. Come una Novena di colori. Dedico questi muri ai lavoratori e alle lavoratrici della terra, a quelle persone che usano le mani per guadagnarsi da vivere e in questo periodo difficile sentono il cuore spezzarsi sotto il giogo della povertà, a tutti gli artigiani e alle artigiane intelligenti che hanno dato alla nostra terra dignità e bellezza, nonostante tutto”.
La comunità di Camporeale si è subito identificata in quelle immagini, quando ancora erano semplici bozzetti: “Non appena mi hanno proposto il progetto ho aderito in maniera entusiasta – racconta il sindaco Luigi Cino – perché questi murales raccontano profondamente Camporeale”. Il progetto è partito dalle associazioni Pro Loco Camporeale e CamporealeLive e attinge al bilancio partecipativo del Comune. “L’idea è quella di valorizzare angoli delle vie del centro, con immagini fortemente legate alle tradizioni e all’identità del paese: l’agricoltura, l’artigianato e la grande devozione per la Madonna, a cui è consacrata Camporeale – spiega Benedetto Alessandro, presidente di entrambe le associazioni – sono tutti temi importanti in cui ogni cittadino si riconosce, al di là delle differenze di lavoro, età o ceto sociale”. Il Trittico di Camporeale è un’opera voluta dalla comunità, per unirsi idealmente attorno a queste immagini e con loro identificarsi.
Guardiamo ora all’aspetto più tecnico, meno emozionale ma importante per comprendere l’arte di Igor Scalisi Palminteri, che EmmeReports ha già presentato con altre due opere realizzate nel 2020: “Io sono te” e “Sant’Ambrogio, protettore delle api e dei laboriosi milanesi” la prima a Palermo, la seconda a Milano.
L’artista lavora su grandi superfici ma riesce a dominare la composizione del dipinto perché mantiene le proporzioni semplici e lineari della prima intuizione, dello schizzo su carta, dell’essenzialità. “Il contadino” è un tondo sacro di colori caldi, un occhio, uno sfondamento che lascia vedere parte del soggetto e nasconde il resto, dietro la cortina azzurra. Intuiamo la scena per intero ma vediamo solo quanto la finestra circolare ci svela.
In “Refugium peccatorum” lo spazio reale si protende verso l’osservatore diventando volta celeste, accogliendo penitenti e passanti, in un abbraccio di protezione e pace: qui il sacro rimane alle spalle della Vergine, la corona e l’avvolge esaltando la sua funzione di tramite fra l’uomo e l’assoluto.
“Il falegname” invece si presenta come un arazzo, una tela bucata dal quotidiano di finestre, terrazze e gradini. L’accenno spirituale è l’azzurro incorporeo dell’abito da lavoro, il resto è un gioco di ocra e di terre, una presenza concreta, argillosa e vitale.
Il trittico di Camporeale raffigura sì l’arte dei carpentieri, degli ebanisti e dei carrettai; rappresenta il succo delle vigne e il duro lavoro dei campi; omaggia la Vergine che tutela questo piccolo universo. Allo stesso tempo, però ci parla di una Sicilia ben più antica, della Longaricum romana sepolta in queste terre ma ancora tutta da scavare, sulla strada che univa la greca Marsala alla punica Palermo. Ci racconta di un mondo mitico dove la divinità era semplicemente un uomo all’ennesima potenza e dietro il sorriso del Contadino vediamo Dioniso e il sole di Apollo, nella concentrazione assorta del Falegname riconosciamo Efesto capace di donare la bellezza agli dei dal suo antro di ombre e fucine e la silente Demetra su un prato fiorito che ci rassicura sulla fine dell’inverno e protegge il nostro rinascere. La grandezza artistica di Scalisi Palminteri sta proprio in questo: nel cancellare la polvere del tempo e tornare alle radici vive della nostra identità mediterranea.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports